Tre
settimane fa, 21 febbraio, entravamo nell’incubo col Paziente Uno di
Codogno. Fino a quel giorno chi ci avesse raccontato il seguito della
storia sarebbe finito non in terapia intensiva, ma nel vicino reparto
psichiatrico: alzi la mano chi avrebbe mai creduto possibili le seguenti
scene.
infosannio.wordpress.com (pressreader.com) Marco Travaglio Il Fatto Quotidiano
1. Christine Madeleine Odette Lagarde, presidente e consulente di
quasi tutto ciò che conta su su fino a Fmi e Bce, quintessenza
dell’establishment finanziario e dell’élite dei ben nati, madonna e fata
dei competenti per nascita e per definizione come da curriculum e
capelli turchini, apre bocca e in 3 secondi fa più danni allo spread e
alle Borse di Salvini, Borghi e Bagnai in tutta la vita.
2. Sergio Mattarella, il presidente più prudente, felpato, timorato e
democristiano, la sfancula con uno scatto d’ira che, in proporzione, fa
impallidire quelli dei sovranisti antieuropeisti più sfegatati. Tant’è
che persino Veltroni sparla del Fiscal Compact, mandando in crisi
religiosa financo Cottarelli. Che è un po’ come se il Papa all’Angelus
smentisse l’esistenza di Dio.
3. Giuseppe Conte, che Repubblica dipingeva come un mezzo pirla, un
“azzeccagarbugli”, cattedratico abusivo dal falso curriculum, falso
avvocato e forse persino falso laureato, svenditore dell’Italia a Trump,
“Ambra teleguidata da Boncompagni”, “burattino che non riesce a
diventare Pinocchio”, “pupazzo”, “ventriloquo”, “Forrest Gump ai
lampascioni”, “ologramma” e “colf filippina”, viene santificato da
Repubblica come “l’anatroccolo nero che non ha più paura”, anzi “si
libra al di sopra del proprio destino per volare o sfracellarsi con
tutto il suo popolo”. Apperò.
4. Chi ridacchiava di Conte oggi rosica per la sua popolarità, al
punto da sbroccare in tv con polemiche che offendono l’intelligenza di
chi le fa. Paolo Mieli si stupisce per le fughe di notizie su decreti
che coinvolgono decine di dirigenti e consulenti governativi e
regionali, e non sopporta i decreti annunciati la sera, ma preferirebbe
metà mattinata, massimo primo pomeriggio. Sabino Incassese, altro re dei
rosiconi, trova sconvenienti i messaggi alla nazione del presidente del
Consiglio e vorrebbe al suo posto il ministro della Salute (infatti
Trump, Macron, Merkel, Trudeau, Johnson&C. sono tutti ministri della
Salute).
5. I cinesi, gli odiati musi gialli che volevano colonizzarci con la
Via della Seta e infettarci con un virus che avevamo già in casa, ci
vendono mascherine e respiratori polmonari e ci inviano medici da Wuhan,
mentre gli “alleati” europei, con la solidarietà tipica della civiltà
ebraico-cristiana, tengono tutto per sé.
6. Crollano altre certezze che ci parevano granitiche.
Tipo che il federalismo è una figata (presto, si spera, aboliremo le
Regioni). O che i romani sono più indisciplinati dei milanesi e dei
bergamaschi (tutti allo spritz fino a domenica). O che i razzisti siamo
noi italiani (infatti le frontiere le chiudono gli altri per non farci
uscire). O che l’idea di votare online poteva venire giusto a quegli
squilibrati dei Casaleggios (ora manca poco che il Parlamento in
quarantena chiami il giovine Davide: “Scusa, ti avanza mica una
piattaforma Rousseau?”).
7. Le suddette forniture dalla Cina le ha procurate Di Maio, quello
che non dovrebbe fare il ministro, tantomeno degli Esteri, ma il
bibitaro perché dice “vairus” quando parla inglese (come chiunque parli
inglese) e soprattutto è dei 5Stelle, ergo incapace e incompetente per
definizione.
8. Emmanuel Macron, competentissimo enfant gâté della tecnocrazia e
faro del riformismo mondiale, praticamente il nuovo Napoleone, non ne
azzecca una manco sul virus, come un Trump, un Johnson, un sovranista
qualsiasi, infatti i corrispondenti dei giornali francesi gli intimano
di “fare come l’Italia”.
9. I sindaci Sala e Gori, macronini de noantri e astri nascenti del
riformismo all’italiana, finora candidati naturali alla premiership dopo
l’imbarazzante parentesi Conte, non possono più mettere il naso fuori
per aver detto tutto e il suo contrario, riuscendo a trasformare in
statisti pure Fontana e Gallera.
10. I due Matteo, fino a 21 giorni fa lanciatissimi verso il
governissimo che fa benissimo, mendicano interviste all’estero, per
sparare patriotticamente sul governo italiano che tutto il mondo prende a
modello, visto che in patria non se li fila più nessuno. L’Innominabile
parla financo in inglese, aggiungendo imbarazzo a imbarazzo. Il Cazzaro
Verde, a furia di fabbricare, seminare e cavalcare paure, ne ha
incontrata una così vera, terrificante e gigantesca che si è ingoiata
tutte le sue, lasciandolo senza parole.
Todo cambia, ma una certezza resta incrollabile: la lingua dei Merlo.
Salvatore, vergin di servo encomio, ritrae sul Foglio il neocommissario
Domenico Arcuri con la consueta sobrietà.
“Un uomo corretto”, tipo che non ti scippa il portafoglio.
“La testa
ricoperta di capelli d’argento”, mille euro l’uno. “La notevole
statura”, e vabbè. “Il volto dai lineamenti puliti”, sarà l’amuchina.
“Il naso sfrontato”, qualunque cosa voglia dire. “Da 12 anni
l’avvolgente potenza invisibile delle crisi aziendali”, tipo Darth
Vader.
“Come l’imam occulto degli sciiti”, perbacco.
“Attivo”, dunque
non passivo: infatti “sembra amare le donne belle, intelligenti e
indipendenti”, diversamente da tutti gli altri che le preferiscono
racchie, idiote e impedite; ma è solo un’impressione (“sembra”).
“Gran
fumatore di Marlboro rosse”, però “nervose” (le Marlboro). “C’è da
intervenire su Ilva? Chiamano Arcuri. C’è un problema in Alcoa? Arriva
Arcuri. La Pop Bari rischia? Ecco di nuovo Arcuri”.
C’è da spostare una
macchina? Quella macchina qua devi metterla là? È un diesel? Riecco
Arcuri.
Sarebbe proprio perfetto, se non fosse che “Calenda lo stima”.
Quindi è spacciato.
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