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Lo spiegò nei dettagli don Lorenzo Milani, nella sua Lettera ai cappellani militari, marzo 1965: nei 100 anni trascorsi dall’unità, l’Italia aveva sempre e solo impiegato l’esercito nazionale per offendere le patrie altrui. In questa storia bellicosa, un’unica guerra di difesa – e non condotta dall’esercito: la lotta partigiana. Dalla quale nacque l’articolo 11 della Costituzione, con il ripudio della guerra.
Sono passati decenni da quella importantissima lettera che dovrebbe essere studiata a memoria. Ma nel suo piccolo lo Stivale è tuttora il più assiduo fra gli attaccabrighe. Il patrono d’Italia sarà anche san Francesco, ma di certo il dio di questo paese sembra essere Marte, celebrato del resto dall’Impero romano.
E’ stato così anche per gli ultimi decenni, per gli interventi militari condotti dall’Occidente e dai suoi alleati a partire dal 1991 (Iraq), con un intero arsenale di scuse «umanitarie» e «altruiste» e mai per la difesa dei propri confini o per rispondere a un attacco.
Insomma l’Italia condivide con Stati uniti e Regno unito il triste primato di non essersi mai sottratta agli interventi militari diretti o per procura (e lasciamo da parte le numerose missioni di peace-keeping).
Mai negato un aereo da guerra. Mai negato una base per bombardieri. Mai che si sia dimesso un ministro per protesta. Mai che si sia detto no a una destabilizzazione (si pensi alla Siria). Mai che siano state negate armi a paesi in guerra (si pensi ai Saud contro lo Yemen), malgrado leggi a divieto.
Altri paesi occidentali dissero no, qui e là. I paesi neutrali, sempre (comesarebbe bello essere un paese neutrale). Ma perfino membri della Nato mostrarono sprazzi di rinsavimento.
Nel 2003, Francia e Germania si sottrassero all’attacco all’Iraq; e perfino nel Regno unito di Tony Blair (detto anche Tony B-liar per via delle sue colossali menzogne), il ministro Robin Cook si dimise per protesta. Nel 1999, la Grecia non partecipò ai bombardamenti umanitari sulla Serbia. Nel 2011, la Norvegia si ritirò dall’operazione Protettore unificato (!) contro la Libia dopo circa tre mesi. Nel 1991, il ministro della difesa francese Jean-Pierre Chévènement lasciò il governo che partecipava alla evitabilissima guerra contro l’Iraq, uno spartiacque nella storia anche del nostro paese.
Ma anche quando qualcun altro diceva no, l’Italia si mostrava ligia alla guerra. Pronta a ogni bomba, a ogni spedizione.
E stavolta? Roma sceglierà ancora una volta di fomentare una guerra che per la prima volta non si svolge su terre lontane? Paesi come Francia e Germania mostrano posizioni meno guerrafondaie. Dobbiamo proprio appiattirci sulla Polonia?
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