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Passano gli anni ma in Italia quando un governo deve fare una manovra
economica tutto gira sempre intorno al debito pubblico. La Ue e i
“mercati” vogliono essere rassicurati che lo Stato pagherà le rate e gli
interessi sui Cct, Bot e Btp e l’intero governo impiega mesi a decidere
se fare un deficit del 2,4% piuttosto che dell’1,8% del Pil: una
differenza dello 0,6% del Pil – cioè 8 miliardi, alla fine. Ma questa
differenza di 8 miliardi richiede trattative di settimane, agita i talk
show e i giornali e marca la differenza tra un governo “responsabile”,
bene accetto alla Ue e ai “mercati” (1,6% di deficit) e uno “populista”
che fa esplodere lo “spread” e avviato al default (2,4% di deficit). Se
lasci perdere la retorica e ti metti a leggere tabelle e numeri, scrive
il trader finanziario Giovanni Zibordi, ti rendi conto che non ha senso,
sapendo che di solito si sfora sempre: la Ue voleva un 1,8% al massimo e
Tria cercava di tenerlo a questa percentuale, pensando che poi alla
fine a consuntivo si arrivava sul 2,2% o 2,4%. Con un Def che indica un
2,4% di deficit come “impegno”, si suppone invece che si arrivi, alla
fine, ad un 2,8% di deficit. «Resta che è una differenza di 8 miliardi
l’anno e sembra diventi la fine del mondo. E se fosse tutto un bluff?».
Ci dicono che “l’Italia ha 2.350 miliardi di debito”, per cui basta
ora poco per scivolare giù per la china: le percezioni del resto del
mondo (Ue e “mercati”) sono negative, per cui questi poteri vanno
accontentati e rassicurati, altrimenti Bruxelles “boccia” la
manovra, le agenzie di rating “abbassano” l’Italia e il mercato “ci
attacca”. «In pratica ti dicono che se, per la prima volta nella storia, lo Stato italiano non riduce il deficit a zero, ci sarà un patatrac. Ma se guardi la storia anche solo degli ultimi dieci anni – scrive Zibordi, sul blog “Cobraf” – vedi che con deficit maggiori e sempre intorno al 3% di media
non è successo niente».
Per scoprire che questo discorso non ha senso,
Zibordi fa notare che anche se il debito pubblico è sui 2.350 miliardi, i
titoli sul mercato sono molti meno (1.800 miliardi) e sono questi di
cui preoccuparsi – tra parentesi, Bce e Bankitalia ne hanno comprati 360
miliardi (con soldi “stampati”). «Quindi il totale dei titoli di Stato
di cui preoccuparsi è sui 1.500 miliardi». Parlare, come fanno quasi
tutti, di “quasi 2.400 miliardi di debito pubblico”, è molto diverso che
citare i 1.450 miliardi di titoli da rifinanziare sul mercato.
«Supponiamo allora che il governo italiano ignori Ue e mercati e “tiri
dritto”, come dice Salvini. Dopo un poco di caos iniziale probabilmente
non succede niente di grave. Ha senso, tutta questa messinscena, per 8
miliardi di differenza? Il buon senso dice di no».
Tutto quello che può fare l’Ue, scrive Zibordi, è imporre una multa
di 3 miliardi. Una misura finora mai applicata, «nemmeno a Stati che
hanno violato i limiti del 3% facendo deficit del 10% come Irlanda,
Portogallo e Spagna». Per cui, se si colpisse l’Italia per via del suo
2,4%, la sanzione «verrebbe contestata dal governo italiano in sede
legale». E le agenzie di rating? Se “abbassano” l’Italia danno la spinta
ai mercati per vendere ancora i Btp? «Sicuro, ma ricordatevi che i
mercati hanno fatto oscillare i Btp infinite volte, negli ultimi 25
anni, e alla fine lo Stato italiano ha sempre pagato tutto: ha pagato la
bellezza di circa 3.000 miliardi di interessi dal 1990». La conseguenza
della “turbolenza” dei mercati, aggiunge Zibordi, è che il rendimento
può salire ancora, dal 3,3% attuale al 4% o forse anche di più, magari
fino al 5%. Ma, tralasciando i titoli dei giornali, l’analista propone
di ragionare sui numeri. In Germania,
con l’inflazione al 2%, i titoli di Stato «rendono meno di zero, -0,5%
sulle scadenze brevi e al massimo 0,4% sui decennali». Quindi, in
sostanza, «hai il povero risparmiatore germanico che perde ogni anno 1% o
2% l’anno». In Italia con inflazione più bassa (1,2%, oggi), «il
risparmiatore italico godrebbe di un guadagno del 3% al netto
dell’inflazione se i Btp salissero oltre il 4% di rendimento». In
pratica, «avresti che un
tedesco perde sul 2% l’anno sui suoi soldi in titoli di Stato, e
l’italiano che guadagna un 2 o 3% l’anno. Una differenza del 4 o 5% per
noi».
Ma il famoso rischio-Italia? Lo spettro del default? «Discorsi
catastrofici simili sono stati fatti nel 2011, quando appunto il
rendimento dei Btp salì al 5%». Risultato: chi comprò allora i Btp alla
data di oggi, tra cedole e apprezzamento ha guadagnato oltre il 50%
cumulativo. «Se vai più indietro, al 2008, negli ultimi dieci anni i Btp
avevano resto un totale cumulativo del 70% fino a quando non sono
arrivati Salvini e Di Maio. Adesso, anche conteggiando una perdita media
intorno al 10% da maggio, il rendimento cumulativo resta intorno al
60%». Nel mondo di oggi, scrive Zibordi, tutto il reddito fisso sta
facendo perdere soldi: da inizio anno, i bond globali hanno perso in media il 2%. «Oggi abbiamo i tassi di interesse più bassi della storia dell’umanità», sottolinea l’analista. Tutti i paesi importanti «pagano tra meno di zero e il 3% massimo» (gli Usa, l’Australia o la Cina). E quando pagano il 3%, come gli Usa,
«poi hanno anche inflazione al 3%», per cui «il rendimento reale è
sempre zero». Attenzione: «L’Italia in pratica è l’unico paese Ocse,
ora, che paga rendimenti sui titoli di Stato superiori all’inflazione!».
Se dunque un paese come l’Italia, che ha un surplus estero del 2,5%
del Pil e un enorme risparmio privato, offrisse rendimenti del 4-5%, di
fatto «arriverebbero fondi da tutto il mondo». E pian piano anche i
risparmiatori italiani che ora «stanno soffrendo perdite su tutti i loro
fondi, gestioni e polizze che le banche hanno loro rifilato»,
capirebbero che i titoli di Stato sono estremamente più sicuri della
cosiddetta “industria del risparmio gestito”. Tradotto: «Se stai
perdendo un -3% medio su tutti i prodotti del risparmio gestito della
banca, perché ti deve fare schifo un 2-3% dei titoli di Stato?». La
manovra di Di Maio e Salvini? Può darsi che non faccia abbastanza per la
crescita, «perché troppo infarcita di sussidi e trasferimenti e senza
riduzione di tasse vere o investimenti», però – avverte Zibordi – è una
manovra «che aumenta il deficit di soli 8 miliardi, alla fine». E tutto
il polverone mediatico sul “disastro” in arrivo «è probabilmente il
solito bluff del mondo finanziario, che sui titoli di Stato da decenni specula», cioè gioca al ribasso per poi comprare a poco prezzo, al fine di incassare «grasse cedole».
La finanziaria del governo gialloverde «non fa molto per i giovani,
le imprese e gli investimenti», ma resta «una manovra di entità modesta,
che non scassa nessun bilancio pubblico». Salvini? Fa bene a dire che
“tira dritto”, denunciando il bluff dell’Ue per ora. «Il difetto della
manovra è invece che non sostiene abbastanza l’economia,
la quale sta rallentando, e non contiene misure alternative. Ma in
termini puramente finanziari c’è tanta retorica, da entrambe le parti,
che copre una realtà modesta», insiste Zibordi. «La verità è che alla Ue
odiano Salvini per via dell’immigrazione: se la stessa manovra l’avesse
fatta il Pd ci sarebbe stata qualche discussione dietro le quinte e poi
sarebbe passata con questo famoso 2,4% accampando qualche scusa. Dato
che Salvini minaccia tutto l’impianto culturale e sociale della Ue, che
punta all’immigrazione di massa dal terzo mondo in Europa,
qualunque piccola deviazione dai “parametri” viene amplificata per
cercare di indebolirlo». Di qui il terribile can can terribile contro il
governo “spendaccione, irresponsabile, venezuelano”, mentre in realtà,
se uno guarda i semplici numeri, scopre che la manovra è così modesta
che non può portare a nessun default.
«Se sfori dello 0,6% del Pil rispetto a quello che voleva la Ue, si
parla di 8 miliardi», tutto qui. «E lo Stato non smetterà di pagare
interessi, visto che incassa 760 miliardi di tasse». E a proposito di
fisco: «La manovra non riduce neanche di 1 miliardo le tasse, alla
fine». I soldi per ripagare i Btp, al governo, non mancano affatto: «Se
il “mercato” vuole rendimenti più alti sulle nuove emissioni ora, bene…
il governo spenderà 5, 6 o 7 miliardi in più l’anno prossimo per
pagarli». Di questo però beneficia chi compra le nuove emissioni oggi,
«perchè i soldi che lo Stato paga di interessi non si volatilizzano,
finiscono in tasca a qualcuno: e l’importante, ora, sarebbe che fosse
italiano». Meglio per il risparmiatore italico, scrive Zibordi, che i
Bpt renderessero di più. «E’ messo molto peggio quello tedesco, che
perde un -1 o -2% l’anno quando compra titoli di Stato». Il “collega”
italiano invece intasca un 2% netto reale, che diventa 3% se sale lo
spread. I bond italiani «battono i rendimenti (reali) di chiunque altro,
nel mondo avanzato». E’ perché sono molto rischiosi? «La nostra economia
è deludente fin che vuoi in termini di crescita, ma è stabile, nel
senso che rimane nell’euro e non da default, visto che lo Stato
preferisce continuare a tassare i suoi cittadini per pagare gli
interessi invece che tentare misure alternative».
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sabato 27 ottobre 2018
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