mercoledì 26 aprile 2023

Eccesso di “tenerezza”

A Venezia il 25 aprile non è solo la celebrazione della Liberazione. È la festa del santo, San Marco apostolo e evangelista e la tradizione vuole che per l’occasione gli uomini regalino alle loro compagne un bocciolo di rosa.  

 

(Anna Lombroso per il Simplicissimus)

I fieri partigiani un po’ di vergognavano di andare o tornare dalle manifestazioni in campo con in man lo “scovolo” avvolto nel cellofane, convocavano i figli e li incaricavano dell’acquisto e del recapito sotto casa pronti a fregiarsi del merito e del doveroso omaggio. Perfino mia madre che aveva sempre spregiato la mimosa dal precoce odor di cimitero, ricordo di una strage di lavoratrici, ci teneva a quel boccolo, riconoscimento di pazienza, solidarietà, vicinanza, lei che aveva seguito il marito in clandestinità per le campagne del trevigiano, facendo la staffetta con Paolo piccino per mano, molto ammirato dai tedeschi ignari che ne apprezzavano occhi azzurri e riccioli d’oro.

Ci ho pensato tante volte per via dell’abuso che si è fatto di una frase attribuita al Che, sulla necessità di essere duri senza perdere la tenerezza. Di tenerezza in questi anni ne abbiamo avuto anche troppa e troppa dolce e benevola indulgenza abbiamo esercitato, in modo da disperdere nella caligine della tolleranza ogni resistenza ai soprusi, ogni accettazione di ingiuste prevaricazioni. L’antifascismo si è ridotto a comportamenti accettabili unanimemente perché esonerano dalla lotta e dal senso di responsabilità collettiva e personale. E perché fanno parte dell’outfit del contemporaneo perbenismo che non consente cedimenti alle sguaiate nostalgie governative, come se accettare supinamente angherie, ingiustizie, disuguaglianze, persecuzioni nei confronti di chi pensa diversamente dalla maggioranza, fossero le prove provate di una prudente ragionevolezza che impedisce, come è assennato e sensato pensare, di perdere miserabili prerogative cui sono stati ridotti i diritti che in tanti sono morti per lasciarci in eredità.

Non è casuale che si sia verificata questa involuzione morale, l’intento è quello di costringere la resistenza nei confini di una lotta di liberazione dallo straniero e di riscatto da un regime corrotto che ci aveva portati in guerra. E se queste considerazioni vi fanno venire in mente certe affinità, capirete che bisognava spazzare via i contenuti e le istanze rivoluzionarie che agitavano e muovevano le azioni e le aspettative di gran parte dei partigiani, quelli che erano disposti a morire per contribuire a una società giusta dove trionfassero non le leggi del profitto e dello sfruttamento, ma quelle della coesione, dell’amore tra uomini, della comune cittadinanza nel mondo. A volte c’è da provar sollievo che quei fieri partigiani, quelle donne indomite, non vedano come è stata demolita la loro speranza, ristretta nei confini narrativi dell’utopia. A loro oggi dedico quel bocciolo, con tenerezza e nostalgia.

Nessun commento:

Posta un commento