venerdì 2 ottobre 2020

PROCESSO ASSANGE: LA CIA AVREBBE TENTATO DI ASSASSINARLO

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PROCESSO ASSANGE: SECONDO LA DIFESA LA CIA AVREBBE TENTATO DI ASSASSINARLO

Nuove ed inquietanti rivelazioni dall’udienza di estradizione di Julian Assange, iniziata due settimane fa a Londra. Sono state ascoltate alcune testimonianze esplosive che hanno rivelato come la CIA, la Central Intelligence Agency americana, avrebbe tentato di assassinare Assange attraverso strumenti e dinamiche da action movie.

Tentativo di avvelenamento contro Assange?

Tra i principali canali d’informazione solo i media inglesi sembrano aver riportato la notizia, mentre nessun canale d’informazione italiano sembra essersene occupato. La vicenda svelerebbe quindi la seria volontà da parte degli Stati Uniti di mettere la parola fine, una volta per tutte e a qualsiasi costo, alla vicenda Assange.

Sembra infatti che la CIA avrebbe tentato di avvelenare il noto giornalista oppure di rapirlo per poi assassinarlo.
I dettagli della presunta operazione di spionaggio contro Assange sono stati presentati come prova da un ex dipendente di una società di sicurezza spagnola. Questa società, secondo la testimonianza difensiva, sarebbe stata utilizzata dagli Stati Uniti come copertura per installare dispositivi di sorveglianza segreta “invasivi e sofisticati” nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove Assange viveva come richiedente asilo politico.

Una trama da action movie per liberarsi del fondatore di Wikileaks

Mentre ufficialmente la società era incaricata di proteggere l’Ambasciata, in contemporanea agiva per conto delle autorità statunitensi, che erano impegnate a spiare Assange. Il piano dell’intelligence americana aveva quindi l’obiettivo di un “rapimento” o un omicidio da far figurare come un incidente.
Non solo. La CIA avrebbe raccolto le informazioni biometriche di tutti i dipendenti dell’Ambasciata ecuadoregna e di tutti coloro che si sono recati nel tempo a fare visita ad Assange.

La testimonianza fa parte del tentativo del team di difesa di inquadrare il caso di estradizione degli Stati Uniti come di natura interamente politica, e non basato sulla violazione della legge americana. Fin dalla cattura di Assange e dal suo prelievo forzato dall’Ambasciata dell’Ecuador di Londra, gli Stati Uniti si sono infatti mossi per ottenere l’estradizione del fondatore di Wikileaks. L’obiettivo era quello di poterlo sottoporre a processo all’interno del proprio territorio.

Ricordiamo che l’estradizione negli Stati Uniti sottoporrebbe Assange al rischio di imputazione per diversi reati tra cui quello di spionaggio, perseguibile secondo l’Espionage Act, oltre che a pene complessive dai 175 anni di carcere fino alla pena capitale.

Consapevoli delle difficoltà di ottenere una rapida risoluzione attraverso l’estradizione, gli Stati Uniti avrebbero quindi intrapreso una via parallela per togliere di mezzo una volta per tutte l’uomo che ha rivelato al mondo i lati più oscuri della politica americana.

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