mercoledì 25 novembre 2020

Matteo R. come papi Silvio B.: “Indagine Open via da Firenze”.

Non va dai pm, difende Al Sisi, viene smentito. Open, la sua procura non gli va: vuole Roma, Pistoia o Velletri. Chiede di trasferire il procedimento altrove.


infosannio.com Lorenzo Giarelli – Il Fatto Quotidiano

Un paio di settimane fa aveva bollato i magistrati che indagano sulla fondazione Open come gente “in cerca di visibilità mediatica”. Oggi Matteo Renzi, per fuggire da quella Procura, chiede che il fascicolo passi ad altra sede.

Il leader di Italia Viva presenterà infatti istanza di trasferimento per “incompetenza territoriale”: secondo i legali dell’ex premier, non sarebbero i magistrati di Firenze a doversi occupare del caso dei finanziamenti alla sua fondazione – Renzi è indagato insieme agli ex ministri Maria Elena Boschi e Luca Lotti – bensì quella di Roma, o in subordine a quelle di Velletri o di Pistoia. Ovunque, insomma, e con le motivazione più disparate, ma non a Firenze.

Una mossa fa che tornare alla mente i fasti berlusconiani, quando il Cavaliere – che di solito si appellava alla legge Cirami approvata dal suo stesso governo – invocava il legittimo sospetto e chiedeva di trasferire altrove i propri processi – dallo Sme fino al caso Ruby – guadagnando pure mesi preziosi verso la prescrizione.

Ora Renzi chiede il trasferimento perché, nell’ordine, il Pd ha sede a Roma; le società protagoniste dei finanziamenti sospetti, ovvero la British American Tobacco e la Promidis, hanno sede a Roma e a Pomezia (che fa riferimento al Tribunale di Velletri); la fondazione Open fu creata a Pistoia e dunque pure quel Tribunale potrebbe avere più titolo – secondo l’ex premier – ad occuparsi della faccenda rispetto a Firenze.

Nel tripudio di omaggi a Berlusconi, non poteva allora mancare anche un simposio politico: ieri Renzi su Repubblica e Silvio su il Giornale hanno spedito analoghi messaggi agli alleati, bocciando l’uno la sinistra e l’altro la destra radicale: “Si vince al centro, da riformisti – è la ricetta di Renzi – senza il centro la sinistra radicale fa solo l’opposizione”. E così anche uno scontro istituzionale rischia di passare in secondo piano. Già, perché intervenuto ieri nella Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni – motivo per cui non si è presentato all’interrogatorio a Firenze – Renzi ha difeso il presidente egiziano Al Sisi (“Ha permesso una collaborazione che non è quella che sognavamo, ma è decisamente superiore a quella standard”), ricordando poi i momenti in cui, da presidente del Consiglio, fu informato del rapimento del ricercatore: “Se avessimo saputo prima, forse, avremmo potuto intervenire. Fummo avvisati solo il 31 gennaio”. Poche ore più tardi, però, ecco una nota del ministero degli Esteri a smentire l’ex premier: “La Farnesina precisa che le istituzioni governative italiane e i servizi di sicurezza furono informati sin dalle prime ore dopo la scomparsa di Giulio il 25 gennaio 2016”.

Il ministero precisa pure che “tutti i passi svolti con le Autorità egiziane sono stati documentati e resi noti alle istituzioni” romane, come a dire che Renzi non poteva non sapere. E infatti in serata Renzi si limita a prendere atto, dichiarando di “non avere niente da aggiungere”. Può bastare così.

Nessun commento:

Posta un commento