Siamo alle solite, ci si scandalizza tanto
per l’uso delle sostanze doping – sia nello sport professionistico che
in quello amatoriale – e non ci si rende conto, o si fa finta di non
sapere, che l’utilizzo di tali sostanze è largamente diffuso da
moltissimi anni.
Una particolare attenzione va osservata, nei giovani e
giovanissimi, per l’uso di integratori e erbe, o piante, medicinali su
cui ho lunga e concreta esperienza. Non è mio solito parlare di ciò che
ho fatto, per questo mi scuso con i lettori, ma è opportuno anche
precisare che chi scrive ha una lunghissima pratica ed esperienza nel
mondo dello sport (Calcio, Kendo); è stato medico del calcio femminile,
del basket, ha curato molti atleti di primo piano nell’atletica leggera
ed è stato medico della Lega Nazionale Dilettanti, nonché esperto di
antidoping. Nel 1999, mi recai a Torino dal giudice Raffaele Guariniello
per una deposizione spontanea (ben recepita) sul doping.
Detto questo, per non essere classificato come
“tuttologo”, torno a dire che non vi sono dubbi sull’evoluzione e sulla
globalizzazione del commercio, gestito da mafie e criminalità
organizzata, di sostanze e farmaci adoperati illecitamente a scopo
doping. Un enorme traffico e “spaccio” che, a livello mondiale,
coinvolgerebbe tutti i settori della società.
E’ un’”industria”, quella del doping, che oltre a
lavorare in proprio le sostanze, si avvale anche delle più avanzate
tecnologie e ricerche medico-scientifiche ufficiali, come ad esempio
quella sull’uso di elementi genetici e/o cellulari. Genetica e genomica
(branca della genetica che ha per oggetto lo studio comparativo del
genoma) non vengono dunque solo adoperate la cura di molte malattie, ma
anche per incrementare le prestazioni sportive.
Le vecchie pratiche però resistono e si aggiornano e
così si continuano a utilizzare metodi per aumentare il trasporto
dell’ossigeno, l’autoemotrasfusione. Ormoni e sostanze correlate quali
l’eritropoietina (EPO), continuano ad andare per la maggiore, ma anche
l’ormone della crescita (hGH), il fattore di crescita insulino-simile
(IGF-1), il Meccano Growth Factors (IGF-IEb), le gonatropine (proibite
solo nel sesso maschile), e poi insulina, corticotropine, stimolanti,
glucocorticoidi, beta-bloccanti e altre ancora. Non vanno dimenticate le
cosiddette sostanze mascheranti, non dopanti di per sé ma utilizzate
per “mascherare” un’eventuale assunzione di sostanze vietate.
Tra le “sostanze mascheranti”, i diuretici (in questi
casi non terapeutici) hanno lo scopo di diluire le concentrazioni
urinarie di sostanze vietate, in maniera da non poterle individuare al
controllo antidoping. Sostanze (non diuretiche) spesso usate come
“mascheranti”, a esempio gli inibitori della 5-alfa-reduttasi come la
finasteride: farmaco adoperato per curare l’ipertrofia prostatica
benigna.
Questa classe di sostanze è proibita dalla WADA
(World Antidoping Agency – Agenzia Mondiale Antidoping) perché può, nel
controllo antidoping effettuato sulle urine, impedire la corretta
valutazione della presenza di steroidi anabolizzanti. Ma le sostanze che
ancora creano grande allarme, per la grande diffusione tra i giovani e i
frequentatori di palestre in particolare, sono gli steroidi
anabolizzanti.
Il Journal of German Society of Dermatology
(circa dieci anni fa, nel febbraio 2007) riportava uno studio tedesco
che segnalava l’enorme abuso di anabolizzanti soprattutto nei centri di
fitness, e l’insorgenza di acne, sia di tipo conglobata che fulminante,
ciò mi permette di ricordare il doping delle fotomodelle e dei
fotomodelli.
Fenomeni acneici possono verificarsi in consumatori
di steroidi anabolizzanti, al punto da poter considerare tali forme di
acne come un importante indicatore clinico dell’abuso di questi
steroidi.
Gli steroidi anabolizzanti androgeni rappresentano
ancora le sostanze dopanti maggiormente adoperate (vengono anche ideati e
sintetizzati nuovi steroidi che non vengono individuati all’analisi
antidoping) per aumentare la forza e la massa muscolare e, in alcuni
sport, per un migliore recupero e per avere una più alta capacità nel
sostenere i carichi di lavoro dell’allenamento.
Per quanto riguarda le forme tumorali, l’utilizzo a
scopo doping dell’ormone della crescita, e alti livelli del suo
mediatore (insuline-like growth factor-1, che inibisce l’apoptosi), è
stato associato al tumore del colon, del seno e della prostata. Recenti
studi hanno poi trovato che l’eritropoietina può favorire sia
l’angiogenesi (cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni) che inibire
l’apoptosi (morte cellulare programmata), o modulare la
chemo-o-radiosensività nelle cellule cancerose.
L’eritropoietina ricombinante (quella di sintesi e
non prodotta dall’organismo) aumenta l’ossigenazione dei tessuti
potrebbe quindi favorire la sopravvivenza dei tumori e la loro
aggressività.
Una notizia “curiosa”, secondo quanto riporta la rivista Sports Medicine
(la notizia non è nuova, è del 2007) vi è stata una prevalenza di asma
tra gli atleti di elite (diffusa in particolare tra gli atleti di sport
invernali) rispetto alla popolazione normale. Sappiamo che tra le
sostanze proibite vi sono i beta 2 agonisti adoperati come
antiasmatici; tra queste però fanno eccezione, se somministrate per
brevi terapie, inalatori, formeterolo, terbutalina, salmeterolo e
salbutamolo. Quest’ultimo però, se presente in concentrazione superiore
ai 1000 mg/ml, viene considerato doping, salvo che l’atleta non dimostri
che tale valore sia conseguenza di terapia inalatoria effettuata.
Attualmente si pensa al Passaporto Endocrinologico,
per gli atleti sia di èlite che amatoriali, che ha un duplice scopo:
quello di non essere solamente e semplicemente finalizzato alla caccia
del doping e alla pratica illecita dell’uso dell’ormone della crescita,
ma anche di acquisire informazioni e dati sullo stato di benessere
dell’atleta.
Tutto questo è stato già affermato dal compianto e
stimato professor Eugenio Muller, che era ordinario di Farmacologia alla
Università degli Studi di Milano. “Questo test, – disse Muller –
infatti, potrebbe essere ripetuto nel tempo permettendo così di valutare
lo stato di salute della persona ed eventualmente anche di stabilire
una serie di parametri correlati alla funzione dell’ormone somatotropo
in grado quindi di fornire informazioni sullo stato di buona salute
dell’atleta sia di èlite che amatoriale. E’ importante la salvaguardia
della persona che fa sport mirando al suo benessere fisico”.
Per quanto riguarda poi l’uso dell’ormone della
crescita nella pratica doping e sulle difficoltà di individuazione:
“L’ormone può essere dosato radioimmunologicamente nel plasma, ha una
vita brevissima con una permanenza nel sangue molto breve, inoltre le
concentrazioni dell’ormone nel sangue fluttuano spontaneamente e possono
raggiungere anche livelli molto elevati, soprattutto nelle donne,
questo perché il GH è un ormone la cui secrezione è pulsatoria.
Lo stesso esercizio fisico, inoltre, aumenta la
produzione di ormone e rappresenta uno stimolo alla secrezione
dell’ormone endogeno (cioè quello prodotto dall’organismo) rendendo così
difficile discriminare tra quello prodotto naturalmente dall’ipofisi e
quello eventualmente assunto come sostanza dopante.
L’ormone che viene ipoteticamente assunto dall’atleta
per via esogena è praticamente identico a quello che l’atleta stesso
produce; sono quindi quasi indistinguibili e l’ormone assunto
dall’esterno si mimetizza con quello prodotto dal nostro organismo, il
dato quantitativo inoltre non è di grande aiuto”. Situazione questa di
estrema delicatezza, e oggetto di un vivace dibattito; il professor
Muller all’epoca concluse: “Sulla base di queste considerazioni appare
razionale una ricerca che porti alla individuazione di parametri
endocrini la cui valutazione comparata con quelle delle condizioni di
base possa diminuire sensibilmente i margini di incertezza relativi a
una diagnosi differenziale tra una secrezione spontanea aumentata di GH e
l’assunzione esogena impropria a fini dopanti dell’ormone in modo da
giungere a una diagnosi differenziale e ridurre i margini di incertezza
relativa tra una spontanea ipersecrezione di questo ormone e la
somministrazione esogena, o impropria, a fini dopanti”.
Il GH, o somatotropina, è un ormone che influenza il
metabolismo degli zuccheri, stimola la sintesi delle proteine e aumenta
la distruzione dei grassi, favorisce la crescita. E’ secreto in una
parte del cervello, l’ipofisi anteriore (nelle cellule somatotrope)
sotto il controllo di due fattori: a) growth hormone-releasing (GRH ad
attività stimolante); b) somatostatina ad attività inibente.
Adoperato nella terapia medica per i bambini con un
ritardo dell’accrescimento, ad esempio il nanismo ipofisario, il GH
aumenta la massa muscolare, la forza. Attualmente è adoperato quello
ottenuto con la tecnica del DNA ricombinante che permette di preparare
ormoni di struttura identica a quella umana; molto pericoloso è quello
proveniente da cadaveri che può provocare quella grave sindrome
neurologica chiamata Creutzfeld-Jakob (“mucca pazza”).
L’uso dunque di sostanze farmacologiche adoperate
illecitamente per migliorare una prestazione atletica, o per
“mascherare” il loro utilizzo, non ha mai cessato di esistere. L’ormone
della crescita prodotto dall’organismo è infatti indistinguibile da
quello introdotto a scopo doping, è perciò un’opportunità il “passaporto
endocrinologico” che permetterà di scovare una eventuale assunzione
dell’ormone della crescita a scopo non terapeutico bensì dopante.
Tale passaporto, sia per atleti di èlite che
amatoriali, dovrà avere lo scopo di acquisire informazioni sullo stato
di salute dell’atleta; attualmente invece non va avanti, a parte qualche
caso, il passaporto biologico dell’atleta, in special modo, per il
calcio.
Per quanto riguarda questo sport infatti c’è
solamente una “dichiarazione d’intenti” a favore di una serie di
controlli ematici, che andrebbero fatti a sorpresa, per il passaporto
biologico. E’ quello che, in pratica, ha fatto il giudice Raffaele
Guariniello, con il processo alla Juventus.
Il “passaporto biologico” (riconosciuto da ben 25
sport) che, come già detto, ha il suo fondamento nei controlli a
sorpresa, avrebbe la funzione di stigmatizzare, come una sorta di
fotografia, ogni atleta nei suoi parametri fondamentali, determinando la
variabilità per ogni atleta che verrebbe fermato se i propri valori
risultassero alterati.
Se pensiamo al calciatore, e gli atleti in genere,
sia d’èlite che amatoriali, sono vittime e propri carnefici al tempo
stesso (più o meno consapevolmente) nella ricerca e nel bisogno di una
sempre maggiore “produttività atletica”. Tutto ciò porta alla
utilizzazione (o alla sottomissione) del doping, a un uso indiscriminato
di sostanze farmacologiche.
Il nodo sta nell’incrementare le prestazioni
atletiche attraverso l’utilizzo illecito di farmaci, del doping, per
soddisfare non tanto i “propri bisogni” quanto quelli di un sistema
oramai commercializzato, come nel calcio, gestito come una vera e
propria industria. Pensare all’antidoping non vuol dire, però, solo
repressione e controlli (il controllato non può essere controllore),
bensì giocare d’anticipo, educare e proporre una diversa cultura della
società e dello sport, soprattutto tra i giovani e nelle scuole.
Va costruita una vera alternativa a una società
dopata come è la nostra, ove il medico (e qui la questione
morale-giudiziaria di molti medici sportivi va aperta) torni a essere
medico con caratteristiche etiche, quindi morali, degne di una società
civile. E’ opportuno ricordare che gli Stati Uniti (esiste una ricca
documentazione) hanno coperto, per moltissimi anni, gli atleti dopati;
il cosiddetto “doping di stato”, presente anche nel nostro paese, non
coinvolgeva solamente l’Unione Sovietica o i paesi dell’est, ma era ben
radicato anche tra le amministrazioni statunitensi.
I Top gun americani inoltre, quelli che hanno
bombardato l’Afhganistan e l’Iraq, si rendevano “più efficenti e
impavidi” grazie all’uso delle “Go Pills”: pillole a base di Dexdrina,
un’amfetamina usata anche per combattere la stanchezza. Nel rientrare
alla base, poi, per placare la furia guerresca non c’era di meglio delle
“No Go Pills”: compresse a base di sedativi; e così di continuo, in un
ritmo incessante. Sembrerebbe perfetto, la quadratura del cerchio,
peccato però che alcune volte i Top Gun, sotto l’effetto di troppe “Go
Pills”, bombardavano un banchetto nunziale o quant’altro si muoveva
sotto il loro occhi senza rendersi conto di cosa stavano colpendo.
Attualmente (Aerospace Medicine, Blog, Flight Medicine, Military Aviation Medicine 2014) gli Stati Uniti ed altre nazioni usano moderni stimolanti per migliorare la “Performance” nei combattimenti.
Anche questo è Doping di stato!
Se pensiamo agli Stati Uniti tanto per fare qualche
esempio ricordo che il doping genetico era già conosciuto più di 15 anni
fa (ricordo l’esperimento con il famoso topo-Schwarzenegger), e
l’endocrinologo Robert Kerr – nel lontano 1984 – dichiarò subito dopo le
Oimpiadi di Los Angeles che un gran numero di atleti statunitensi si
erano sottoposti a pratiche dopanti.
Più recentemente (2014) – ma la questione è ben più
antica – è venuto alla ribalta il Repoxygen per una terapia genica che
può essere utilizzata nel doping genetico. Il Repoxygen, originariamente
sviluppato per trattare l’anemia, in pratica consiste in un segmento di
DNA che stimola la sintesi di eritropoietina. Ne vengono aumentati il
numero dei Globuli Rossi, viene aumentata la capacità di trasportare
ossigeno e questo migliora, nell’atleta la capacità aerobica.
Tornando in casa nostra, come non ricordare in Italia
la nota vicenda “Francesco Conconi”, medico italiano che è stato
rettore all’Università di Ferrara nonché direttore del Centro Studi
Biomedici Applicati allo Sport.
Da WIKIPEDIA: “Nel 2003, Conconi, insieme ai
collaboratori Ilario Casoni e Giovanni Grazzi, è stato riconosciuto
colpevole dei reati legati al doping con sentenza n. 533-2003 del
Tribunale di Ferrara, depositata il 16 febbraio 2004; il tribunale ha
dichiarato di non doversi procedere nei confronti degli imputati solo
per intervenuta prescrizione, riconoscendone comunque la colpevolezza
fino alla data del 9 agosto 1995. Conconi e i suoi collaboratori sono
stati assolti non sussistendo alcuna colpa, limitatamente ai fatti
successivi al 9 agosto 1995… Il numero degli atleti i cui dati sono
inseriti nel file DBLAB è tuttavia notevolmente maggiore (470 secondo
quanto riportato dalla sentenza del Tribunale di Ferrara).”
Anni fa fece molto discutere la proposta della
Federazione Britannica di Atletica Leggera, in seguito fatta propria
dalla Federazione Europea, di ripartire da zero annullando tutti i
record di atletica. Nel 2006 il Financial Times avanzò la proposta di fare due tipi di Olimpiadi, una per gli atleti dopati un’altra per quelli che non si dopavano.
A tutt’oggi il problema del doping, con un enorme
traffico e “spaccio” a livello mondiale, coinvolgerebbe circa 15,5
milioni di persone, in tutti i settori della società.
L’Agenzia Mondiale Antidoping (AMA-WADA) ha inserito
il doping genetico, noto da tempo, nella lista delle sostanze e dei
metodi proibiti, definendolo come “uso non terapeutico di cellule, geni
ed elementi genetici o della modulazione dell’espressione genetica, con
capacità di aumentare le prestazioni atletiche” (AMA-WADA, 2008).
L’ACE-011 è una sostanza farmacologica, frutto di un
raffinato processo biotecnologico, nata negli Stati Uniti con la
speranza che si possa concretamente utilizzare per l’osteoporosi, ma
anche per i tumori ossei e alcune forme anemiche molto gravi dove
l’unica terapia effettiva, e definitiva, sarebbe il trapianto di midollo
osseo.
Questo composto agirebbe anche sul meccanismo di
produzione dei globuli rossi; si tratta, quindi, di una sostanza
farmacologica molto importante ma che, per le sue caratteristiche sulla
produzione dei globuli rossi, risulterebbe molto più efficiente e
rapida, nell’organismo umano, dell’eritropoietina, il famoso EPO.
Questa sostanza, nei fatti, è un doping di tipo
genetico e tecnologico molto più complicato da rilevare; con
l’attuazione però del passaporto biologico questo tipo di doping si
potrebbe scoprire. Quello che è importante sapere che l’industria del
Doping è già avanti di molti passi rispetto a chi cerca di scoprirlo.
Per mascherare il doping a base di testosterone e sostanze affini, gli atleti potrebbero bere del tè verde o bianco, in questo modo non verrebbero scoperti; lo hanno affermato dei ricercatori della Kingston University di Londra prima delle ultime olimpiadi.
Per mascherare il doping a base di testosterone e sostanze affini, gli atleti potrebbero bere del tè verde o bianco, in questo modo non verrebbero scoperti; lo hanno affermato dei ricercatori della Kingston University di Londra prima delle ultime olimpiadi.
Le catechine, sostanze presenti nel tè verde e in
quello bianco (non in quello nero), possono infatti “mascherare” il
testosterone quando è in eccesso e “bloccare” gli enzimi che
contrassegnano le molecole per l’escrezione.
Lo studio mostra che le catechine disattivano un
enzima che controlla la produzione del testosterone glucuronide e così,
consumando tè verde o bianco, il testosterone viene bloccato, e non
viene escreto adeguatamente con le urine. Alla ricerca antidoping il
risultato è la negatività.
La cosa migliore da fare in questo caso non è il test
delle urine, ma quello del sangue degli atleti. Il tè bianco deriva
dalle gemme apicali prima che schiudono, della Camelia sinensis, che,
per prevenire l’ossidazione, vengono lasciate essiccare al sole. Il nome
“tè bianco” deriva dalla sottile peluria bianco-argentata che ricopre i
germogli e dà, alla pianta un aspetto biancastro e il tè è di un color
giallo pallido.
C’è molto altro da dire e noi lo diremo.
Prof. Roberto Suozzi
Medico chirurgo
Specialista in Farmacologia Clinica e Medicina dello Spo
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