sabato 28 novembre 2020

Depistaggi nel caso Cucchi, un altro ufficiale dell'Arma rischia il processo.

La Procura di Napoli chiude l'inchiesta nei confronti del colonnello Pascale e di un vicebrigadiere. Avrebbe trasmesso il messaggio: "Dobbiamo aiutare i colleghi in difficoltà".


Un altro ufficiale dell'Arma rischia il processo per il caso Cucchi. La Procura di Napoli ha chiuso l'inchiesta nei confronti del colonnello Vincenzo Pascale, già comandante del gruppo carabinieri del capoluogo campano, indagato per un'ipotesi di tentativo di depistaggio in concorso con un vicebrigadiere, Mario Iorio. Il fatto sarebbe avvenuto due anni fa alla vigilia di una delle udienze del processo che si stava celebrando in Corte d'Assise sulla morte del giovane geometra romano, portato in caserma per droga, pestato e morto nell'ottobre del 2009, una settimana dopo il suo arresto.

Il 6 novembre del 2018, Iorio telefonò a uno dei testimoni del processo, il maresciallo Ciro Grimaldi, già in servizio presso la stazione romana di Tor Sapienza, che era stato citato per essere ascoltato come testimone in aula per le udienze del 7 novembre e del 6 dicembre. Nella fase delle indagini, Grimaldi aveva riferito di aver ricevuto una confidenza da un collega secondo la quale Stefano Cucchi "aveva la cinta rotta. Lui gli chiese che cosa fosse accaduto, ricevendo da Cucchi la seguente risposta: me l'hanno rotta gli amici tuoi".

Nella telefonata finita ora sotto inchiesta, ricostruisce la Procura di Napoli, Iorio avrebbe comunicato al collega un messaggio del colonnello Pascale, secondo il quale bisognava "aiutare i colleghi in difficoltà". L'ufficiale, durante una visita istituzionale alla compagnia dei carabinieri di Napoli Vomero, avrebbe detto: "Mi raccomando, dite al maresciallo che ha fatto servizio alla stazione...lì dove è successo il fatto di Cucchi...di stare calmo, tranquillo...mi raccomando, dovete avere lo spirito di corpo, se c'è qualche collega in difficoltà lo dobbiamo aiutare". Il 6 dicembre, rileva la Procura, sentito come teste in Corte d'Assise, Grimaldi rispose "inizialmente in maniera parzialmente diversa da quanto dichiarato" nella prima fase, per poi confermare le dichiarazioni iniziali solo a seguito della contestazione del pm.

Adesso la difesa ha venti giorni di tempo per replicare. Gli indagati posso chiedere di essere interrogati, proporre supplementi d'indagine o depositare memorie. Solo dopo la Procura deciderà se chiedere il rinvio a giudizio oppure l'archiviazione. L'inchiesta è condotta dal pm Antonello Ardituro, l'avviso di conclusione è firmato anche dal procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio e dal procuratore della Repubblica Giovanni Melillo. Gli atti sono stati inviati anche alla Procura di Roma diretta da Michele Prestipino e al pm Giovanni Musarò, che ha condotto le indagini sul caso Cucchi.

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