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Le visite a Managua del ministro degli Esteri Russo e del
presidente dell’Agenzia cinese per la cooperazione internazionale allo
sviluppo, Luo Zhaohuii, hanno riproposto con forza il Nicaragua al
centro dello scacchiere politico e strategico della regione
centroamericana e ne hanno proiettato il ruolo politico sullo scacchiere
internazionale più ampio.
Ci sono l’ambito economico-commerciale e l’ambito politico. Nel primo si
registra come ambedue i paesi hanno accordato con Managua nuovi ed
importanti accordi commerciali. Sottolineano anche dal punto di vista
economico il prossimo cammino del governo nicaraguense che rafforza le
prospettive a breve e medio termine dello sviluppo economico nazionale.
Gli accordi commerciali con Russia e Cina mettono in mostra la dinamicità dell’economia nicaraguense: edilizia, energia, esportazioni e importazioni di grano, unità di trasporto, fertilizzanti, pesca, prodotti farmaceutici, energia atomica per scopi pacifici, difesa e turismo, sottolineano il rafforzamento della già storica cooperazione con Mosca che sin dagli anni ’80 ha ritenuto il Nicaragua meritevole di sostegno politico, economico e militare.
I protagonisti sottolineano una idea “politica” della cooperazione e dell’import/export condivisa. Ovvero che non vi sono limiti alle relazioni commerciali tra paesi che basano il loro agire sul principio del rispetto e riconoscimento di valore reciproco; che la base fondamentale della relazione economico-commerciale deve essere il rispondere alle reciproche esigenze; che le modalità sulle quali agisce la cooperazione – anche quando propone linee di credito – non prevedono in nessun caso l’ingerenza nella conduzione delle politiche economiche di nessuno.
La relazione commerciale tra Managua e Pechino verrà prossimamente sistematizzata nell’accordo di TCL, ormai prossimo alla gestazione. L’accordo coronerebbe l’entrata dalla porta principale del Nicaragua nel progetto planetario della Belt and Road Initiative, considerato il più grande progetto infrastrutturale internazionale mai concepito.
Si fa dunque ogni giorno più importante il peso di Pechino nell’economia nicaraguense, così come il sostegno politico che Zhaohuii non ha mancato di esporre, dichiarando che “la Cina sostiene fermamente qualsiasi sforzo intrapreso dal governo nicaraguense per salvaguardare l’integrità territoriale e la sovranità”.
C’è poi il progetto di candidatura del Nicaragua all’ingresso nei BRICS
che è visto con favore dai due giganti euroasiatici. Sul piano
strategico, l’ingresso del Nicaragua sarebbe un risultato straordinario e
si affiancherebbe a quella di Argentina, Iran e Algeria (che hanno
formalizzato la richiesta di adesione) e Arabia Saudita, Egitto,
Senegal, Nigeria, Turchia, Indonesia e altri ancora.
Il Nicaragua entrerebbe in un contesto internazionale di grandi
prospettive sia economiche che politiche. I BRICS sono oggi
l’affermazione del nuovo mondo che spodesta il vecchio, di un movimento
che ritiene lo sviluppo economico l’unico antidoto all’esclusione di
intere aree del pianeta dall’economia globale, mentre Stati Uniti e
Unione Europea ritengono il pianeta una loro estesa colonia.
Il Nicaragua che verrà
Nell’aggregarsi ai BRICS+ Managua intreccia crescita economica e
indipendenza strategica: il consolidamento delle intese commerciali,
oltre ad avere il pregio di differenziare il portafoglio clienti delle
esportazioni nicaraguensi, mettendolo così in grado di affrontare le
sempre possibili oscillazioni della domanda, pone in una posizione di
scarsa rilevanza restrizioni commerciali e nuove sanzioni che degli
Stati Uniti e dal suo ventriloquo coloniale, l’Unione Europea.
In un altro ambito, l’adesione al progetto di Belt and Road Initiative e
all’organizzazione dei BRICS apre un capitolo decisamente inedito per
il Paese centroamericano. Il Nicaragua, forte dell’appartenenza a
consorzi di spessore planetario assume su di sé una proiezione
completamente diversa da quella tenuta fino al 2006. Pur mantenendo e
rafforza il suo modello produttivo fondato sulle PMI e sull’economia
familiare, che garantiscono l’orizzontalità della crescita economica,
vede una sostanziale modifica della sua dimensione politica e
finanziaria che si riflette tanto nell’ambito regionale come in quello
internazionale. Si candida ad un ruolo di primissimo piano
nell’equilibrio regionale e di grande rilievo nel complesso
continentale.
Ma l’aspetto politico che copre e a sua volta sottintende la firma degli
accordi è che il Nicaragua si inserisce in un contesto internazionale
che permette a Managua una relazione diversa con i paesi vicini, con il
Cono Sud e con gli stessi Stati Uniti. Il processo di riequilibrio
internazionale è in corso e il Nicaragua vi partecipa con tutti gli
strumenti a disposizione e forte di una credibilità politica acquisita
nel corso degli ultimi 16 anni.
Se infatti i due giganti firmano accordi di partenariato politico ed
economico, scientifico e di cooperazione, è perché il Nicaragua ha
dimostrato di raggiungere gradi di efficienza economica e sociale
sconosciuti nel continente e perché il profilo politico del Nicaragua è
andato consolidandosi anche a partire dalla risposta contundente data ai
tentativi di destabilizzazione dall’esterno e dall’interno del Paese,
ribadendo con il consenso e con la forza la sovranità del suo sistema
politico e istituzionale.
Le politiche economico-sociali e la dimensione istituzionale sono state
l’asse di rispetto del dettato costituzionale, che risalta
l’indipendenza e la sovranità nazionale del Nicaragua e l’impermeabilità
a percorsi di annessionismo al gigante del Nord come auspicati dal
latifondo nazionale e dalle gerarchie ecclesiali.
La stessa politica estera di Managua è apprezzata nei paesi dove non
vige il comando statunitense e le relazioni internazionali con Paesi
avversari di Washington è stata di esempio per altri paesi per rompere
l’equilibrio precedente nel quale l’America latina agiva secondo il
Washington Consensus. Anche per questa dimensione politica che travalica
i suoi confini, il Nicaragua è oggetto delle mire statunitensi e
Managua, che pure riconosce il ruolo degli USA nel continente, ritiene
di dover costruire le sue relazioni internazionali con chiunque ha
interesse a dialogare di pace e cooperazione. Nessun veto, nessun blocco
statunitense verso la presenza di paesi terzi nel continente è
accettabile, il governo nicaraguense intesta le sue scelte agli
interessi strategici del Nicaragua e non a quelli degli USA.
Questa posizione, eredità storica del Sandinismo, è avversata dai nemici
e apprezzata internazionalmente dagli amici. Non a caso Lavrov ha
spiegato come Mosca “apprezzi molto il sostegno di Managua nella
promozione delle relazioni con le organizzazioni di integrazione
latinoamericane, in particolare CELAC e SICA. Tutto questo aiuta
l’America Latina a diventare, meritatamente, un centro efficace e
influente dell’emergente ordine mondiale multipolare”, ha dichiarato il
Ministro degli Esteri russo.
Le parole di Lavrov contengono tra le righe una investitura,
testimoniano come questi 16 anni di governo sotto la guida del
Comandante Daniel Ortega e della Vicepresidente Rosario Murillo,
forniscano internazionalmente una idea del Nicaragua come paese
affidabile. Senza questo riconoscimento di valore non vi sarebbero
sforzi e disponibilità da parte di Paesi che non esitano a schierarsi
per difendere Managua in ogni foro.
Il Nicaragua dimostra di essere un paese piccolo geograficamente ma
grande politicamente. Non sbanda ad ogni curva dello scontro politico,
non cede a pressioni, non insegue favori, non si inginocchia di fronte a
nessuno. Si chiama Sandinismo, né più né meno.
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