Di Valeria Uva
La riforma degli appalti è al sesto punto dei dieci di cui si compone il
decreto Sblocca-Italia che il Governo si appresta a varare venerdì. L'intervento
sul Codice dei contratti è uno dei tasselli messi in campo da Renzi insieme alla
manovra sulle infrastrutture (con 30 miliardi di opere da rimettere in moto
anche attraverso semplificazioni) e a quella sui piccoli cantieri (il piano dei
6mila campanili e le oltre 1.400 segnalazioni arrivate direttamente dai sindaci
su lavori fermi).
Ma la riforma del Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture non avrà il sapore della novità. Al contrario, per le imprese che
negoziano con la pubblica amministrazione rischia di essere un film già visto.
Molte volte. Già perché il Codice dei contratti pubblici (il Dlgs 163/2006),
vecchio di soli otto anni, ha subìto finora 223 interventi, una media di oltre
due al mese per tutti i cento mesi di vita del provvedimento.
Quando fu varato il decreto 163 nel 2006 fu salutato come strumento di grande
innovazione proprio perché accorpava in un Testo unico tutte le norme per i
contratti pubblici. L'illusione di stabilità è durata poco: a colpi di decreti
legge di somma urgenza, leggi di stabilità e leggine varie il Codice è sì
rimasto unico ma è stato riscritto e ritoccato appunto 223 volte (si veda la
scheda a fianco). Senza contare, poi, le altre norme che senza andare a incidere
direttamente sul decreto 163 hanno avuto comunque un impatto sulla materia:
dalla trasparenza per la Pa al nuovo codice antimafia, all'anticorruzione tanto
per citare un esempio.
Obiettivi diversi.
Tutti i quattro Governi che si sono succeduti in questo arco di tempo hanno
voluto sperimentare la propria ricetta per i contratti pubblici. Con obiettivi
anche molto diversi tra loro. La riforma più corposa è quella a firma
Berlusconi–Tremonti–Matteoli del 2011: il decreto sviluppo infatti conteneva
oltre 100 modifiche del Codice. La spinta, soprattutto nelle intenzioni di
Tremonti, era quella ad arginare il vorticoso aumento dei costi delle grandi
opere. Si spiegano così i tetti imposti alle varianti in corso d'opera e alle
riserve contabili, ovvero alle richieste di aumenti avanzate dai
costruttori.
Sempre al 2011 risale il primo e più sostanzioso intervento sulla norma più
tormentata del Codice appalti: l'articolo 38 sulle cause di esclusione dalle
gare. Soltanto con il Dl sviluppo ha subìto 18 modifiche. Certo, l'importanza è
centrale, perché è la norma che allarga o restringe il perimetro dei concorrenti
e dunque il mercato.
E forse è proprio per questo che l'articolo 38 è rimasto in balia delle
urgenze e delle pressioni del momento: dopo la riscrittura datata maggio 2011 si
è avvertita di nuovo l'esigenza di un ritocco sei mesi dopo per aprire alle Pmi
(Statuto imprese) e il mese successivo per l'autocertificazione (legge di
stabilità). A febbraio 2012, in nome della semplificazione, anche Monti ha
voluto lasciare un piccolo segno, rendendo più flessibile la sanzione
dell'esclusione dalle gare con il Dl "semplifica-Italia". Tutto qui? No di
certo. L'ultima puntata (per ora) porta la data del 18 agosto scorso, quando la
legge di conversione del Dl 90/2014 ha reso sanabili alcuni errori formali nella
documentazione. Per chi avesse perso il conto, in tutto fanno 22 modifiche. Nate
con l'intento di semplificare e agevolare la partecipazione agli appalti, ma
impossibili da "digerire" con facilità per qualsiasi operatore.
Ed è sempre la semplificazione, insieme con il sostegno ai capitali privati
per le infrastrutture, la chiave di volta delle modifiche targate Monti. Il
primo obiettivo è basato soprattutto sulla banca dati dei contratti pubblici
(Avcpass), che doveva eliminare alle imprese l'onere di documentare i requisiti
di gara, ma che tra farraginosità, ritardi e cancellazione dell'Authority non è
ancora partita. Project bond, riforma della finanza di progetto e
defiscalizzazione degli investimenti privati, poi, sono l'eredità dell'ex
ministro banchiere, Corrado Passera. Letta si è distinto invece per la
solidarietà alle aziende in crisi di liquidità, con alcuni ammorbidimenti
procedurali.
Lo sblocca-Italia
Ora tocca a Renzi che ha annunciato l'ennesima riforma del Codice degli
appalti («con delega legislativa»), presentando le linee guida dello
Sblocca-Italia. Finora il suo Governo è intervenuto solo sull'Authority di
settore, prima rafforzandone i compiti di vigilanza sulla spesa (Dl Irpef) e due
mesi dopo cancellandola. Ora il ridisegno dovrebbe essere più organico. Dalla
sua, stavolta, il premier ha il fatto che le modifiche sono necessarie per
recepire, entro il 2016, l'ulteriore tornata di direttive europee sugli
appalti. |
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