lunedì 5 ottobre 2020

Enrico Giovannini: “Dopo il virus saremo più cattivi, impauriti e forse meno liberi”.

Con la pandemia diventeremo più cattivi, e le strade delle nostre città si faranno più violente? Enrico Giovannini elenca, da medico non compassionevole, la quantità di rischi che stiamo per correre.


infosannio.com (di Antonello Caporale – Il Fatto Quotidiano)

Professore, la pandemia doveva liberare le nostre energie creative. Doveva essere il nuovo inizio. Invece saremo più poveri e più cattivi.

Quando le crisi si fanno ricorrenti il sistema diventa instabile e ci si avvicina a quelli che si definiscono “punti di non ritorno”. In Europa, in dieci anni abbiamo conosciuto la crisi del 2009, quella del 2011, quella migratoria del 2015 e l’attuale da Covid.

L’Occidente traballa infatti.

Secondo la teoria dei giochi applicata alla democrazia quest’ultima è come un mercato in cui i cittadini chiedono soluzioni ai loro problemi e i politici, usando diverse piattaforme, le offrono.

Le offrono?

Le offrono prima delle elezioni. Dopo, quando non le realizzano, i politici possono spiegare i motivi dell’ostacolo: ora la recessione, ora l’Europa, ora la burocrazia e per i cittadini è difficile capire se sono motivi seri o scuse. Chi ha il potere gode di questo vantaggio informativo e questo spiega perché politici incapaci possono essere rieletti.

Il potere sta sempre al coperto, non porta mai responsabilità.

Una delle conclusioni di questi modelli è che le elezioni non sono in grado, da sole, di risolvere questa asimmetria informativa e quindi di spingere gli eletti a fare ciò che vogliono gli elettori.

Non ci resta che l’oligarchia!

No, serve aumentare l’informazione a disposizione dei cittadini. Ma a questi modelli razionali basati su logiche matematiche si contrappongono quelli basati sulle neuroscienze, che ci spiegano che le elezioni si vincono se non si parla solo alla ragione ma anche all’emozione. Drew Westen, che è stato consigliere di Obama, ha affrontato in un saggio i motivi per cui, dai tempi di Roosevelt in poi, Clinton fosse stato l’unico democratico a essere rieletto alla presidenza, mentre solo un repubblicano avesse fallito la battaglia per la rielezione. Westen fa di più: effettuando la risonanza magnetica su un gruppo di democratici e su uno di repubblicani, dimostra che la pancia conta più della testa e la ragione, che è democrat, soccombe davanti all’emozione, molto più capace di essere stimolata dai repubblicani.

Anche la paura è un’emozione.

Altro che! Ma i social media e la profilazione degli elettori grazie ai big data mettono in crisi il funzionamento stesso della democrazia perché riescono a manipolare in modo puntuale, persona per persona, l’emozione. Il politico che usa il social può riuscire invece a inoculare nel corpo elettorale una motivazione estranea all’autonoma elaborazione: così facendo induce i cittadini a domandare soluzioni ai problemi scelti dal politico. In questo modo, una questione, in sé speciosa o solo propagandistica, diverrà un tema sentito e popolare e guarda caso il politico appare come quello che ha proprio la soluzione di quel problema.

È per questo che lei chiede che i fondi del Next Generation Eu siano indirizzati al sostegno di programmi per la conoscenza?

Sì, ma non si tratta solo dello sviluppo del nostro sistema scolastico, ma di un’azione di formazione continua. L’ultima indagine Ocse sulle competenze della popolazione adulta ci pone, nella classifica degli incompetenti, al posto d’onore. Circa il 30 per cento della popolazione raggiunge solo il primo livello, quello basico, di capacità di comprendere un testo, fare calcoli matematici, ecc., mentre negli altri Paesi solo il 5 per cento di persone ricade in questa classe.

Altro che creativi e talentuosi.

Certo, i talenti non mancano. Gli incompetenti però sono tanti di più.

La paura sale.

Anche la democrazia si basa sulla paura, ma una quantità modica. Quando aumenta oltre certi limiti le persone sono pronte a tutto pur di farsi difendere, anche a dar via la libertà.

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