mercoledì 3 agosto 2016

Tempo di Olimpiadi, tempo di ipocrisia sul doping

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Siamo alle solite, ci si scandalizza tanto per l’uso delle sostanze doping – sia nello sport professionistico che in quello amatoriale – e non ci si rende conto, o si fa finta di non sapere, che l’utilizzo di tali sostanze è largamente diffuso da moltissimi anni.

Una particolare attenzione va osservata, nei giovani e giovanissimi, per l’uso di integratori e erbe, o piante, medicinali su cui ho lunga e concreta esperienza. Non è mio solito parlare di ciò che ho fatto, per questo mi scuso con i lettori, ma è opportuno anche precisare che chi scrive ha una lunghissima pratica ed esperienza nel mondo dello sport (Calcio, Kendo); è stato medico del calcio femminile, del basket, ha curato molti atleti di primo piano nell’atletica leggera ed è stato medico della Lega Nazionale Dilettanti, nonché esperto di antidoping. Nel 1999, mi recai a Torino dal giudice Raffaele Guariniello per una deposizione spontanea (ben recepita) sul doping.
Detto questo, per non essere classificato come “tuttologo”, torno a dire che non vi sono dubbi sull’evoluzione e sulla globalizzazione del commercio, gestito da mafie e criminalità organizzata, di sostanze e farmaci adoperati illecitamente a scopo doping. Un enorme traffico e “spaccio” che, a livello mondiale, coinvolgerebbe tutti i settori della società.
E’ un’”industria”, quella del doping, che oltre a lavorare in proprio le sostanze, si avvale anche delle più avanzate tecnologie e ricerche medico-scientifiche ufficiali, come ad esempio quella sull’uso di elementi genetici e/o cellulari. Genetica e genomica (branca della genetica che ha per oggetto lo studio comparativo del genoma) non vengono dunque solo adoperate la cura di molte malattie, ma anche per incrementare le prestazioni sportive.
Le vecchie pratiche però resistono e si aggiornano e così si continuano a utilizzare metodi per aumentare il trasporto dell’ossigeno, l’autoemotrasfusione. Ormoni e sostanze correlate quali l’eritropoietina (EPO), continuano ad andare per la maggiore, ma anche l’ormone della crescita (hGH), il fattore di crescita insulino-simile (IGF-1), il Meccano Growth Factors (IGF-IEb), le gonatropine (proibite solo nel sesso maschile), e poi insulina, corticotropine, stimolanti, glucocorticoidi, beta-bloccanti e altre ancora. Non vanno dimenticate le cosiddette sostanze mascheranti, non dopanti di per sé ma utilizzate per “mascherare” un’eventuale assunzione di sostanze vietate.
Tra le “sostanze mascheranti”, i diuretici (in questi casi non terapeutici) hanno lo scopo di diluire le concentrazioni urinarie di sostanze vietate, in maniera da non poterle individuare al controllo antidoping. Sostanze (non diuretiche) spesso usate come “mascheranti”, a esempio gli inibitori della 5-alfa-reduttasi come la finasteride: farmaco adoperato per curare l’ipertrofia prostatica benigna.
Questa classe di sostanze è proibita dalla WADA (World Antidoping Agency – Agenzia Mondiale Antidoping) perché può, nel controllo antidoping effettuato sulle urine, impedire la corretta valutazione della presenza di steroidi anabolizzanti. Ma le sostanze che ancora creano grande allarme, per la grande diffusione tra i giovani e i frequentatori di palestre in particolare, sono gli steroidi anabolizzanti.
Il Journal of German Society of Dermatology (circa dieci anni fa, nel febbraio 2007) riportava uno studio tedesco che segnalava l’enorme abuso di anabolizzanti soprattutto nei centri di fitness, e l’insorgenza di acne, sia di tipo conglobata che fulminante, ciò mi permette di ricordare il doping delle fotomodelle e dei fotomodelli.
Fenomeni acneici possono verificarsi in consumatori di steroidi anabolizzanti, al punto da poter considerare tali forme di acne come un importante indicatore clinico dell’abuso di questi steroidi.
Gli steroidi anabolizzanti androgeni rappresentano ancora le sostanze dopanti maggiormente adoperate (vengono anche ideati e sintetizzati nuovi steroidi che non vengono individuati all’analisi antidoping) per aumentare la forza e la massa muscolare e, in alcuni sport, per un migliore recupero e per avere una più alta capacità nel sostenere i carichi di lavoro dell’allenamento.
Per quanto riguarda le forme tumorali, l’utilizzo a scopo doping dell’ormone della crescita, e alti livelli del suo mediatore (insuline-like growth factor-1, che inibisce l’apoptosi), è stato associato al tumore del colon, del seno e della prostata. Recenti studi hanno poi trovato che l’eritropoietina può favorire sia l’angiogenesi (cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni) che inibire l’apoptosi (morte cellulare programmata), o modulare la chemo-o-radiosensività nelle cellule cancerose.
L’eritropoietina ricombinante (quella di sintesi e non prodotta dall’organismo) aumenta l’ossigenazione dei tessuti potrebbe quindi favorire la sopravvivenza dei tumori e la loro aggressività.
Una notizia “curiosa”, secondo quanto riporta la rivista Sports Medicine (la notizia non è nuova, è del 2007) vi è stata una prevalenza di asma tra gli atleti di elite (diffusa in particolare tra gli atleti di sport invernali) rispetto alla popolazione normale. Sappiamo che tra le sostanze proibite vi sono i beta 2 agonisti adoperati come antiasmatici; tra queste però fanno eccezione, se somministrate per brevi terapie, inalatori, formeterolo, terbutalina, salmeterolo e salbutamolo. Quest’ultimo però, se presente in concentrazione superiore ai 1000 mg/ml, viene considerato doping, salvo che l’atleta non dimostri che tale valore sia conseguenza di terapia inalatoria effettuata.
Attualmente si pensa al Passaporto Endocrinologico, per gli atleti sia di èlite che amatoriali, che ha un duplice scopo: quello di non essere solamente e semplicemente finalizzato alla caccia del doping e alla pratica illecita dell’uso dell’ormone della crescita, ma anche di acquisire informazioni e dati sullo stato di benessere dell’atleta.
Tutto questo è stato già affermato dal compianto e stimato professor Eugenio Muller, che era ordinario di Farmacologia alla Università degli Studi di Milano. “Questo test, – disse Muller – infatti, potrebbe essere ripetuto nel tempo permettendo così di valutare lo stato di salute della persona ed eventualmente anche di stabilire una serie di parametri correlati alla funzione dell’ormone somatotropo in grado quindi di fornire informazioni sullo stato di buona salute dell’atleta sia di èlite che amatoriale. E’ importante la salvaguardia della persona che fa sport mirando al suo benessere fisico”.
Per quanto riguarda poi l’uso dell’ormone della crescita nella pratica doping e sulle difficoltà di individuazione: “L’ormone può essere dosato radioimmunologicamente nel plasma, ha una vita brevissima con una permanenza nel sangue molto breve, inoltre le concentrazioni dell’ormone nel sangue fluttuano spontaneamente e possono raggiungere anche livelli molto elevati, soprattutto nelle donne, questo perché il GH è un ormone la cui secrezione è pulsatoria.
Lo stesso esercizio fisico, inoltre, aumenta la produzione di ormone e rappresenta uno stimolo alla secrezione dell’ormone endogeno (cioè quello prodotto dall’organismo) rendendo così difficile discriminare tra quello prodotto naturalmente dall’ipofisi e quello eventualmente assunto come sostanza dopante.
L’ormone che viene ipoteticamente assunto dall’atleta per via esogena è praticamente identico a quello che l’atleta stesso produce; sono quindi quasi indistinguibili e l’ormone assunto dall’esterno si mimetizza con quello prodotto dal nostro organismo, il dato quantitativo inoltre non è di grande aiuto”. Situazione questa di estrema delicatezza, e oggetto di un vivace dibattito; il professor Muller all’epoca concluse: “Sulla base di queste considerazioni appare razionale una ricerca che porti alla individuazione di parametri endocrini la cui valutazione comparata con quelle delle condizioni di base possa diminuire sensibilmente i margini di incertezza relativi a una diagnosi differenziale tra una secrezione spontanea aumentata di GH e l’assunzione esogena impropria a fini dopanti dell’ormone in modo da giungere a una diagnosi differenziale e ridurre i margini di incertezza relativa tra una spontanea ipersecrezione di questo ormone e la somministrazione esogena, o impropria, a fini dopanti”.
Il GH, o somatotropina, è un ormone che influenza il metabolismo degli zuccheri, stimola la sintesi delle proteine e aumenta la distruzione dei grassi, favorisce la crescita. E’ secreto in una parte del cervello, l’ipofisi anteriore (nelle cellule somatotrope) sotto il controllo di due fattori: a) growth hormone-releasing (GRH ad attività stimolante); b) somatostatina ad attività inibente.
Adoperato nella terapia medica per i bambini con un ritardo dell’accrescimento, ad esempio il nanismo ipofisario, il GH aumenta la massa muscolare, la forza. Attualmente è adoperato quello ottenuto con la tecnica del DNA ricombinante che permette di preparare ormoni di struttura identica a quella umana; molto pericoloso è quello proveniente da cadaveri che può provocare quella grave sindrome neurologica chiamata Creutzfeld-Jakob (“mucca pazza”).
L’uso dunque di sostanze farmacologiche adoperate illecitamente per migliorare una prestazione atletica, o per “mascherare” il loro utilizzo, non ha mai cessato di esistere. L’ormone della crescita prodotto dall’organismo è infatti indistinguibile da quello introdotto a scopo doping, è perciò un’opportunità il “passaporto endocrinologico” che permetterà di scovare una eventuale assunzione dell’ormone della crescita a scopo non terapeutico bensì dopante.
Tale passaporto, sia per atleti di èlite che amatoriali, dovrà avere lo scopo di acquisire informazioni sullo stato di salute dell’atleta; attualmente invece non va avanti, a parte qualche caso, il passaporto biologico dell’atleta, in special modo, per il calcio.
Per quanto riguarda questo sport infatti c’è solamente una “dichiarazione d’intenti” a favore di una serie di controlli ematici, che andrebbero fatti a sorpresa, per il passaporto biologico. E’ quello che, in pratica, ha fatto il giudice Raffaele Guariniello, con il processo alla Juventus.
Il “passaporto biologico” (riconosciuto da ben 25 sport) che, come già detto, ha il suo fondamento nei controlli a sorpresa, avrebbe la funzione di stigmatizzare, come una sorta di fotografia, ogni atleta nei suoi parametri fondamentali, determinando la variabilità per ogni atleta che verrebbe fermato se i propri valori risultassero alterati.
Se pensiamo al calciatore, e gli atleti in genere, sia d’èlite che amatoriali, sono vittime e propri carnefici al tempo stesso (più o meno consapevolmente) nella ricerca e nel bisogno di una sempre maggiore “produttività atletica”. Tutto ciò porta alla utilizzazione (o alla sottomissione) del doping, a un uso indiscriminato di sostanze farmacologiche.
Il nodo sta nell’incrementare le prestazioni atletiche attraverso l’utilizzo illecito di farmaci, del doping, per soddisfare non tanto i “propri bisogni” quanto quelli di un sistema oramai commercializzato, come nel calcio, gestito come una vera e propria industria. Pensare all’antidoping non vuol dire, però, solo repressione e controlli (il controllato non può essere controllore), bensì giocare d’anticipo, educare e proporre una diversa cultura della società e dello sport, soprattutto tra i giovani e nelle scuole.
Va costruita una vera alternativa a una società dopata come è la nostra, ove il medico (e qui la questione morale-giudiziaria di molti medici sportivi va aperta) torni a essere medico con caratteristiche etiche, quindi morali, degne di una società civile. E’ opportuno ricordare che gli Stati Uniti (esiste una ricca documentazione) hanno coperto, per moltissimi anni, gli atleti dopati; il cosiddetto “doping di stato”, presente anche nel nostro paese, non coinvolgeva solamente l’Unione Sovietica o i paesi dell’est, ma era ben radicato anche tra le amministrazioni statunitensi.
I Top gun americani inoltre, quelli che hanno bombardato l’Afhganistan e l’Iraq, si rendevano “più efficenti e impavidi” grazie all’uso delle “Go Pills”: pillole a base di Dexdrina, un’amfetamina usata anche per combattere la stanchezza. Nel rientrare alla base, poi, per placare la furia guerresca non c’era di meglio delle “No Go Pills”: compresse a base di sedativi; e così di continuo, in un ritmo incessante. Sembrerebbe perfetto, la quadratura del cerchio, peccato però che alcune volte i Top Gun, sotto l’effetto di troppe “Go Pills”, bombardavano un banchetto nunziale o quant’altro si muoveva sotto il loro occhi senza rendersi conto di cosa stavano colpendo. Attualmente (Aerospace Medicine, Blog, Flight Medicine, Military Aviation Medicine 2014) gli Stati Uniti ed altre nazioni usano moderni stimolanti per migliorare la “Performance” nei combattimenti.
Anche questo è Doping di stato!
Se pensiamo agli Stati Uniti tanto per fare qualche esempio ricordo che il doping genetico era già conosciuto più di 15 anni fa (ricordo l’esperimento con il famoso topo-Schwarzenegger), e l’endocrinologo Robert Kerr – nel lontano 1984 – dichiarò subito dopo le Oimpiadi di Los Angeles che un gran numero di atleti statunitensi si erano sottoposti a pratiche dopanti.
Più recentemente (2014) – ma la questione è ben più antica – è venuto alla ribalta il Repoxygen per una terapia genica che può essere utilizzata nel doping genetico. Il Repoxygen, originariamente sviluppato per trattare l’anemia, in pratica consiste in un segmento di DNA che stimola la sintesi di eritropoietina. Ne vengono aumentati il numero dei Globuli Rossi, viene aumentata la capacità di trasportare ossigeno e questo migliora, nell’atleta la capacità aerobica.
Tornando in casa nostra, come non ricordare in Italia la nota vicenda “Francesco Conconi”, medico italiano che è stato rettore all’Università di Ferrara nonché direttore del Centro Studi Biomedici Applicati allo Sport.
Da WIKIPEDIA: “Nel 2003, Conconi, insieme ai collaboratori Ilario Casoni e Giovanni Grazzi, è stato riconosciuto colpevole dei reati legati al doping con sentenza n. 533-2003 del Tribunale di Ferrara, depositata il 16 febbraio 2004; il tribunale ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti degli imputati solo per intervenuta prescrizione, riconoscendone comunque la colpevolezza fino alla data del 9 agosto 1995. Conconi e i suoi collaboratori sono stati assolti non sussistendo alcuna colpa, limitatamente ai fatti successivi al 9 agosto 1995… Il numero degli atleti i cui dati sono inseriti nel file DBLAB è tuttavia notevolmente maggiore (470 secondo quanto riportato dalla sentenza del Tribunale di Ferrara).”
Anni fa fece molto discutere la proposta della Federazione Britannica di Atletica Leggera, in seguito fatta propria dalla Federazione Europea, di ripartire da zero annullando tutti i record di atletica. Nel 2006 il Financial Times avanzò la proposta di fare due tipi di Olimpiadi, una per gli atleti dopati un’altra per quelli che non si dopavano.
A tutt’oggi il problema del doping, con un enorme traffico e “spaccio” a livello mondiale, coinvolgerebbe circa 15,5 milioni di persone, in tutti i settori della società.
L’Agenzia Mondiale Antidoping (AMA-WADA) ha inserito il doping genetico, noto da tempo, nella lista delle sostanze e dei metodi proibiti, definendolo come “uso non terapeutico di cellule, geni ed elementi genetici o della modulazione dell’espressione genetica, con capacità di aumentare le prestazioni atletiche” (AMA-WADA, 2008).
L’ACE-011 è una sostanza farmacologica, frutto di un raffinato processo biotecnologico, nata negli Stati Uniti con la speranza che si possa concretamente utilizzare per l’osteoporosi, ma anche per i tumori ossei e alcune forme anemiche molto gravi dove l’unica terapia effettiva, e definitiva, sarebbe il trapianto di midollo osseo.
Questo composto agirebbe anche sul meccanismo di produzione dei globuli rossi; si tratta, quindi, di una sostanza farmacologica molto importante ma che, per le sue caratteristiche sulla produzione dei globuli rossi, risulterebbe molto più efficiente e rapida, nell’organismo umano, dell’eritropoietina, il famoso EPO.
Questa sostanza, nei fatti, è un doping di tipo genetico e tecnologico molto più complicato da rilevare; con l’attuazione però del passaporto biologico questo tipo di doping si potrebbe scoprire. Quello che è importante sapere che l’industria del Doping è già avanti di molti passi rispetto a chi cerca di scoprirlo.
Per mascherare il doping a base di testosterone e sostanze affini, gli atleti potrebbero bere del tè verde o bianco, in questo modo non verrebbero scoperti; lo hanno affermato dei ricercatori della Kingston University di Londra prima delle ultime olimpiadi.
Le catechine, sostanze presenti nel tè verde e in quello bianco (non in quello nero), possono infatti “mascherare” il testosterone quando è in eccesso e “bloccare” gli enzimi che contrassegnano le molecole per l’escrezione.
Lo studio mostra che le catechine disattivano un enzima che controlla la produzione del testosterone glucuronide e così, consumando tè verde o bianco, il testosterone viene bloccato, e non viene escreto adeguatamente con le urine. Alla ricerca antidoping il risultato è la negatività.
La cosa migliore da fare in questo caso non è il test delle urine, ma quello del sangue degli atleti. Il tè bianco deriva dalle gemme apicali prima che schiudono, della Camelia sinensis, che, per prevenire l’ossidazione, vengono lasciate essiccare al sole. Il nome “tè bianco” deriva dalla sottile peluria bianco-argentata che ricopre i germogli e dà, alla pianta un aspetto biancastro e il tè è di un color giallo pallido.
C’è molto altro da dire e noi lo diremo.
Prof. Roberto Suozzi
Medico chirurgo
Specialista in Farmacologia Clinica e Medicina dello Spo

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