“Nessun piano B“, i numeri della manovra – a partire dal maggior deficit già contestato dalla Commissione europea con la lettera inviata venerdì sera – non cambiano. Il vicepremier Luigi Di Maio smentisce che il governo, come ipotizzano alcuni quotidiani, sia pronto a “invertire la rotta” se la tensione sui mercati salirà e lo spread supererà i 400 punti base. “Tutti i piani B di cui sentite parlare o sono invenzione dei giornali o di qualcun altro ma non rispecchiano assolutamente la volontà di questo governo”, ha detto il leader M5s visitando il Villaggio Coldiretti al Circo Massimo, da dove ha poi attaccato le istituzioni europee: “Non sono venuto alla Coldiretti per alzare i toni con l’Europa. Anche perché, diciamoci la verità, questa Europa qui tra sei mesi è finita“. “L’Italia è in una situazione difficile”, ha detto Jean-Claude Juncker in un’intervista al quotidiano austriaco Der Standard.
“Ci aspettavamo che questa manovra non piacesse a Bruxelles”, ha spiegato Di Maio. Del resto la lettera firmata dai commissari Moscovici e Dombrovskis, come sottolineato da fonti di Palazzo Chigi, “non è una bocciatura anche perché non è stata ancora avviata – né poteva essere – alcuna interlocuzione formale”. Il dialogo inizia ora e la valutazione della Commissione Ue sarà sulDraft budgetary plan che sarà inviato dal governo italiano entro il 15 ottobre.
“Apprezzo il fatto che questa lettera sia stata mandata a mercati chiusi e ora abbiamo tutto il weekend per discutere di questa missiva a mezzo stampa”, ha continuato il ministro dello Sviluppo. In ogni caso “non si arretra, si spiegano le ragioni di questa manovra” – parole simili a quelle usate due giorni fa dal ministro dell’economia Giovanni Tria. “Possiamo sistemare al meglio lecoperture che abbiamo trovato e spiegare bene gli investimenti in deficit che stiamo facendo, ma non si torna indietro. Adesso inizia la fase di discussione con la Commissione europea, ma deve essere chiaro che indietro non si torna. Per quanto mi riguarda questa non deve essere una manovra che deve sfidare Bruxelles e i mercati, ma per ripagare il popolo italiano di tanti torti subiti”.
Se la sfida a Bruxelles non arriva attraverso la manovra, le parole di Di Maio non aiutano certo a raffreddare i rapporti con le istituzioni europee: “Tra sei mesi ci sono le elezioni europee e, come c’è stato un terremoto politico in Italia il 4 marzo, ci sarà un terremoto politico alle elezioni europee di maggio – ha proseguito il vicepremier – E questo significa che finalmente molte delle istanze che sono state tradite e ignorate arriveranno al Parlamento europeo con il triplo, con il quadruplo della forza che hanno avuto in questi anni”. Poi ha concluso: “C’è una vera e propria guerra contro il Made in Italy e noi la dobbiamo combattere con tutte le nostre forze. Questi sono giorni importanti, non sono venuto alla Coldiretti per alzare i toni con l’Europa. Anche perché, diciamoci la verità, questa Europa qui tra sei mesi è finita”.
“So che il presidente Fico nei prossimi giorni andrà a Bruxelles”, ha ricordato Di Maio, “saremo tutti compatti e faremo lavoro di squadra per spiegare alla Commissione europea che gli italiani hanno bisogno di queste misure che non sono spot ma finalmente cambiamo la vita delle persone”.
In attesa dell’inizio del dialogo, Jean-Claude Juncker ha inviato un altro segnale a Roma: “Non ho paragonato l’Italia alla Grecia”, ha detto il presidente della Commissione europea in un’intervista al quotidiano viennese Der Standard, ma certamente “l’Italia si trova in una situazione difficile“. “Non spetta alla Commissione” entrare nel merito delle misure inserite in manovra come la flat tax o il reddito di cittadinanza ma “spetta ai politici italiani impostare misure che consentano all’Italia di rimanere entro gli obiettivi di bilancio concordati”.
“A Friburgo – ha spiegato ancora il capo dell’esecutivo comunitario – ho detto che l’euro era in pericolo se tutti avessero pretesoregole speciali in modo da non attenersi ad accordi precedenti nell’ambito del coordinamento delle politiche economiche e di bilancio. Non ho paragonato l’Italia alla Grecia” e “non ho voglia di ricominciare da capo”. Ora “il governo italiano – ha proseguito Juncker – deve presentare il suo bilancio entro il 15 ottobre presso la Commissione. Noi valuteremo sine ira et studio, chiedendo, se necessario, delle modifiche. E’ un processo normalissimo”.
Juncker ha risposto anche a una domanda sugli attacchi ricevuti dal vicepremier italiano Matteo Salvini, che aveva detto di voler parlare solo con “persone sobrie“: “Non ho sentito cosa ha detto, l’ho solo letto – ha detto il presidente della Commissione – queste cose non le prendo neanche in considerazione. Il fatto che due vicepremier italiani si esprimano in modo estremamente sboccato sulla Ue fa capire tante cose“. “Che il vicecancelliere austriaco Strache ora dica di essere amico di Salvini mi sorprende, ma non troppo. – ha concluso Juncker – non possiamo scegliere i parenti, gli amici invece sì”.
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