venerdì 23 ottobre 2020

Federcanapa: ricorso al Tar contro il decreto che considera l’olio di CBD una droga

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Federcanapa e l’Associazione europea della canapa industriale (Eiha) hanno deciso di impugnare di fronte al Tar il decreto del ministero della Salute che lo scorso 15 ottobre ha sancito che l’olio di cannabidiolo (Cbd) estratto dalla cannabis  sia da considerare una sostanze stupefacente, rendendone probabilmente (visto che ci sono interpretazioni differenti) illegale la vendita, se non come prodotto di farmacia sottoposto alle autorizzazioni dell’Aifa.

Il decreto, specifica Federcanapa in un comunicato, “include tutti gli estratti di canapa nella nozione di stupefacenti a prescindere da ogni basilare distinzione tra canapa industriale e canapa stupefacente in base al contenuto del principio attivo THC che, come noto, risulta l’unico principio attivo della cannabis in grado, oltre una certa soglia, di produrre efficacia drogante”.

“Le destinazioni per la canapa industriale – prosegue il comunicato – sono infatti consentite dalla legge entro limiti ben definiti sull’impiego di alcune parti della pianta ed entro definiti limiti di THC nel prodotto finito (zero THC nei cosmetici e i limiti stabiliti dal Decreto Ministeriale sugli alimenti del 4 novembre 2019). L’inserimento tout court degli estratti di canapa nella tabella medicinali del Testo Unico Stupefacenti comporta dubbi interpretativi che rischiano di compromettere anche le attività di estrazione ammesse dalla legge”.

La decisione di impugnare il decreto ha come obiettivo quello di “evidenziare il palese contrasto con la normativa comunitaria e con l’intento di definire – una volta per tutte – la netta distinzione che sussiste tra canapa industriale-prodotto agricolo e canapa stupefacente”. La decisione del ministero della Salute, infatti, è considerata “in antitesi con le decisioni assunte dalle analoghe autorità tedesche, inglesi e francesi, che hanno escluso l’assoggettabilità dell’Epidiolex (farmaco a base
di CBD) tra gli stupefacenti, ed è in contrasto con la normativa comunitaria in materia di organizzazione del mercato comune e di antitrust”.

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