lunedì 16 marzo 2020

DEBITO IN TERAPIA INTENSIVA E CROLLO DELL’IMPEURO di Nino Galloni

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Ha creato scalpore e tanti commenti la dichiarazione della Merkel di fronteggiare l’emergenza economica conseguente al corona virus con 500 miliardi di euro; soprattutto, essa è stata interpretata come la tomba dell’euro stesso. Prima di entrare in alcuni aspetti “tecnici” della cosa, cerchiamo di vederne le premesse.
La prima, ma la meno importante: a inizio settimana la Merkel affermò e ribadì che si sarebbero infettati circa 70 milioni di Tedeschi. Traduzione: noi non fermeremo né scuole, né sport, né industrie perché tanto non si tratta di qualcosa di così grave. A distanza di pochi giorni l’affermazione di cui sopra, la chiusura delle scuole, il fermo alle attività sportive, l’allarme industrie. Tra i due atteggiamenti, evidentemente, la Cancelliera ha cambiato i consiglieri sanitari ed ha appreso che il numero dei ricoverati (con sintomi) sarebbe potuto essere una piccolissima percentuale dei contagiati (senza sintomi e senza tamponi positivi), tuttavia la percentuale dei ricoverati in condizioni gravi o gravissime o con  esito letale, un numero tale da cominciare a creare notevoli preoccupazioni.
La seconda è molto più importante. Al posto di Draghi era stato designato un Tedesco che avrebbe dovuto fermare il quantitative easing e far crescere i tassi di interesse (così rivalutando l’euro e accontentando, almeno in parte, Trump che voleva e vuole la svalutazione del dollaro): così aiutando le banche tedesche in evidente crisi di redditività. Invece, a pochi mesi dal fatidico passaggio di consegne, ecco avanzare la Lagarde (certamente non una colomba, ma nemmeno un falco) pronta a continuare – più o meno – l’azione di Mario Draghi. Cos’era successo?
La Cina rallentava e l’industria tedesca – dal canto suo – pure; nel conflitto tra quest’ultima (che voleva tassi bassi ed euro sottovalutato) e le banche, vince – come sempre in Germania – l’industria.
Ma se l’industria tedesca – adesso, con l’emergenza corona virus o con la scusa emergenza – deve perdere parecchi colpi, delle due l’una: o si pompa la domanda interna ed europea o si fa saltare il banco perché, in assenza di soluzioni (per la finanza e per l’economia reale non ce ne sono senza ripristinare la centralità dello Stato interventista) è sempre meglio buttarla “in caciara”.
In queste condizioni, che senso avrebbe portare avanti il MES che sta all’attuale situazione come le brioches di Maria Antonietta alla Rivoluzione Francese?
Ciò detto, la Merkel ha le seguenti possibilità: 1) un grande prestito delle sue banche – pubbliche e private – che aumenterà il debito dei Tedeschi, ma che – al pari di quello dei Lander – potrà venir diversamente contabilizzato; 2) la emissione di titoli pubblici da far comprare alle sue banche (tanto il debito dello Stato – grazie all’éscamotage di non considerare quello dei Lander – non è altissimo e le banche sono piene di titoli tossici di cui allungare i tempi per finire alla BCE come Asset Backed Securities in cambio dell’agognata liquidità); 3) la emissione di moneta sovrana a corso legale nella sola Germania, cosa che già esiste e non sarebbe incompatibile con l’agonia dell’euro; 4) escluderei la Germania che immette direttamente euro, ma non ne sono tanto sicuro!
La domanda che dobbiamo farci, pertanto, non riguarda tanto la fine dell’euro, ma quello che possiamo e dobbiamo fare a casa nostra, perché – in questa situazione (e non c’è solo il coronavirus!) – il vero malato in terapia intensiva è il debito; vale a dire la sua crescita – per un motivo o per l’altro – più sostenuta di quella dell’economia che, per varie ragioni, anche legate ai meccanismi di indebitamento, non cresce affatto.
Possiamo immettere moneta parallela a sola circolazione nazionale (ovviamente non per importare beni necessari, ma solo per sostenere la domanda interna).
Possiamo proporre una emissione non a debito della BCE per comperare in tutta l’eurolandia il 50% dei debiti pubblici e autorizzare un deficit sotto il 20% del PIL nei prossimi tre anni.
Diversamente, se non c’è collaborazione in questo senso o qualcosa del genere che serva a rompere o a interrompere la catena del debito, meglio prepararsi al piano B per fronteggiare le conseguenze del crollo dell’Impeuro.
Nino Galloni

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