Secondo vari rappresentanti dei rispettivi Governi del Sud Europa "la linea di credito del Fondo Salva-Stati non serve, abbiamo accesso ai mercati".
Spagna, Portogallo e Grecia dicono No al Mes. Almeno per ora, i tre governi del blocco meridionale Ue - di cui fa parte anche l’Italia - sono dell’idea che non ci siano le condizioni per ricorrere alla nuova linea di credito messa a punto dal Fondo Salva-Stati per affrontare l’emergenza sanitaria del Covid. Il Mes è stato al centro di un lungo negoziato tra i Paesi del Sud e quelli del Nord Europa per inserirlo nel ventaglio degli strumenti da utilizzare contro la crisi economica.
Il compromesso, com’è noto, prevede un prestito massimo del 2% del Pil da impiegare solo per le spese sanitarie dirette o indirette per il coronavirus, ma con una sospensione temporanea - seppur non regolata giuridicamente - delle condizionalità per i Paesi che ne richiedono l’attivazione.
Il Governo italiano è molto diviso al suo interno sul ricorso al Fondo Salva-Stati.
Altrove, dove il dibattito pubblico tocca punte meno drammatiche, non è così. Dare uno sguardo ai Paesi vicini tuttavia può essere utile, dal momento che una eventuale richiesta solitaria di un Paese rischia di consegnare un pessimo messaggio ai mercati sulla sua capacità di finanziarsi autonomamente nell’immediato futuro, il cosiddetto stigma. Il Commissario agli affari economici Paolo Gentiloni, in una intervista alla Stampa, ha convenuto sul fatto che una richiesta di gruppo potrebbe essere un buon segnale.
La Grecia, unico Paese Ue ad avere un debito/Pil superiore all’Italia (per note ragioni) ha fatto sapere ieri che non è interessata al Mes, con il quale ha già in corso un rapporto - in passato non proprio affettuoso - e destinato a durare fino al 2070. Il ministro delle Finanze di Atene Christos Staikouras ha affermato a Skai Tv che la Grecia, della nuova linea di credito pandemica, “attualmente non ha bisogno” in base ai dati economici attuali. Secondo le previsioni economiche di primavera della Commissione Ue, Atene sarà il Paese che subirà il contraccolpo economico più forte per il Covid, con un crollo del Pil del 9,7% nel 2020, superiore persino all’Italia. Ciò non toglie che in futuro possa essere utilizzato, se le condizioni dovessero peggiorare.
Nei giorni scorsi anche Madrid ha fatto sapere che al momento non intende rivolgersi al fondo guidato dal tedesco Klaus Regling. Già il 23 aprile, quando il Consiglio Ue ha approvato l’accordo sul Mes pandemico, la ministra degli Esteri spagnola Arancha González Laya aveva assicurato che la Spagna non aveva intenzione di attivarlo. Il dubbio era nato dopo le parole del premier italiano Giuseppe Conte che, per giustificare il mancato veto al Fondo Salva-Stati durante gli accesi negoziati con il blocco del Nord, disse che così facendo avrebbe fatto “un torto alla Spagna che è interessata”. Sulla questione la ministra dell’Economia Nadia Calvino ha lasciato intendere che al momento non se ne parla: “Noi abbiamo buone condizioni di mercato e finora non abbiamo nessun problema di accesso ai mercati finanziari”, ha detto a Bloomberg Tv. Ha poi aggiunto che comunque ”è bene avere una rete protettiva per i cittadini, la società e i governi contro l’epidemia”. Anche Madrid al momento non si espone sul futuro, ma per il presente l’orientamento è chiaro: non ce n’è bisogno. Eppure, secondo i calcoli di Regling, le casse spagnole potrebbero risparmiare due miliardi in dieci anni. Per la ministra delle Finanze María Jesús Montero è “positivo che esista il Mes, ma in questo momento il Governo trova una buona accoglienza sul mercato del debito”.
Infine il Portogallo. Venerdì scorso il governo di Lisbona ha escluso la possibilità di ricorrere al Mes: “Le linee precauzionali sono destinate ai Paesi che incontrano difficoltà finanziarie sui mercati e il Portogallo, a causa degli aggiustamenti fatti negli anni passati, in questo momento ce l’ha, regolare e anche abbastanza favorevole. Ora, quindi, non sembra che l’attivazione di una linea di credito del Mes abbia senso”, ha affermato Ricardo Mourinho Félix, viceministro e segretario di Stato alle Finanze.
Insomma, “può essere utilizzato in situazione di necessità, ma non è questo il caso”.
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