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Il cinema Palazzo è a piazza dei Sanniti, nel quartiere San Lorenzo, a Roma. Ieri la polizia lo ha sgombrato. Fu un cinema, tentò di diventare un Bingo, poi fu occupato di giovani del quartiere.
Per anni è diventato un teatro, un centro culturale, una biblioteca, un luogo di solidarietà attiva per il contrasto al disagio sociale. Ultimamente si era attivato per difendere i più vulnerabili dalla cattiva gestione del Covid-19.
Davanti al cinema palazzo c’è “Pommidoro”, ristorante che è parte integrante del quartiere. Me lo ricordo, ci andavo da piccolo, con i miei e le mie sorelle, nelle gite fuori porta. San Lorenzo è un quartiere “fuori le mura”. Il proprietario aveva il naso rosso, come un “pommidoro”. Poi è diventato uno dei luoghi “nobili” della città, ci andavano Moravia, la Betti e Pasolini. Fu da Pommidoro la sua ultima cena.
Una volta, negli anni Novanta ci sono andato con le ragazze i ragazzi dell’agenzia di cui allora ero direttore creativo. Erano i primi d’agosto e la presentazione di una campagna non era andata bene. Però non si poteva andare in ferie con il cuore triste, allora andammo da Pommidoro.
Ci sedemmo fuori. Mangiammo, bevemmo e ridemmo tanto. Alla fine, dopo il caffè, ho ordinato spaghetti ajo e ojo per tutti: uscì uno dei proprietari. Mi disse: “Ma che davvero? Non ci posso credere, sono anni che non lo fa più nessuno.”
Una volta a San Lorenzo c’erano due cinema. Uno c’è ancora, si chiama Tibur, che un tempo era una sala parrocchiale, a Roma li chiamavano i “pidocchietti”, l’altro il cinema Palazzo.
Una sera d’inverno degli anni Settanta, la polizia aveva assediato il quartiere. Stava rastrellando le strade, alla ricerca degli “autonomi” di via dei Volsci, altro luogo mitico del quartiere.
Camminavo guardingo, per non incappare nei posti di blocco. Dalla finestra di una casa, una donna diceva al marito: “Viè dentro, famme chiude, che quelli sparano i lacrimogeni”. Lui mi vide e mi urlò: “Aho, ma che so tornati i tedeschi?”.
San Lorenzo non fu solo bombardato dagli alleati, ma spesso violentato dalle SS, che usarono lo scalo ferroviario anche per le deportazioni degli ebrei.
Mi muovevo tra quelle vie deserte a tratti velocemente a momenti più lentamente, girando gli angoli con cautela, guardando che non ci fossero brutte sorprese. A un certo punto, mi si avvicina uno studente, un cenno d’intesa e poi: “La Tiburtina è bloccata, non ci si può andare”, mi sussurra. Era un fuorisede, lo si capiva dall’accento. La Sapienza, la più grande università d’Europa, è proprio a San Lorenzo.
Sbuchiamo a piazza dei Sanniti, tutto chiuso, tranne il cinema. Mentre vediamo avvicinarsi l’intermittenza blu dei lampeggianti della polizia, entro nel cinema, seguito dal mio compagno di fuga.
La “maschera”, un uomo anziano, si avvicina, mi piazza gli occhi negli occhi, poi va alla porta a vetri dell’ingresso, che rifletteva i lampeggianti blu, guarda fuori. Si gira lesto e va alla cassa, stacca due biglietti, me li porge, con la testa mi fa segno di entrare in sala. Al buio, il fuorisede ed io troviamo posto. Davano “Febbre da cavallo”. Piano piano mi rilasso.
Dopo una mezzora, una mano mi batte sulla spalla. È la maschera, che mi fa cenno di uscire. Usciamo nell’atrio. Con un gesto della mano mi chiede i biglietti indietro. Glielo do. Con la testa mi fa segno che possiamo uscire. Mi strizza l’occhio, e se ne torna al posto, vicino alla tenda dell’ingresso in sala. Fuori tutto tranquillo. Era piovuto. “Beh, io vado”, mi dice il fuorisede. “Ciao”, gli dico io.
Ieri mattina, a San Lorenzo “so tornati i tedeschi”. E hanno sgombrato il cinema Palazzo occupato dai giovani del quartiere. Un quartiere che negli anni ha assistito ad atti di arroganza e a momenti di resistenza. E anche a figuracce del potere, come quella attuale della sindaca Raggi.
Ieri cercava voti tra gli occupanti del Palazzo, oggi che gioisce dello sgombro, evidentemente li cerca tra i palazzinari romani e tra i proprietari del cinema Palazzo.
Ecco quello che è successo a San Lorenzo, davanti a “Pommidoro”, frequentato da Pasolini, che definì il potere “il Palazzo”, e che dei suoi miserabili frequentatori è stato un indimenticabile fustigatore.
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