mercoledì 25 novembre 2020

Inversioni: da Togliatti, attraverso il ’68, Berlinguer, Bertinotti, fino al “manifesto” e alla “sinistra” di complemento ----- VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE

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 Inversioni: da Togliatti, attraverso il ’68, Berlinguer, Bertinotti, fino al “manifesto” e alla “sinistra” di complemento


VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE


https://www.youtube.com/watch?v=0w2NjpxxQAU

“Il modo più sicuro per corrompere un giovane è istruirlo a stimare di più coloro che la pensano alla stessa maniera, piuttosto che quelli che la pensano diversamente” (Friedrich Nietzsche)
 


Un gran numero di coloro che si adoperano per cause di sinistra sono non soltanto vili, ma al limite della collusione. Vorrebbero che i cambiamenti fossero gentili, ma non lo sono. Vorrebbero che la decenza si avverasse senza che nessuno debba soffrire, o subire guai, ma non succede. E, soprattutto, vorrebbero dare ai nemici del buon governo il beneficio del dubbio, ma io non glielo do. Non è solo una differenza di approccio, è una totale spaccatura tra le relative filosofie. Non puoi rivelare verità, nella speranza che questa non turbi la cena di qualcuno” (Julian Assange)

Chiedo subito scusa al grandissimo Celine per aver assegnato a una modesta didascalia il titolo di uno dei suoi capolavori.

In questa intervista fattami dagli amici del validissimo sito “comedonchisciotte”, ripercorro, a volo d’uccello cattivo, oltre mezzo secolo di itinerario della Sinistra. Di quella PCI, del ‘68, riformista, rientrata, OGM e finta che fosse. Credo che la fenomenologia antropologica, morale, teorica e pratica di una Sinistra, sempre più tra virgolette, possa contribuire a spiegarci cosa sia successo man mano che la Storia procedeva e la Sinistra ci riprovava, o arretrava, dalla svolta di Salerno di Togliatti, con il piombo di Yalta sulle spalle, passando per la lotta partigiana, la “lunga marcia attraverso le istituzioni”, l’antagonismo del decennio ’68-’77, le sue intuizioni e innovazioni teorico-pratiche del marxismo, alla feroce repressione dello Stato delle stragi e successivi ripiegamenti e tradimenti, fino a una cosa che si chiama sinistra, o centrosinistra, ed è di estrema destra.

Il “manifesto”, che si intitola “quotidiano comunista” e che nasce per sostenere il rivoluzionario Mao contro l’ossificato despota Stalin, ed è in effetti l’house-organ del più retrivo e feroce apparato di potere globale e delle sue strategie di mistificazione, è per me l’epitome di questo processo degenerativo.

Le forze che ontologicamente dovrebbero rappresentare gli interessi e la volontà delle maggioranze deprivate, nello scontro con le élites predatrici e sociopatiche, oggi impegnate in una definitiva vittoria sull’umanità in quanto tale, registra una sconfitta storica. Nel momento della massima e, forse, ultimativa offensiva dei padroni, oggi riqualificati signori del Nuovo Ordine Mondiale, una resistenza o, meglio, la controffensiva della forze che si sottraggono al pensiero unico, sarebbe di un’urgenza vitale. Ma da quella che si definisce ancora con il termine “sinistra” non ci vengono segnali, né di azione, né di coscienza, tanto da far diventare quel termine sinonimo di subalternità, consociativismo, complicità.

Tra quelli che si prenderanno la briga e il tempo di guardare questa chiacchierata vi saranno sicuramente parecchi la cui ostinata incomprensione dei mutamenti occorsi, dei tempi e loro contenuti travisati, degli opportunismi praticati, li riempirà di indignazione e risentimento per le valutazioni fatte. Da altri spero venga una reazione positiva, di confronto, di riesame delle convinzioni, magari di condivisione.

Qui non si tratta di un saggio storico e teorico sui perché e sui protagonisti dell’inversione a U di coloro che pretendevano di guidare nella marcia di emancipazione delle masse. Potendo dire “io c’ero”, data una lunga vita e una varia, ma continua, partecipazione professionale e politica, questa intervista non offre che ricordi, spunti e conclusioni personali, impressionistici.

Per riappropriarci di una visione chiara di quanto è e di quanto occorre nella congiuntura, credo che bisogna rifarsi alle nostre radici, a quelle lontane. A quelle cha scindono nettamente il nostro pensiero, i nostri sentimenti, i nostri propositi e obiettivi, da quelli del dominatore. E, prima ancora, da quelli dei mistificatori travestiti, i pifferai del millenario inganno che vuole trascinarci alla sconfitta e alla morte sotto i vessilli dell’umanitarismo, della compassione, della promessa della salute, una volta spirituale, un’altra fisica, e della vita, a condizione che ci adeguiamo.

Invio questo video dell’intervista fattami dal sito comedonchisciotte, dopo il pandemonio successo con il precedente invio di un mio post sul blog che ha causato un malfunzionamento e il conseguente fastidio di una caterva di risposte a molti che siete nella mia lista di posta. Con l’aiuto del mio webmaster e di alcuni amici, sembra che l’intoppo sia stato superato. Sempre che non si sia trattato di un malevolo intervento esterno.
Se la cosa dovesse ripetersi, con di nuovo risposte che intasino la vostra posta, per favore informatemi. Intanto, di quanto è successo mio malgrado, vi chiedo scusa.
Fulvio
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E questo è il testo di Giuseppe Russo, “comedonchisciotte”, di accompagnamento all’intervista.

“C’è bisogno di parole nuove per definire ciò che siamo”. Intervista a Fulvio Grimaldi


📷Dopo l’ultima intervista a Fulvio Grimaldi che tanto interesse aveva suscitato nel nostro pubblico, abbiamo avuto il piacere di ospitarlo nuovamente sugli schermi del dissenso: questa volta, approfondendo uno spunto emerso nell’incontro precedente, abbiamo parlato della storia della sinistra italiana attraverso una lunga cavalcata a briglia sciolta nel Novecento, nelle sue suggestioni e nei suoi fantasmi.
A proposito di quel “Sessantotto lungo una vita” (dal titolo di una delle sue opere), Fulvio Grimaldi non ci sta a buttare il bambino con l’acqua sporca; da protagonista di quell’esperienza come militante di Lotta Continua, parla di “fratture” che sono riuscite “a sporcare una grande esperienza di popolo” e del ruolo giocato da tanti ambigui personaggi che hanno agito da opportunisti o da cavalli di Troia. Interessante la rievocazione di un episodio in particolare: la scoperta che la tipografia che dava alle stampe il quotidiano Lotta Continua (di cui Fulvio è stato direttore) era di proprietà di tale Robert Cunningham Junior, figlio di un agente Cia di stanza a Roma e legato, a sua volta, al servizio segreto a stelle e strisce.
Passando in rassegna la storia del PCI, Fulvio risale quindi alle origini di quel “tradimento” che si manifesterà attraverso gli “strappi” di Enrico Berlinguer e poi, più compiutamente, con la Bolognina di Occhetto: “la svolta di Salerno” con la quale Togliatti, nell’aprile del ’44, recependo le direttive di Stalin abbandona i propositi rivoluzionari e la pregiudiziale antimonarchica ed entra nel secondo governo Badoglio in qualità di vicepresidente del consiglio. Impietoso è dunque il giudizio sulla strategia della “lunga marcia nelle istituzioni” : “le lunghe marce finiscono nel deserto”. Dopo aver quindi demolito il mito di Enrico Berlinguer, ce n’è anche per Fausto Bertinotti, inchiodato alle sue responsabilità di curatore fallimentare di ciò che restava del movimento e della sensibilità comunista in Italia. Tutte queste vicende hanno rappresentato un trauma, una lacerazione profonda nella coscienza di quello che è stato “il popolo della sinistra”, e da tali esperienze ci si risolleva solo dopo aver accumulato nuove energie e nuova rabbia. Nel XXI secolo il sol dell’avvenire non è dunque tramontato, ma ha cambiato traiettoria: è in America Latina che bisogna guardare per esserne ancora abbagliati. Lo faremo. A risentirci sugli schermi del dissenso.

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