lunedì 30 novembre 2020

Due piante italiane potenzialmente psicoattive.

ANCHUSA
– stimolante, euforizzante

dolcevitaonline.it Gilberto Camilla Etnopsicologo, Presidente della SISSC (Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza)

A questo genere, della famiglia delle Boraginaceae, appartengono piante sia annuali che biennali e perenni ricoperte di fine peluria; i fusti sono eretti, spesso ramosi in alto e legnosi alla base. I fiori sono disposti in cime, dalla colorazione sempre intensa, utilizzata nell’antichità come tintura. In Italia è presente in tutte le regioni, con numerose specie, di cui la più famosa e importante è la Anchusa officinalis, chiamata popolarmente buglossa.

Il suo habitat va dal livello del mare fino a quote prealpine elevate. La si trova negli ambienti ruderali, in aree abbandonate e nei depositi di materiale organico. Ha bisogno di terreni mediamente umidi o tendenti al secco. Resiste bene a temperature sia alte che basse. La pianta, quando è completamente sviluppata, è alta circa 30-70 centimetri. Le foglie nella parte superiore della pianta sono strette, allungate o di forma lanceolata, e possono raggiungere circa quindici centimetri di lunghezza con una larghezza di un centimetro.

I fiori sono blu e violacei, molto delicati; numerosi e raggruppati in piccoli grappoli, di forma tubolare, e dotati di bellissimi stami. Il frutto che ne consegue è drupaceo. Per quanto riguarda il suo utilizzo nella medicina tradizionale, le parti normalmente utilizzate sono le foglie e le radici. Infusi con la buglossa sono ancora usati oggi come rimedio popolare contro la malinconia e la depressione, ma anche contro la tosse persistente e gli stati febbrili. I suoi principi chimici, principalmente alcaloidi (cinoglossina e consolidina) la inseriscono a pieno titolo fra le piante potenzialmente psicoattive, anche se mancano dati in merito.

ANETHUM GRAVEOLENS (PEUCEDANUM GRAVEOLENS)
– stimolante, euforizzante

L’aneto puzzolente è una pianta erbacea dai piccoli fiori appartenente alla Famiglia delle Apiaceae e il suo nome scientifico deriva da un vocabolo egizio antico che significa “allontana tutti i mali”, e dal latino gravis (forte, pesante) e olens (odore), quindi “dall’odore forte, intenso”.

È una pianta di regola annuale, ma che può anche essere biennale; la sua altezza è intorno al metro (eccezionalmente raggiunge il metro e mezzo), con foglie a disposizione spiralata a colorazione glauca; l’infiorescenza è una tipica ombrella composta, lunga fino a 8 cm (lunghezza dei raggi da 3 a 5 cm) con fiori piccoli di color giallo-verdastro. Specie abbastanza rara in Italia, la si ritrova soprattutto in Veneto, Friuli, Trentino e Liguria, sempre a un’altitudine compresa fra i 600 e i 1000 metri. Il suo habitat è rappresentato dai terreni incolti (ma si trova anche negli orti).

La fitoterapia lo indica per disturbi leggeri di stomaco e come digestivo, carminativo, aperitivo e antispasmodico, ma anche come diuretico, anti-infiammatorio e per facilitare il sonno e come rilassante nervoso.
Nel XVII secolo la pianta veniva usata contro l’epilessia e per alleviare gli effetti dell’ubriacatura, come afrodisiaco e per aumentare le capacità mentali e la vitalità. La farmacologia dell’Anethum graveolens è ancora tutta da studiare (si sa soltanto che contiene terpeni), ma l’utilizzo popolare come euforizzante e tonico lo inserisce tra le piante potenzialmente psicoattive.

a cura di Gilberto Camilla
Etnopsicologo, Presidente della SISSC
(Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza)

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