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Stando ai conti pubblici, il grande malato dell’Eurozona non è
l’Italia o un altro dei paesi oggi considerati periferici, addirittura
ribattezzati “Pigs”, maiali, nel pieno della crisi del debito sovrano. La pietra dello scandalo è proprio la Germania di Angela Merkel, che continua a fare la voce grossa con la Bce e gli altri condòmini del Vecchio Continente. A raccontare al “Giornale”
il lato oscuro di Berlino è Fabio Zoffi, veneziano, che da vent’anni
vive con la famiglia a Monaco di Baviera. Zoffi conduce attività che
spaziano dall’alimentare al Big Data: tra i suoi clienti Luxottica,
Pirelli, Bnl, Banco Popolare e Benetton. «ll debito pubblico complessivo
tedesco non è pari all’80% del Pil, come certificano i documenti
ufficiali, ma al 287%», assicura il “venture capitalist” italiano, dopo
essersi preso la briga di rielaborare tabelle e proiezioni statistiche.
La colpa è del debito «implicito», che con approssimazione possiamo
definire «nascosto», prodotto dalle costose riforme concesse dai governi
che si sono succeduti negli ultimi decenni. Tutto questo, nel 2020
comporterà pesanti aggravi alla spesa per le pensioni, le assicurazioni
sanitarie e l’assistenza ai malati cronici.
«Berlino è finora stata molto brava a nascondere la polvere sotto il
tappeto, ma ormai è impossibile non vedere le gobbe. E anche in Germania gli economisti più capaci hanno iniziato a lanciare l’allarme», spiega Zoffi, citando tra i primi profeti di sventura
proprio i presidenti dei due maggiori think-tanks economici del paese:
Hans-Werner Sinn, temutissima voce dell’Ifo (per la verità più noto a
sud della catena alpina per i giudizi tranchant che ci ha riservato) e
Marcel Fratzscher, capo del Diw e autore del libro “Die
Deutschland-Illusion” (l’illusione tedesca). A titolo di raffronto,
scrive Massimo Restelli sul “Giornale”, il debito complessivo (implicito
ed esplicito) italiano si attesterebbe invece al 160% del prodotto
interno lordo. In sostanza, negli ultimi anni Palazzo Chigi e Parlamento
italiano fatto “i compiti a casa”, mentre Frau Merkel e il Bundestag
no. A contribuire al disastro annunciato della Germania, insiste Zoffi, è poi il suo quadro demografico squilibrato: è lo Stato con meno nascite al mondo.
L’altra falla aperta è rappresentata da un mercato del lavoro ormai
composto per un quarto da precari (tra part-time, stagisti e mini-job).
Ne consegue una distribuzione dei redditi sempre più squilibrata: nel
2011 il 10% della popolazione deteneva il 66% della ricchezza contro il
44% del 1970. Per non parlare delle grane del sistema del credito: le banche
tedesche, sebbene tutte promosse ai recenti esami patrimoniali della
Bce (ma Berlino ha ottenuto di esentare le problematiche casse di
risparmio e le “landesbank”) da un lato «contano debiti complessivi per
8.000 miliardi di euro» (raccolta alla clientela, prestiti di varia
natura e obbligazioni), e dall’altro – e questo sembra il problema
principe – ci sono «impieghi in asset di qualità sovente discutibile:
Abs, derivati, prestiti alle banche
greche e spagnole». In pratica, avrebbero investito male (e con una
certa dose di pericolo) il denaro raccolto: «Deutsche Bank assomiglia a
un grande hedge fund», dice Zoffi.
L’imprenditore italiano sottolinea di essere tornato a investire sulle imprese dello Stivale all’apice della crisi,
sfruttando i saldi provocati dallo sferzare dello spread. «Insomma –
scrive Restelli – da uomo d’affari è convinto di aver fatto bene a
credere nell’Italia: stima che le sue attività (il gruppo Ors,
specializzato nel Big Data, la tenuta vitivinicola in Monferrato Noceto Michelotti
e l’azienda friulana di insaccati di selvaggina Bertolini Wild, insieme
alle potenzialità di sviluppo del portale Gourmitaly) abbiano oggi un
valore potenziale di 50 milioni. «La Germania
– chiosa Zoffi – resta però un esempio per la penisola sotto molti
altri aspetti fondamentali, sia per la qualità di vita dei cittadini,
sia per la buona riuscita di un’impresa: a partire da un apparato
pubblico-burocratico e da un sistema della giustizia che funzionano a
dovere».
Lo stesso Zoffi è anche esponente del Movimento Roosevelt, fondato da
Gioele Magaldi. Dalla sua analisi, scrive il vicepresidente Marco Moiso
sul blog del movimento, emerge come, dal punto di vista del debito, la Germania
sia “messa peggio” del Bel Paese. «Eppure – scrive Moiso – questa non
deve assolutamente essere l’occasione per puntarle il dito contro»,
chiedendo anche ai tedeschi di «sottomettersi alla cura venefica
dell’austerità, in nome di un miope e mal riposto senso di riscatto». Al
contrario: meglio se anche in Germania si aprissero gli occhi, scoprendo cosa significano le ricette del neoliberismo. «La sconfitta della democrazia
tedesca – in un contesto internazionale in cui la sovranità delle
democrazie stesse viene progressivamente rimpiazzata dall’econocrazia
neoliberista – significherebbe la vittoria di quei poteri apolidi che
supportano il neoliberismo e hanno interesse nello svuotare le
istituzioni pubbliche di democrazia
sostanziale, in nome del mantenimento del valore assoluto del denaro da
loro accumulato». Lo choc dei conti truccati? Ottima cura, se serve a
tornare alla sovranità popolare, in ogni paese Ue.
Missione impossibile? Si domanda Moiso: «È pronto, il popolo tedesco, a
lottare insieme agli altri popoli europei contro l’econocrazia
neoliberista e a favore di democrazia e politiche monetarie ed economiche sviluppate nell’interesse del popolo europeo sovrano?».
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sabato 27 ottobre 2018
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