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Il tanto atteso documento redatto da tecnici e scienziati e una sentenza senza appello contro l’alta velocità in Valsusa. «La battaglia inizia ora – commenta Daniele Brait, attivista no Tav – Sappiamo che la vittoria arriverà solo quando il cantiere sarà smantellato».
È
stata resa finalmente pubblica la tanto discussa analisi costi/benefici
del raddoppio ferroviario Torino-Lione. Il risultato è quello che il
movimento NO TAV denuncia da quasi 30 anni. L’alta velocità in Valsusa
non è utile per la collettività e la valutazione economica determina un
negativo variabile tra i 6 e gli 8 miliardi di euro a seconda delle
diverse stime di crescita del traffico merci e passeggeri lungo la linea
transfrontaliera.
Il governo
gialloverde durante questi primi 8 mesi di governo si è nascosto
opportunisticamente dietro questa analisi per prendere tempo rispetto
alle proprie ambiguità interne. È nota infatti la divisione tra la Lega,
da sempre favorevole all’opera in quanto vicina all’imprenditoria del
Nord, e il Movimento Cinque Stelle, che ha ribadito spesso negli anni la
propria opposizione al progetto. Accettando la posizione leghista i
pentastellati dovrebbero ancora una volta negare quanto promesso al
proprio elettorato, come è già successo per Tav Terzo Valico e TAP.
Lo scenario che
si apre ora è ignoto. Non c’è alcuna certezza sugli sviluppi della
vicenda, i passaggi successivi a questa analisi non sono stati né
definiti né annunciati da parte del MIT né tantomeno dal governo.
Toninelli si cela dietro un “deciderà il governo” come se fosse
un’entità estranea non di sua competenza, mentre Salvini (che
difficilmente ha conosciuto l’esito della valutazione solo stamattina)
due settimane fa aveva chiaramente cercato di imporre la posizione della
Lega con la visita al cantiere di Chiomonte e le fiere dichiarazioni
sulla necessità dell’opera.
Scontate invece
le reazioni del resto della lobby pro TAV presente in parlamento, con le
dichiarazioni di Mariastella Gelmini (Forza Italia) che definisce
l’analisi una “balla spaziale” e del PD che con Martina parla di “furia
ideologica”.
È chiaro quanto
questo fronte prevedesse questo esito e abbia pertanto lavorato per
preparare il terreno contro il risultato, basti pensare al sostegno dato
allo “spontaneo” movimento delle madamin
pro TAV che da novembre 2018 in poi ha varie volte manifestato nel
capoluogo piemontese. Sui 30 anni di lotta lotta contro l’alta velocità
del movimento, invece, era stato “casualmente” silente.
Confindustria
minaccia una fantomatica perdita di 50mila posti di lavoro non si sa
sulla base di quali stime, mentre almeno per oggi tutti devono rimanere
in silenzio sulle famose penali per la non realizzazione. Il documento,
infatti, nonostante spieghi che “i molteplici profili evidenziati non consentono di determinare in maniera netta i costi in caso di scioglimento” ribadisce che
dipenderà dai soggetti in campo determinarle (quindi gli enti pubblici)
e le include comunque nella valutazione finale. Foietta, capo
dell’Osservatorio e commissario governativo per la realizzazione
dell’opera, parla infine di “analisi truffa”
In realtà, come riportammo a suo tempo anche su Dinamo,
già il governo precedente aveva ampiamente ammesso l’inutilità
dell’alta velocità attraverso documenti interni resi pubblici a febbraio
2018, a pochi giorni dalle elezioni politiche.
Ora questa inutilità è sancita da una commissione indipendente di scienziati.
Il documento,
infatti, è stato redatto da un gruppo di tecnici (perlopiù docenti
universitari) guidati dal prof. Marco Ponti. Quest’ultimo aveva già
definito l’opera inutile ma al tempo stesso aveva detto di “non avere
alcuna simpatia particolare per gli abitanti della Valsusa”. Il
documento sostiene a più riprese che il famoso beneficio ambientale in
termini di riduzione di C02, da sempre sbandierato dai favorevoli
all’opera, è trascurabile. Già mesi fa in questo articolo
lo scienziato Luca Mercalli, aveva dimostrato che opere di questo tipo e
di questa grandezza hanno un impatto sul clima così devastante da
superare il beneficio della riduzione del traffico automobilistico.
L’analisi nel
complesso conferma quanto il movimento aveva dimostrato attraverso
infiniti supporti di tipo tecnico, scientifico e tecnologico in tutte le
fasi di lotta di questi anni.
«La prima cosa
che mi viene da dire è che la battaglia inizia ora – commenta Daniele
Brait, attivista valsusino – Sappiamo che la vittoria arriverà solo
quando il cantiere sarà smantellato, la valle sarà liberata dalla
militarizzazione e il progetto sarà cestinato affinché nessun governo
futuro possa riprenderlo in mano. Lottare per raggiungere tutto questo
subito, senza nessuna esitazione, senza nessuna delega alla politica è
il nostro obiettivo primario ora».
I media
mainstream sono sempre stati i più grandi sostenitori della TAV.
Soprattutto del quotidiano torinese La Stampa, sempre pronto a diffamare
il movimento, e della Repubblica, che in questi mesi ha dato enorme
visibilità alle madamin. Oggi
anche questi organi di stampa devono riportare il parere di cinque
scienziati che hanno lavorato per mesi all’analisi. Alcune testate
cercano di fare dei distinguo, o sottolineano che uno dei sei scienziati
che originariamente formavano la commissione non ha firmato il
documento finale, ma sono comunque costrette a diffondere la notizia con
un contenuto così netto e tagliente da non lasciare spazio a ombre.
«Fa sorridere
vedere tutti questi giornali riportare finalmente le verità che noi
sosteniamo da anni ma che loro hanno sempre negato in modo spudorato.
Allo stesso tempo ridurre il tutto a una valutazione di impatto
economico non può lasciarmi soddisfatto – continua Daniele – Ci sono gli
impatti sociali, culturali, ambientali in senso lato che la valutazione
economica non considera, dalla drammatica riduzione delle falde
acquifere e la diffusione di amianto nell’aria a causa del tunnel, fino
alle case che sarebbero distrutte se fosse costruita la ferrovia. Se ci
siamo opposti all’opera è stato anche per difendere tutto questo.
Comunque è
importante che finalmente venga reso pubblico che quell’opera non
danneggia solo noi che viviamo in questa valle ma anche il cittadino
siciliano che paga le tasse e vede sprecare i propri soldi in un’opera
inutile e devastante che serve solo ad arricchire lobby e mafie».
«Va poi ricordato che in Valsusa in questi anni abbiamo costruito una comunità resistente, che sostiene le lotte dei migranti che vogliono andare in Francia, che si è organizzata per appoggiare la resistenza dei curdi in Rojava, che ha conosciuto personalmente chi lotta contro l’occupazione in Palestina
– conclude Daniele – Questa comunità ha agito con metodi di lotta
popolare che le hanno permesso di allargarsi e di essere inclusiva.
Questa comunità ha imparato a vedere la propria lotta come parte di una
resistenza molto più grande che va ben oltre i confini della valle e del
paese. Per queste ragioni è difficile non rimanere scettici rispetto ai
prossimi passi di un governo che si è dimostrato autoritario violento e
reazionario nel suo attacco a chi è diverso, alle donne, ai migranti, a
chi lotta per difendere i diritti».
I prossimi passi il movimento No Tav li ha già definiti dallo scorso novembre, lanciando una grande manifestazione nazionale unitaria contro le grandi opere e per la giustizia climatica che invaderà la città di Roma il 23 marzo.
La sfida sarà
quella di scansare l’attendismo o la presunzione di essere “in salvo” e
invece costruire reti e sinergie resistenti contro l’attacco predatore
ai territori da parte dell’economia capitalista che il “governo del
cambiamento” non sta minimamente mettendo in discussione. Quell’attacco
ai territori, dicono nel documento di lancio del corteo del 23 marzo,
contribuisce anche in modo significativo al riscaldamento globale che
potrebbe mettere fine alla vita su questo pianeta. Anche per questo va
fermato al più presto.
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