lunedì 23 novembre 2020

Ritornano gli euromissili nucleari di Manlio Dinucci

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 La crisi degli euromissili, che dominò la politica europea alla fine degli anni Settanta, sta per ripetersi? È quanto sta preparando, con ogni evidenza, il Pentagono, a prescindere da chi sarà l’inquilino della Casa Bianca.

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San Giorgio che sconfigge il drago. La scultura è stata realizzata con frammenti di missili nucleari SS-20 sovietici e Pershing americani.

Oltre cinque anni fa titolammo sul Manifesto (9 giugno 2015) «Ritornano i missili a Comiso?». Tale ipotesi fu ignorata dall’intero arco politico e liquidata da sedicenti esperti come «allarmistica». L’allarme, purtroppo, era fondato. Pochi giorni fa, il 6 novembre, la Lockheed Martin (la stessa che produce gli F-35) ha firmato un primo contratto da 340 milioni di dollari con lo US Army per la produzione di missili a medio raggio, anche a testata nucleare, progettati per essere installati in Europa. I missili di tale categoria (con base a terra e gittata tra 500 e 5500 km) erano stati proibiti dal Trattato Inf, firmato nel 1987 dai presidenti Gorbaciov e Reagan: esso aveva eliminato i missili balistici nucleari Pershing 2, schierati dagli Stati uniti in Germania Occidentale, e quelli nucleari da crociera Tomahawk, schierati dagli Stati uniti in Italia (a Comiso), Gran Bretagna, Germania Occidentale, Belgio e Olanda, e allo stesso tempo i missili balistici SS-20 schierati dall’Unione Sovietica sul proprio territorio.

Nel 2014, l’amministrazione Obama accusava la Russia, senza alcuna prova, di aver sperimentato un missile da crociera (sigla 9M729) della categoria proibita dal Trattato e, nel 2015, annunciava che «di fronte alla violazione del Trattato Inf da parte della Russia, gli Stati uniti stanno considerando lo spiegamento in Europa di missili con base a terra». Il testimone è quindi passato all’amministrazione Trump, che nel 2019 ha deciso il ritiro degli Stati uniti dal Trattato Inf, accusando la Russia di averlo «deliberatamente violato». Dopo alcuni test missilistici, è stata incaricata la Lockheed Martin di realizzare un missile da crociera derivato dal Tomahawk e uno balistico derivato dallo SM-6 della Raytheon. Secondo il contratto, i due missili saranno operativi nel 2023: quindi pronti tra due anni ad essere installati in Europa.

Va tenuto presente il fattore geografico: mentre un missile balistico nucleare Usa a medio raggio, lanciato dall’Europa, può colpire Mosca dopo pochi minuti, un analogo missile lanciato dalla Russia può colpire le capitali europee, ma non Washington. Rovesciando lo scenario, è come se la Russia schierasse missili nucleari a medio raggio in Messico. Va inoltre tenuto presente che lo SM-6, specifica la Raytheon, svolge la funzione di «tre missili in uno»: antiaerea, anti-missile e di attacco. Il missile nucleare derivato dallo SM-6 potrà quindi essere usato dalle navi e installazioni terrestri dello «scudo» Usa in Europa i cui tubi di lancio, specifica la Lockheed Martin, possono lanciare «missili per tutte le missioni». In una dichiarazione del 26 ottobre 2020, il presidente Putin riafferma la validità del Trattato Inf, definendo un «grave errore«» il ritiro statunitense, e l’impegno della Russia a non schierare missili analoghi finché gli Usa non schiereranno i loro a ridosso del suo territorio.

Propone quindi ai paesi Nato una «reciproca moratoria» e «reciproche misure di verifica», ossia ispezioni nelle reciproche installazioni missilistiche. La proposta russa è stata ignorata dalla Nato. Il suo segretario generale Jens Stoltenberg ha ribadito, il 10 novembre, che «in un mondo così incerto, le armi nucleari continuano a svolgere un ruolo vitale nella preservazione della pace». Nessuna voce si è levata dai governi e parlamenti europei, pur rischiando l’Europa di trovarsi in prima linea in un confronto nucleare analogo o più pericoloso di quello della guerra fredda. Ma questa non à la minaccia del Covid e quindi non se ne parla. L’Unione Europea, di cui 21 dei 27 membri fanno parte della Nato, ha già fatto sentire la sua voce quando, nel 2018, ha bocciato alle Nazioni Unite la risoluzione presentata dalla Russia sulla «Preservazione e osservanza del Trattato Inf», dando luce verde alla installazione di nuovi missili nucleari Usa in Europa.

Cambierà qualcosa una volta che Joe Biden si sarà insediato alla Casa Bianca? Oppure, dopo che il democratico Obama ha aperto il nuovo confronto nucleare con la Russia e il repubblicano Trump lo ha aggravato stracciando il Trattato Inf, il democratico Biden (già vice di Obama) firmerà l’installazione dei nuovi missili nucleari Usa in Europa?

Fonte
Il Manifesto (Italia)

 

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