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Anna Lombroso per il Simplicissimus
Su dai, ditemi che è un miserabile espediente retorico denunciare che ci sono cittadini che proprio non possono rispondere agli inviti e alla raccomandazioni delle autorità, in risposta alle quali continua a campeggiare sui social “io resto a casa” al posto di je suis…., come rivendicazione di responsabile spirito di abnegazione esercitato stando sul sofà o davanti al pc, mentre i paria possono e devono esporsi al gran male come fanno da nove mesi.
Ma sì, lo ammetto, è proprio un meschino artificio, ma qualora il pc vi servisse solo per il lavoro agile – avendolo ancora – o per ruggire e abbaiare dal desk, vi informo che secondo quanto accertato dall’ufficio legale dell’Unione inquilini, nella scorsa settimana sono state depositate Tribunale di Roma 100 richieste di convalida di sfratto al giorno.
Anche nella Capitale, dopo Messina, Firenze, Bologna, la bomba “casa” sta esplodendo malgrado i tribunali abbiano in qualche caso rigettato le istanze di “rilascio” degli appartamenti abitati da inquilini “morosi” causa Covid, che non avevano ricevuto gli ammortizzatori sociali e il cosiddetto “contributo affitto”.
Così ogni settimana per 500 famiglie romane inizia il tempo dell’incertezza. Sono 500 illustri sconosciuti che non ricevono il trattamento speciale, dovuto eh, che ha invece salvato l’Istituto storico italiano per il Medioevo, grazie all’intervento della Sindaca che ha impugnato la sua stessa decisione di mettere per strada il prestigioso ente culturale reo di non aver onorato un debito di oltre 24 milioni. Magari non sarà vero, magari l’Istituto ha ragione di sospettare che l’incauto provvedimento sia stato motivato per alloggiare nelle vetuste stanze l’Archivio Storico Capitolino.
Fatto sta che l’istituzione culturale, punto di riferimento di studiosi e studenti, stava per subire la stessa sorte di migliaia di meno illustri locatari: essere sbattuto fuori senza un’alternativa.
La sindaca Raggi in questi cinque anni, durante i quali abbiamo sentito ripetere ossessivamente il solito mantra a proposito dei danni irreparabili del passato, lo stesso che in forma bipartisan ripetono anche i sindaci al secondo mandato e per dir la verità anche i presidenti del consiglio di governi che portano lo stesso nome accompagnato dal numero 2, si è fatta interprete di una consuetudine che riguarda tutte le emergenze in questo Paese.
Senzatetto, sfrattati, occupanti diventano subito un problema di ordine pubblico da risolvere con l’intervento muscolare delle forze dell’ordine. E se per un po’ è riuscita a guadagnarsi qualche grammo di consenso impugnando la nota ordinanza di Veltroni promotore dell’augusta donazione in forma di comodato offerto a Casa Pound, si è capito che la continuità era garantita, senza nemmeno il proliferare di commissioni di studio promosse dal Sindaco Marino a compensazione della indecente repressione attuata con il distacco di luce e acqua e inflitta agli abusivi delle rive dell’Aniene straripato e di altri “baraccati”, mentre lui contrattatava le Olimpiadi e lo Stadio e alzava il fitto di associazioni a carattere sociale.
Non va meglio altrove: nel 2019 Firenze aveva toccato un record con 576 sfratti eseguiti con forza pubblica, cui si stanno per aggiungere oltre 900 convalide e oltre 3000 richieste di esecuzione a settembre.
Di Milano abbiamo pochi dati grazie al riserbo della stampa che non è solita fare un torto al sindaco Sala, a parte una ricerca della Caritas datata settembre che riporta che in cinque mesi di Covid 19, oltre 300 persone hanno perso la casa, tra immigrati e giovani coppie. Intanto al Lorenteggio il braccio di ferro tra la Reale Immobili e gli affittuari di sei palazzine che la proprietà voleva liberare per “valorizzarle” è momentaneamente sospeso, a differenza di quello tra i nuclei famigliari di anziani e il Fondo Investire Sgr, che ha acquistato da Unipol il caseggiato di Via Pila.
E non fa ben sperare la reazione dei reduci delle maggioranze silenziose meneghine alla decisione di un giudice che ha imposto la rinegoziazione del contratto di locazione di un ristorante, con tanto di atti dimostrativi e minaccia di rappresaglie contro i soliti magistrati rossi.
Risalgono a maggio le ultime statistiche sul numero di senzatetto: sarebbero 50 mila in Italia, per difetto però, 2.700 nella sola Milano. Le associazioni di avvocati di strada e le onlus di aiuto alimentare raccontano che agli homeless e ai pittoreschi clochard della rimpianta normalità se ne sono aggiunti di “nuovi”, i lavoratori precari che con il lockdown hanno perso con il reddito incerto anche un tetto sulla testa, alcuni dei quali sanzionati per aver trasgredito le regole sanitarie.
Ma c’è un mondo di mezzo che si colloca tra chi ha un posto dove stare con tutte le disuguaglianze prevedibili, e i barboni che offendono il decoro e macchiano la reputazione delle città.
È quel ceto che negli anni si è arrangiato, si è conteso accrocchi di baracche e ricoveri con i “clandestini, hanno preso possesso di alloggi tirati su grazie alle “opportunità” offerte da bolle, fondi, acrobazie speculative, mai finiti né rifiniti e rimasti vuoti. Calcoli di due anni fa avevano censito che nei 74 mila alloggi popolati della Capitale si erano insediati oltre 10 mila abusivi (per sgombrarli tutti ci vorrebbero 50 anni) ai quali si sono aggiunti quelli che non hanno fatto fronte alle rate del mutuo, quelli cacciati dagli stabili del centro (si ricorda il palazzetto di S.Giorgio al Velabro i cui residenti, normali famiglie capitoline, sono stati sfrattati per far posto alla libera iniziativa privata delle dinastie Fendi) in nome della doverosa sostituzione profittevole, chiamata gentrificazione, e ora i nuovi “senzatetto” del Covid, quelli che non possono pagare l’affitto ma nemmeno le bollette delle utenze, quelli che con la prossima fine del blocco dei licenziamenti si troveranno senza lavoro e senza alloggio.
E chissà in che categorie collocheranno le new entry gli istituti gestori, Ater e Patrimonio di Roma Capitale, che hanno in passato provveduto a classificare gli abusivi in categorie: occupante con sentenza definitiva, sanatoria senza requisiti, utente abusivo, utente con domanda di voltura non accolta, utente con domanda di sanatoria incompleta, utente revocato e utente con domanda di sanatoria non accolta.
Intanto le case delle rendite e delle società finanziarie restano vuote (secondo un conto a spanne solo a Roma sarebbero 100 mila) trasformandosi in quella scheletrita archeologia immobiliare che fa da quinte teatrali lungo la Cristoforo Colombo come in tutte le periferie cittadine, intanto quelli che hanno messo in atto la miserevole speculazione faidate dei B&B e delle case vacanze pagano la loro distopia domestica eppure non si arrendono a mettere sul mercato gli alloggi tristemente vuoti, intanto le banche continuano a premere per partecipare a operazioni di “consumo di suolo” vergognose per rifarsi dei crediti imprudentemente concessi a una clientela poco affidabile.
E così si spiegano i corollari a stadi e interventi megalomani destinati a un terziario senza futuro, di uffici, centri commerciali e residenze di lusso, rivendicate come compensazione per il sacco di risorse pubbliche, cui non si sottraggono le archistar (se Renzo Piano alterna il progetto benefico del Ponte di Genova con un grattacielo insensato nel centro di Torino, sono altrettanto famosi quelli chiamati a dare lustro al Progetto Porta Nuova di Milano) pronte a firmare col sangue dei cittadini il patto coi diavoli della speculazione.
È paradossale eppure succede oggi che si proietti il trailer di un futuro ambientato dentro le mura di una casa, curata docilmente da donne che alternano il ménage domestico con il fruttuoso part time, dove il capofamiglia svolge il suo incarico professionale agile assicurando una disponibilità al servizio h 24, e i bimbetti ridenti vengono istruiti davanti allo schermo grazie alla pedagogia a distanza di solerti maestri. Oggi che la casa, quando c’è, è a un tempo tana e prigione. Per gli altri obiettivo irraggiungibile o perduto.
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