1.Per
quale ragione l’aumento dello spread deve riflettersi sui tassi di
interesse dei nuovi titoli in emissione? Lo spread, dovuto alle
richieste di vendita dei titoli a 10 anni prima della scadenza presenta
due cause. Una causa razionale dovuta alle sopravvenute esigenze di
liquidità del possessore che derivano dalle incertezze e dagli
imprevisti della vita. E una componente in apparenza del tutto
irrazionale dovuta a giudizi infondati e illogici degli operatori (le
obbligazioni pubbliche rappresentano certamente gli effetti finanziari
più sicuri e certi): ma, nello spandere incertezza e pregiudizio, gli
operatori ottengono di guadagnare sia sul riacquisto dei titoli a futura
scadenza, sia sull’acquisto dei nuovi titoli a maggior tasso di
interesse.
Il movente
irrazionale prevale su quello razionale, ma nessuna autorità monetaria
si perita di opporsi a tale situazione (unica eccezione il QE di Draghi
in via di superamento).
Per quanto riguarda i
titoli italiani, la domanda è sistematicamente superiore all’offerta;
quindi, il tasso dovrebbe scendere e invece sale.
2.Guardando
poi alle scadenze, i titoli più richiesti e a più basso interesse sono
quelli a scadenze inferiori ai tre anni; anzi – fenomeno inspiegabile
per i comuni risparmiatori – i titoli a più breve termine presentano
tassi di interesse negativi anche in termini nominali consentendo un
arricchimento del venditore cioè lo Stato.
3.Sarebbe
pertanto logico accorciare i tempi del debito e ridurre i tassi sulle
nuove emissioni in modo di rendere più appetibile l’acquisto dei vecchi
titoli sul mercato secondario: tutto ciò servirebbe ad abbassare lo
spread, ma nessuno ci pensa.
4.Fa
benissimo il Presidente del Consiglio in Russia a ribadire a Putin la
solidità della nostra economia e rapporti di collaborazione; ma è sempre
meglio partire da infrastrutture o progetti per il Mediterraneo e
l’Africa invece che puntare alla dipendenza dagli acquisti di titoli
finanziari da parte degli amici Russi.
5.Il
ministro Tria afferma che uno spread attorno a 320 pb (quindi tassi di
interesse sui decennali oltre il 3,5%) sarebbe, nel tempo, insostenibile
per l’Italia. L’affermazione è veritiera se: il pil aumenta poco; i
funzionari continueranno ad allineare allo spread il tasso delle nuove
emissioni; nel 2019 ci dovesse essere ben poca inflazione; non si farà
una politica di riduzione dei tempi del debito.
6.Lo
spauracchio maggiore è un calo della domanda al di sotto dell’offerta.
Ciò potrà dipendere dal proposito degli operatori di rendere difficile
la vita allo Stato italiano e, quindi, occorrerebbe prevenire tale
scenario con un patto che preveda – in cambio degli acquisti di titoli
pubblici- l’applicazione della Glass Steagall (netta separazione tra chi
esercita il credito e chi la finanza) solo alle piccole banche (da
aiutare, invece, a rifidelizzarsi sul territorio).
7.Per
evitare che qualche bizzarra agenzia riduca il nostro rating al di
sotto della soglia di inclusione dei titoli pubblici nell’attivo dei
bilanci delle banche, occorre dotarsi di un’agenzia di rating
indipendente che sia legislativamente indicata come riferimento
contabile delle nostre imprese finanziarie.
Nino Galloni
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