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Già prima della guerra i prezzi del gas in ambito UE erano aumentati in un anno di quasi 10 volte; da gennaio 2021 le quotazioni del greggio sono passate da circa 40 dollari al barile a punte di 70 dollari. Il nostro paese ha subito l’incremento maggiore in ambito Ue (+180%). Nello stesso periodo il prezzo del grano è raddoppiato e quello del mais è lievitato del 40%. C’è stato, più in generale, un incremento enorme del prezzo delle materie prime. In merito all’incidenza dei costi energetici in rapporto al PIL scrive il Sole 24 ore del 6 marzo: “Petrolio alle stelle, cosa succede se si supera la soglia critica del 7% del Pil? Quando la spesa energetica tocca quella soglia, storicamente scatta la recessione: ora siamo già oltre il 5%. Il rischio è globale, ma il conto più salato tocca all’Europa per la sua dipendenza dai Paesi produttori”.
Da un articolo sul NYT abbiamo appreso, nel corso di un’intervista a Manlio Dinucci su byoblu, che nel nostro paese, sulle coste occidentali sarde, è prevista la costruzione di tre nuovi rigassificatori
e che i costi del megawattora del gas liquefatto da scisti bituminosi
(ambientalmente insostenibile) proveniente dagli USA, è passato dai 15 euro a oltre 100. A proposito delle finte preoccupazioni green dei governi europei sappiamo che si stanno riesumando antiche centrali a carbone e proponendo “nuove” centrali nucleari “sicure”.
Come
si sa i prezzi dell’energia riverberano su tutto. La rapidità con cui
crescono i prezzi sta aumentando in modo preoccupante malgrado il codice
genetico dell’Ue sia imperniato non sul pieno impiego ma sul controllo
dell’inflazione intorno al 2%. I valori ufficiali in ambito Ue si
aggirano ora intorno al 6% e la tendenza è al rialzo. Il fallimento
della Ue si misura anche su questo piano…
Gli strumenti che
ci hanno storicamente imposto per raggiungere l’obiettivo della
stabilità dei prezzi, dalle politiche di austerity al controllo del
deficit, piano di stabilità ecc., se applicati nell’attuale congiuntura
economica farebbero precipitare lo stato dell’economia in modo
drammatico. Basti un dato: se
i prezzi dell’energia dovessero mantenersi a questo livello per troppo
tempo si stima la perdita per chiusura del 70% della nostra produzione
manifatturiera e del 60% di quella tedesca.
Intanto si ipotizzano la chiusura notturna di molti distributori (solo self service) e il rischio razionamento e black out.
Viaggiamo verso la stagflazione: ossia alta inflazione e crescita in continuo inesorabile rallentamento.
Mentre il cancelliere tedesco Scholz dichiara che le importazioni russe di energia sono essenziali per la Germania, la
follia di cui è preda il governissimo, pensa, che in questo stato di
cose, sia per noi primario sanzionare ulteriormente la Russia,
senza contare che importiamo quasi il 70% del grano che consumiamo, la
metà del mais e della carne, più fertilizzanti e mangimi i cui costi
sono raddoppiati anch’essi nel corso dell’ultimo anno. L’Ue fa
affidamento sul gas russo complessivamente per un quarto dei suoi
consumi. L’Italia dipende dalla Russia per quasi metà del suo fabbisogno energetico di gas
(41%). Nel 2021 abbiamo acquistato da Mosca 5,1 milioni di tonnellate
di greggio, il 10 per cento del totale importato. Se dovessimo dar
seguito al blocco delle importazioni dalla Russia come ci chiedono gli
USA le conseguenze sarebbero gravissime. Si avrebbe un ulteriore aumento
non controllabile dei prezzi dell’energia che alimenterebbe,
catalizzandolo, il processo inflattivo e la conseguente perdita di
acquisto dei nostri risparmi.
L’allarme è già sulle scorte di gas
del nostro paese. Ci rimangono 2 miliardi di mc di gas. In un anno ne
consumiamo 76. Questo periodo dell’anno è cruciale per il riempimento
dello stoccaggio in vista della prossima stagione fredda. Impedire lo stoccaggio equivale ad attentare alla sicurezza nazionale.
All’inflazione si somma la svalutazione
La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che il potere d’acquisto dell’euro sui mercati internazionali è calato rispetto alle altre principali valute di scambio.
Ci
vogliono, quindi, dal 10 al 20% più euro per acquistare la stessa
quantità di merci rispetto ad un anno fa. Nel frattempo abbiamo
coltivato sempre meno i nostri campi per rispondere al fabbisogno
interno, giustificati dal fatto che comprare all’estero risultava più
conveniente…
I mercati finanziari, sempre più dissociati
dall’economia reale, si fanno sempre più volatili. Le valutazioni di
molti titoli sono troppo elevate (in bolla) a causa delle enormi
iniezioni di liquidità che ne hanno artificiosamente sostenuto la
domanda. L’inflazione finanziaria non si era tramutata in inflazione nel
mondo reale anche grazie alla pandemia.
Il tasso del Tresaury (1,12%) in crescita (tipicamente il tasso dei
titoli di stato americani a 10 anni) segnala problemi nel mercato
azionario ed obbligazionario ed rischio inflazione crescente. In tanti,
infatti, vedendo l’inflazione salire si liberano delle obbligazioni che
hanno un reddito fisso alzandone l’offerta con conseguente aumento del
loro tasso d’interesse. Questo determina la loro maggiore attrattività
rispetto alle azioni. L’obbligazionario, quindi, che sino a poco tempo
non rendeva quasi nulla, ora torna ad essere attraente. Il controllo dei
tassi di rendimento obligazionario da parte delle banche centrali non è
così semplice perché servirebbe una ulteriore, enorme creazione di
denaro di banca centrale. Le banche centrali perdono così la loro
capacità di controllare il mercato malgrado continui l’immissione di
trilioni di dollari che comprano obbligazioni e titoli di ogni natura.
L’aumento dell’inflazione (svalutazione) che ne consegue costringe le
banche centrali ad aumentare i tassi di interesse; di conseguenza si
deprimono le valutazioni di tutti quegli investimenti che non siano di
carattere obbligazionario…
In pratica, il denaro costa di più e gli
investimenti azionari perdono valore. La difficoltà si riversa quindi
sulla capacità di crescita della componente azionaria. Lo stoxx
europe 600 index che è un indice azionario composto da 600 delle
principali capitalizzazioni di mercato europee, dall’inizio dell’anno ad
oggi ha fatto registrare un calo dell’ordine del 13,5% a fronte di un
calo del 9% dello Standard & Poor 500, che come noto è un indice
azionario statunitense che segue l’andamento di un paniere azionario
formato dalle 500 aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione.
Come durante il lockdown ma con il riscaldamento spento. La pandemia energetica
Sfruttando l’emergenza causata dalla guerra in corso (vedi il mio Emergenza si declina al plurale),
vorrebbero imporci cibi sintetici, prodotti ogm, centrali nucleari.
Guarda caso tutta offerta che viene dal sistema delle grandi corporate
(multinazionali) pronte a colonizzare laddove avanzi la desertificazione
del nostro antico tessuto produttivo. La crescita dell’inflazione che
erode i risparmi ci rende più poveri e più ricattabili e accelera il
processo di sostituzione del nostro tessuto economico.
L’alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Joseph Borrell
ha recentemente dichiarato che: “la Commissione europea con una nuova
direttiva punta a tagliare di due terzi la nostra dipendenza dal gas
russo, un obiettivo difficile pero’ realizzabile se davvero ci
impegneremo. E questo richiede misure macroeconomiche, misure tecniche, richiede
anche che i cittadini europei abbassino il riscaldamento nei loro
appartamenti, che tutti facciano uno sforzo individuale per cercare di
ridurre il consumo di gas”;
e ancora:
“Un po’
come tagliamo il consumo dell’acqua quando c’è la siccità. O esattamente
come ci mettiamo una mascherina per poter fare fronte al virus. Quello
che abbiamo fatto contro il Covid-19 dobbiamo farlo in favore
dell’Ucraina. Dev’essere una mobilitazione degli spiriti, dei
comportamenti individuali, con un impegno collettivo per cercare di fare
fronte a un compito che sicuramente ha una portata storica” ed
infine: “Abbiamo cominciato troppo tardi ma meglio tardi che mai.
Perché quando la Russia ha invaso la Crimea ci siamo detti che dovevamo
ridurre la nostra dipendenza dal gas russo, da allora ad oggi e’
aumentata. Invece che ridursi e’ aumentata. Ed e’ giunta l’ora
che in modo sistematico, e in modo costante, come se fosse una crociata
politica, si riduca davvero la dipendenza dal gas russo“.
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