giovedì 27 aprile 2023

Il dollaro non è più la principale valuta di riserva

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Il tramonto del dollaro ha ingranato la quarta ed è diventato una fuga dal dollaro. La de-dollarizzazione infatti ora riguarda anche le riserve valutarie globali. Il dollaro era “la” valuta di riserva per eccellenza, ma nel corso del 2022 la quota del dollaro nelle riserve è scesa 10 volte più velocemente rispetto agli anni precedenti. Ora il dollaro costituisce appena il 47% delle riserve globali. La causa? Gli effetti collaterali delle sanzioni contro la Russia.

Lo sostiene Stephen Jen, un guru della finanza, in un’analisi di cui è pubblicamente disponibile solo un estratto. Il resto in teoria è riservato agli investitori di professione ma in pratica sta facendo ugualmente il giro del mondo.

Le riserve valutarie sono i depositi in valute estere controllati da banche centrali o da autorità nazionali. Servono ad esempio per intervenire sul mercato dei cambi. Il dollaro statunitense tradizionalmente ha la parte del leone: è la valuta più diffusa nel mondo e più utilizzata nel commercio internazionale, anche se l’ordine economico imperniato sul dollaro ultimamente va indebolendosi.

IL DOLLARO METTE IN FUGA

Stephen Jen ha calcolato la quota del dollaro nelle riserve valutarie globali tenendo conto dei movimenti dei tassi di cambio. È così giunto a conclusioni ben più severe da quelle della generalità degli analisti e del Fondo Monetario internazionale, secondo il quale il 73% delle riserve valutarie sono tuttora in dollari.

Invece, in base ai criteri adottati da Jen, la quota del dollaro nelle riserve valutarie globali era pari al 73% nel 2001 – più di vent’anni fa, non ora – ed era pari al 55% nel 2021: in diminuzione, sì, ma in diminuzione lenta. Però nel 2022 le cose sono precipitate: uno stupefacente collasso, dice. Il dollaro si è ritrovato a rappresentare appena il 47% delle riserve globali. La riduzione è stata 10 volte più rapida rispetto al ritmo dei dieci anni precedenti.

Secondo Jen, la fuga dal dollaro è un effetto delle sanzioni che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno istituito contro la Russia. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, essi hanno congelato le riserve valutarie – in gran parte dollari – che la Banca centrale russa deteneva in Occidente. La mossa, sostiene, ha lasciato stupefatti i Paesi, soprattutto quelli del Sud del mondo, che possiedono consistenti riserve valutarie. Li ha spinti inoltre a cercare valute alternative. Il riferimento implicito ma evidente è innanzitutto alla Cina.

LA GUERRA FINANZIARIA ALLA RUSSIA

Fin qui Jen. Si può aggiungere che secondo il Financial Times l’ex presidente del Consiglio Draghi è stato l’ideologo della guerra finanziaria alla Russia. Sua l’idea di bloccare la riserva valutaria russa detenuta in Occidente.

Inoltre, esistono espressioni forse più appropriate dell’aggettivo “stupefatti” per indicare il comportamento dei Paesi che, dopo questo fatto, stanno fuggendo dal dollaro.

Ovvero, gli Stati Uniti e l’Occidente hanno usato il dollaro come una clava contro la Russia. E ora gli altri Paesi fanno il possibile per tenersi lontani dalla clava. Hanno capito che un domani, a causa di una guerra o di una scelta in politica estera sgradita agli Stati Uniti, la clava potrebbe abbattersi anche su di loro.

GIULIA BURGAZZI

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