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27 MAG - Gentile Direttore,
fin dall’inizio della pandemia i genitori e gli operatori dei servizi
per l’infanzia si sono preoccupati di quanto i bambini sarebbero stati
affetti dall’infezione da Covid-19. Su questo punto i dati sono ormai
consolidati e coerenti tra i diversi studi effettuati, in Paesi diversi e
da diversi gruppi di ricerca: i bambini si ammalano molto poco; e
quando lo fanno, le manifestazioni cliniche sono lievi. Le eccezioni
sono poche, per lo più limitate a manifestazioni infiammatorie scatenate
dal virus, tra le quali la più nota e importante è la vasculite
(malattia simil- Kawasaki) non specifica del Covid-19, ma potenzialmente
scatenata dal Covid-19. Si tratta di una malattia nota e descritta in
Italia fin dai primi anni ’80 e che i pediatri hanno imparato a
riconoscere e trattare.
La seconda preoccupazione è stata quella di sapere fino a che punto i
bambini potevano costituire serbatoio e fonte di contagio. Su questo
punto le evidenze sono meno coerenti, ma ancora piuttosto solide: i
bambini possono albergare il virus, e verosimilmente trasmetterlo, ma la
possibilità di trasmissione è estremamente bassa.
Viceversa, si stanno accumulando le evidenze sui danni collaterali
provocati in bambini dalle conseguenze del lockdown e soprattutto della
chiusura prolungata di servizi educativi e scuole. Per tutti, tranne
quei pochi che possono vantare una buona dotazione tecnologica in casa e
genitori in grado di accompagnarli nelle lezioni e nei compiti, si sta
accumulando un ritardo educativo, che per la maggioranza (secondo Save
the Children e Sant’Egidio, almeno 6 su 10) è molto rilevante, e non può
essere nascosto dietro i pur doverosi sforzi di didattica a distanza.
Al danno educativo si associano manifestazioni di disagio psicologico,
aumentato rischio di violenza subita o assistita, riduzione di qualità
degli apporti alimentari, riduzione dei supporti abilitativi e a volte
strettamente medici per bambini affetti da disabilità o patologie
croniche, naturalmente in stretta relazione con la qualità e offerta
preesistente dei servizi, già carenti in molte parti d’Italia.
Di fronte a questi dati sono necessarie scelte equilibrate, che
minimizzino da una parte il rischio infettivo, sia attivo che passivo, e
dall’altra riducano e prevengano i rilevanti danni, che la scienza ci
dice non sempre reversibili, derivanti dalla prolungata mancanza di
apporti educativi e di tempi adeguati di socializzazione.
Purtroppo, finora, i danni per i bambini (per non parlare dei disagi
per le famiglie) sono stati scotomizzati da una focalizzazione quasi
esclusiva sul rischio di malattia e di contagio. I pediatri sono
portatori di una visione più ampia su salute, sviluppo, assistenza e
benessere dei bambini. Le maggiori riviste e associazioni internazionali
pediatriche continuano a ribadire in modo inequivocabile che il rischio
di contagio per e da parte dei bambini è molto basso, mentre il rischio
di compromissione di aspetti cognitivi, emotivi e relazionali
conseguenti alla prolungata chiusura delle scuole è molto alto. Si sono
enfatizzati i rischi di contagio derivanti dalla riapertura delle scuole
e dei nidi, senza tener conto che i bambini lasciati a casa non ne sono
affatto esenti: al contrario, affidati a parenti o amici o lasciati
soli stanno andando incontro a rischi infettivi senz’altro maggiori di
quelli insiti in situazioni controllate dove gli adulti sono sottoposti a
misure di prevenzione e controllo, dove si seguono regole di
distanziamento, igiene e sanificazione.
Questo squilibrio si è verificato e si verifica in Italia a differenza
di molti altri Paesi europei, dove ci si è preoccupati di assicurare
l’integrità fisica cognitiva ed emotiva dei bambini con una prospettiva
più olistica, comprensiva di tutti gli aspetti.
È quindi urgente cambiare rotta, se si vuole evitare che alla crisi
sanitaria e economica se ne aggiunga una educativa e sociale dalle
conseguenze pesanti per tutti i bambini, e drammatiche per una
consistente minoranza, che già in precedenza viveva situazioni di
difficoltà di apprendimento. Vanno aperti e riaperti sollecitamente
spazi ludici con componenti educative e vanno messe in campo iniziative
specifiche di supporto per i bambini con difficoltà specifiche.
Queste misure non vanno rese impossibili da norme e regole che non sono
sorrette da chiare evidenze e non sostenibili dal punto di vista
organizzativo ed economico, né devono essere rese problematiche da
attribuzioni di responsabilità irragionevoli ad amministratori e
dirigenti. Dal canto loro le autorità amministrative e scolastiche
devono aver chiaro che il rischio zero non esiste, dare alle famiglie
informazioni puntuali, coinvolgerle nell’applicazione delle norme e
consentire loro scelte ragionate.
È tempo di riflettere sui doveri non solo di chi si occupa d’infanzia,
ma della società intera di prendersi cura di bambini e adolescenti come
soggetti di diritti complessi e non procrastinabili, non come mere
pedine di riduttive modellistiche epidemiologiche.
Giorgio Tamburlini
Pediatra, Presidente del Centro per la Salute del Bambino e membro del
Comitato Scientifico dell’International Society for Social Paediatrics
and Child Health
Federico Marchetti
Pediatra, Direttore Dipartimento Salute Donna, Infanzia e Adolescenza, Ravenna
Direttore della Rivista “Medico e Bambino”
Enrico Bertino
Pediatra, Direttore SC Neonatologia dell’Università, Città della Salute e della Scienza di Torino
Giovanna Bestetti
IRIS (Istituto Ricerca Intervento Salute), Milano
Giacomo Biasucci
Pediatra, Direttore Dipartimento Materno Infantile e UOC di Pediatria e Neonatologia, Piacenza
Maurizio Bonati
Direttore, Laboratorio per la Salute Materno Infantile, Dipartimento Salute Pubblica,
Istituto Mario Negri, Milano
Antonella Brunelli
Pediatra, Direttore UO Pediatria e Consultorio Familiare, Cesena
Giovanni Corsello
Pediatra, Direttore Dipartimento di Promozione della Salute
Materno-Infantile, di Medicina Interna e Specialistica di Eccellenza “G.
D’Alessandro”, Università di Palermo
Susanna Esposito
Pediatra, Direttore Clinica Pediatrica, Università di Parma
Franca Fagioli
Pediatra, Direttore Dipartimento Pediatrico, Ospedale Infantile Regina Margherita, Torino
Luigi Gagliardi
Pediatra, Direttore UO Neonatologia e Pediatria, Ospedale Versilia,
Viareggio; Direttore Area Pediatria, AUSL Toscana Nord Ovest, Pisa
Michele Gangemi
Pediatra, Direttore della rivista “Quaderni ACP”
Luigi Greco
Pediatra, Professore Università degli Studi Federico II, Napoli
Marcello Lanari
Pediatra, Direttore Pediatria d'Urgenza e PS pediatrico, Dipartimento
Scienze Mediche e Chirurgiche, Policlinico Universitario Sant'Orsola -
Bologna
Marzia Lazzerini
Pediatra, WHO Collaborating Centre for Maternal and Child Health, Istituto per l’Infanzia Burlo Garofolo, Trieste
Giuseppe Maggiore
Pediatra, Direttore, Dipartimento di Scienze Mediche Università di Ferrara,
Divisione di Epatogastroenterologia e Nutrizione, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma
Antonio Piga
Pediatra, Presidente del Comitato Etico Interaziendale A.O.U. San Luigi
Gonzaga di Orbassano, AA.SS.LL. TO3, TO4, TO5, Dipartimento di Scienze
Cliniche e Biologiche, Università di Torino
Ugo Ramenghi
Pediatra, Direttore Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Torino
Angelo Selicorni
Pediatra, Direttore UOC di Pediatria, Presidio San Fermo, ASST Lariana, Como
Marco Spada
Direttore S.C. Pediatria, Ospedale Infantile Regina Margherita AOU Città della Salute e della Scienza di Torino
Alessandro Ventura
Pediatra, Professore Emerito Pediatria, Università di Trieste
Stefano Vicari
Neuropsichiatra Infantile, Direttore Neuropsichiatria Infantile e della Adolescenza, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma
Giuseppe Zampino
Pediatra, Direttore UOC Pediatria, Fondazione Policlinico Universitario "A. Gemelli" IRCCS - Roma
Federica Zanetto
Pediatra, Presidente Associazione Culturale Pediatri (ACP)
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