Il disegno è di Catia Castellani, insegnante di arte |
Gianni Rodari è un comunista.
Gianni Rodari è un partigiano.
Gianni Rodari è un giornalista.
Mentre leggiamo le sue favole e le sue filastrocche ricordiamoci chi era Gianni Rodari. Ricordiamoci che non cominciò a scrivere per i ragazzi con lo spirito di chi vuole intrattenere. Le sue prime filastrocche le scrive sull’Unità, il giornale del Partito Comunista. Ciò, come scrisse, “in un quotidiano nazionale assai impegnato e socialmente vicino alle classi popolari”.
E in questi suoi primi scritti si chiede seriamente quale sia il nostro rapporto con i racconti. Non è interessato alla morale borghese delle favole, la loro morale che spesso piace tanto alla nostra classe dirigente… si chiama così. Anzi vuole scardinare “la pedagogia delle classi dominanti” che insegnano “le virtù necessarie: l’obbedienza, il risparmio, la capacità di sopportare sacrifici, ecc. Quanto bastava, insomma, perché crescendo restassero lontani, dai sindacati, dalle cooperative operaie”.
Lui è attratto soprattutto dalle fiabe di tradizione, dalle contraddizioni di una scrittura orale che in Italia si stava studiando proprio nei primi anni del dopoguerra grazie all’impulso di Antonio Gramsci, agli studi di De Martino, al lavoro di cesello fatto da Italo Calvino.
In quelle fiabe c’è qualcosa che stiamo perdendo, che cominciamo a non comprendere più. Sì, perché nonostante ci siano tanti che parlano di cultura, di radici, di identità… parole che dovremmo rimettere in discussione, noi non comprendiamo più tante cose che ci appartengono o almeno ci appartenevano fino a un paio di generazioni fa.
Non comprendiamo cosa sia la solidarietà. E ogni volta che ce la troviamo davanti ci viene da pensare: perché quella persona sta facendo del bene a quell’altra? Perché la sta aiutando? Pensiamo: cosa ci guadagna?
Non capiamo il senso del lavoro. Per la maggior parte delle persone è solo una maniera per guadagnare soldi. Non c’è più una sostanziale differenza tra il povero e il ricco. Il povero e il ricco sono entrambi spietati accumulatori di denaro. La sola differenza è che il ricco ne accumula di più e il povero di meno.
Questa cosa Rodari la fa dire alla serva della Befana nel suo racconto La Freccia Azzurra.
La Befana nell’era contemporanea, capitalista, ha un negozio e vende i regali anziché donarli. Così i regali scappano e si vanno a regalare da soli ai bambini poveri che non hanno genitori che glieli possono comprare. Si schierano con le classi subalterne, vivono la lotta di classe dalla parte delle classi subalterne. Fanno la Rivoluzione.
Sarà proprio la serva a consegnare ai giocattoli la lista dei bambini poveri. Lei che, negli anni, tanti anni di ingiustizie, si è segnata i nomi dei bambini che non hanno mai ricevuto regali perché non potevano spendere denaro per comprarli.
Dunque, anche in un mondo dove tutto si compra e si vende…
c’è ancora la cicala… che il suo canto non lo vende… lo regala!
La cicala
Chiedo scusa alla favola antica
se non mi piace l’avara formica
io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende…
regala!
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