domenica 30 aprile 2023

L’Occidente distratto dalla guerra lascia il resto del mondo alla Cina.

Brasile, India, Sud Africa: l’appello dei buoni e la tentazione del mercato non funzionano più e intanto Putin e il suo socio Xi hanno mano libera nel consolidare il blocco euroasiatico.


(DOMENICO QUIRICO – lastampa.it) – Come li definiamo? Traditori? Spericolati doppiogiochisti? Ipocriti? Renitenti? Collaborazionisti del satrapume russo-cinese? Oppure semplicemente quel “Sud globale’’ che «ha perso la fiducia nei confronti dell’Occidente», come ha detto il presidente francese Macron in un impeto di realistica sincerità alla conferenza di Monaco del febbraio scorso?

Non sarebbe un guaio se si contassero tra coloro che ostinatamente non firmano le mozioni Onu di condanna alla aggressione russa ma pilatescamente si astengono i soliti dittatori e despoti affamapopoli che si specchiano nella Russia per naturale complicità tra reprobi e prepotenti; Stati canaglia di reaganiana memoria in congedo provvisorio, da ricondurre all’ovile. Ci sono, certo: Iran Corea del Nord Venezuela Siria. Questi votano contro. Ma nella cinquantina di Paesi ostinatamente astensionisti, in illeciti rapporti economici e politici con Mosca, spuntano democrazie agglutinanti, certificate e riverite come il Brasile, l’India e il Sud Africa.

Addirittura c’è, tra loro, chi come il Sud Africa ha deciso di uscire dal trattato istitutivo della Corte penale internazionale per poter ricevere con fanfare e tappeto rosso, ad agosto, il ricercato per crimini di guerra e furto di bambini, Putin, in quella che si annuncia come una Yalta dei disobbedienti. Ispirata non da quello che sono ma da quello che non vogliono più essere, contestano cioè che la loro subordinazione nell’ordine mondiale americano non sia conseguenza di sconfitta o di inferiorità economica ma risulti da una supposta perfezione del dominatore. Insomma democratici che recitano i versetti del più melenso catechismo putiniano. Perché con loro non funziona più l’appello viscerale dei buoni e la tentazione della perfezione, malgrado tutto, del Mercato?

Le liberal-democrazie, si dice, sono (abbastanza) unite nella doverosa difesa dell’Ucraina aggredita. Forse perfino qualcosa in più: ipnotizzate da quanto accade nel centro d’Europa da più di un anno. Un esempio. Nell’ultimo discorso sullo stato dell’Unione il presidente Biden ha dedicato tre minuti – tre minuti! – a quello che accadeva nel mondo al di fuori de problema ucraino. Semplicemente come se non esistesse. C’è da stupirsi se attorno a noi si congiura a detronizzare un Ordine in cui le vittime da aiutare le scegliamo sempre noi, unici cowboy della legalità umanitaria?

Si scommetteva alcuni mesi fa che il colpevole errore commesso da Putin di andare a impaludarsi davanti al fiume Dniepr ne avrebbe smascherato e distrutto la sbandierata potenza. E se invece fosse il contrario? Ovvero che la trappola l’abbia sistemata lui tenendoci con gli occhi fissi su quel teatro di guerra, creando impicci alle nostre economie, svuotando i nostri arsenali, seminando progressive zizzanie tra pacifisti e guerrafondai. E regalandosi complici e amici. Ora dopo le illusioni del collasso economico russo, della inevitabile congiura dei boiari, del golpe della Wagner ci giochiamo tutto nella controffensiva ucraina, un colpo di poker che rammenta quello della coppia nibelungica Hindenburg-Ludendorff nel 1918. Intanto lui, Putin, l’isolato, con il suo manieroso socio cinese ha mano libera nel consolidare quel blocco euroasiatico militare politico e ed economico, che è il vero scopo della loro guerra. Quella alleanza in grado di sfidare l’Occidente, il patto degli autocrati e non solo, riedizione del terzomondismo ma senza parole d’ordine rivoluzionarie e favole ideologiche; semmai con gas e terre rare, bombe atomiche e potenza finanziaria, masse e milionari obbedienti, perfino una moneta da opporre al regno assolutistico del signor dollaro. Un contro sviluppo in offerta speciale che può sedurre molti.

Quando si tratta di semplice voto di astensione alle Nazioni unite sulle mozioni che condannano la Russia in fondo non è gran cosa. Le Nazioni unite non contano quasi più nulla, un aeropago dove perfino la retorica agonizza. Che ai sudanesi o ai siriani che muoiono presi a colpi di mitraglia risponde con virtuosi inviti a esser ragionevoli, a riflettere sulla gravità del problema del riscaldamento climatico. Come a dire: in fondo tra un secolo saremo tutti morti, quindi…

I “traditori” rappresentano quattro miliardi di esseri umani, molti sono i malnutriti, i residui della globalizzazione, vittime di una geografia impietosa, di guerre che non hanno scatenato loro, di rapporti internazionali che li scavalcano sempre, dell’ingiustizia del sistema globale. Vittime a cui si presta attenzione solo se ci fanno la cortesia di restar tali, ovvero vittime. Ma tra quelli che non aderiscono, ed è il dato nuovo, ci sono Paesi che hanno un prodotto interno lordo di più di 24 trilioni di dollari, appena al di sotto di quanto possono vantare quelli del G7. Con esplicite volontà di sorpasso. Quelli riuniti nella sigla di Brics, gli emergenti. Si sono fatti golosi e non si accontentano di un posto nel nostro ordine, ci attaccano sul terreno in cui pensavamo di essere intoccabili, l’economia, la moneta, il Mercato. Occidente è un termine impreciso, ma in questo caso diventa un nemico tangibile. E qui a guidare la rivolta, abile regista dietro le quinte, è Pechino. Ci contrappongono una barriera più forte di ideologie e imperialismi: cupidigia e interessi.

L’errore dei tre striminziti minuti di Biden è di pensare che tutto il mondo sia allineato alla nostra indignazione per la tragedia ucraina, che tutti insomma la pensino come noi. Quale argomento migliore della nostra ricchezza? Per questo usiamo pesi e misure diverse, disprezziamo le regole quando fa comodo e imponiamo le priorità, clima, mercati, prescriviamo i nemici da eliminare che rientrano nella nostra sfera di interessi.

É un caso se da decenni, inconcludente, si alimenta un dibattito sulla riforma del consiglio di sicurezza che spalanchi la cinquina dei vincitori della seconda guerra mondiale a nuove realtà geopolitiche del mondo? E che tra i Paesi inutilmente candidati come rappresentanti degli altri due terzi del pianeta, ex cortili di casa di vecchi e nuovi colonialismi, ci siano proprio i “traditori’’ più rappresentativi, Brasile, Sud Africa e India?

Dietro a sanzioni che paiono essere solo affar nostro cresce, alla luce del sole, una economia parallela? Già alternativa? Sovversiva? In cui Mosca trae ossigeno e gli altri arricchiscono. Comprano gas a prezzo di favore e lo rivendono al doppio a noi, i sanzionisti; tecnologie e merci strategiche vietate si spostano con trucchi e triangolazioni elementari. E si paga ormai in yuan e in rubli. Si saldano, nel disordine innescato dalla guerra in Ucraina, alleanze inedite, di cui la Cina è l’interessato cerimoniere. Si parla di nuove adesioni ai Brics, di Paesi un tempo a noi fedelissimi, l’Arabia Saudita a cui abbiamo riservato vergognose omertà, gli Emirati, l’Algeria santificata per le forniture di gas, l’Egitto di Al Sisu di cui non sembra si possa fare a meno. Si parlerà di progetti ambiziosi come una nuova moneta mondiale da contrapporre al dollaro e garantita da oro e terre rare, di strutture finanziarie alternative al fondo monetario e alla banca mondiale. Forse è solo propaganda. Forse le chiavi del forziere sono sempre a Wall Street, forse la controffensiva dissolverà tutto. Forse. Ma siamo così certi che stiamo vincendo la guerra?

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