Nei mesi di marzo e aprile, il Governo non poteva che essere difeso: aveva reagito di fronte a un’emergenza così drammatica mettendo in campo ‒ pure in modo non sempre ordinato ‒ la prontezza e la concretezza di misure indispensabili e che hanno trovato il consenso di gran parte della società.
Ora, il giudizio cambia: di fronte al prevedibile e previsto ritorno del contagio, il Governo italiano (come i governi europei) si è trovato impreparato. Almeno tre mesi persi, senza attrezzare tempestivamente il ritorno a scuola, senza potenziare in modo adeguato la sanità (e i suoi servizi territoriali, in particolare) e soprattutto senza organizzarsi per il tracciamento dei contagi e i tamponi, con la visione indecorosa di persone in fila per 8-9 ore davanti ai drive-in e agli ospedali. E, nelle ultime settimane, i DPCM sottoposti a dosi omeopatiche (con sempre qualche misura restrittiva in più) hanno palesato la mancanza di coraggio nell’intervenire tempestivamente con misure drastiche e radicali, senza aspettare l’ultimo momento.
La responsabilità non è solo del Governo. Molti presidenti delle regioni hanno fatto a scaricabarile dicendo tutto e il contrario di tutto, diversi giornali hanno soffiato sul fuoco, l’opposizione è stata solo strumentale e il piccolo caudillo di Confindustria che risponde al nome di Bonomi ha usato la pandemia ‒ contro anche una parte della sua classe imprenditoriale ‒ solo per pura esibizione politica ed estremistica : una vergogna.
Ora, è il momento della responsabilità. Bisogna recuperare il tempo perduto, finché è possibile. Ci sono alcune priorità fondamentali: assunzioni straordinarie di altri 20mila infermieri e medici nei prossimi due mesi, 5mila postazioni di terapia intensiva in più da qui a Natale, e soprattutto l’organizzazione a livello territoriale di un sistema di tracciamento e di tamponi efficace: quello fino ad oggi praticato non è degno di un Paese civile.
E poi il lavoro e l’economia. Bene il blocco dei licenziamenti fino a marzo e i vari “ristori”, ma serve qualcosa di più radicale: un reddito di base straordinario per un anno ‒ oltre il reddito di cittadinanza e quello di emergenza con tutte le condizionalità e farraginosità che conosciamo ‒ per tutti coloro che non hanno un lavoro, che l’hanno perso e che hanno redditi insufficienti: precari, lavoratori poveri, pensionati al minimo. E serve il lavoro. Lo Stato diventi datore di lavoro di ultima istanza: il Governo vari un piano straordinario per l’occupazione per far fronte ai tanti bisogni di questo Paese, che sono tanti, dall’istruzione alla salute, dai servizi sociali alla pubblica amministrazione. Il turn over è bloccato da anni nel lavoro pubblico: abbiamo delle carenze paurose in tante parti dell’amministrazione pubblica. Servono soldi, certo. Usiamo i fondi europei, indebitiamoci, ma perché dobbiamo spendere miliardi di euro nel 2021 per comprare nuove armi? Facciamo una moratoria: stop ai favori all’industria bellica. E poi ognuno deve fare la propria parte, anche i ricchi: si faccia subito ‒ come ha fatto in questi giorni il governo spagnolo ‒ una imposta patrimoniale straordinaria e si facciano pagare più tasse a chi guadagna più di 100mila euro l’anno. Chi ha di più, dia di più.
È ora di imprimere una svolta e non è detto che basti di fronte a una pandemia così diffusa e insidiosa. Ma ora non è il momento dei calcoli politici e dell’incertezza. È l’ora della responsabilità.
L’articolo è tratto dal sito di Sbilanciamoci!, con cui è in atto un accordo di collaborazione
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