Bill Gates è una delle figure dell’establishment
economico mondiale cui è stato dato più spazio nei media riguardo alla
gestione dell’attuale emergenza sanitaria. La sua fondazione è una delle
più esposte riguardo al finanziamento delle ricerche per il vaccino del
Covid-19, tutte dentro le logiche di profitto delle maggiori industrie farmaceutiche.
Una recente inchiesta del “The Guardian”, a firma Daniel Boffey, ha mostrato come anche nell’Unione Europea le Big Pharma
– riunite nella European Federation of Pharmaceutical Industries
(EFPIA) – pochi anni fa abbiano avuto un ruolo di primo piano per
indirizzare la ricerca in campi più lucrosi, rispetto allo sviluppo di
vaccini per epidemie simili all’attuale.
Solo
65 dei progetti dei 400 progetti di ricerca delle 20 maggiori industrie
farmaceutiche al mondo, negli ultimi anni, sono stati dedicati alle
malattie infettive. L’articolo di Boffey mostra “tra le righe” come la partnership pubblico-privata europea della Innovative Medicines Initiative (IMI) sia di fatto strutturalmente impossibilitata a porre al primo posto il valore d’uso della ricerca medica rispetto al valore di scambio
dei prodotti delle aziende farmaceutiche, essendo condizionata nelle
scelte strategiche da “pezzi da Novanta” del settore privato
(GlaxoSmithKline, Novartis, Pfizer, Lilly e Johnson & Johnson, ecc)
che siedono nel board.
Torniamo a Bill Gates e alle implicazioni economiche della corsa per il vaccino.
“La
possibilità di iniziare la ricerca per un vaccino è stata resa
possibile dal fatto che il Chinese Center for Disease Control and
Prevention e la Chinese Accademy of Medical Science, il 10 gennaio di
quest’anno, hanno reso pubbliche le 30.000 lettere “biochimiche” del
codice genetico del virus” scrivevamo il 23 marzo.
“Tra le prime ad essersi interessata alla ricerca del virus, è stata la CEPI. La CEPI (Coalition
for Epidemic Preparadness Innovations) è una partnership
pubblico-privato con sede ad Oslo. nata qualche anno fa al Summit di
Davos. Tra i suoi fondatori vi è la fondazione “caritatevole” The Welcome Trust, fondata negli anni Trenta, da un magnate britannico dell’industria farmaceutica. Al momento è la fondazione economicamente più importante al mondo, in quest’ambito. La principale “concorrente” è la Bill and Melinda Gates Foundation. La
CEPI ha da subito attivato un fondo – cui la banca mondiale ha dedicato
un veicolo di finanziamento di ben 2 miliardi di dollari, che
garantisce i donatori in caso di insuccesso – da svilupparsi in 5 fasi,
che ha attivato collaborazioni con aziende ed università. In
pratica un collettore d’investimenti – tra cui differenti stati della
UE – che ha riversato subito (1 miliardo di dollari) in due gruppi
biotecnologici statunitensi e nell’università australiana di Queensland… Non proprio un gruppo di filantropi…
Vandana
Shiva – nell’intervista che qui abbiamo tradotto, apparsa sulla rivista
francese di informazione on-line indipendente “Bastamag” – ci mostra
come dietro i presunti propositi “filantropici” a fini sanitari si
nasconda un progetto più articolato ed insidioso, un “salto di qualità”
dell’agro-business occidentale e delle aziende che controllano i “big data”, nonché un progetto di geo-ingegneria dal profilo distopico.
Le
parole dell’attivista ed intellettuale indiana costituiscono una
potente “decostruzione” della narrazione di uno dei membri più influenti
della élite mondiale, che a causa dell’opacità del suo operato –
come molti suoi simili, in primis Soros – è oggetto di strampalate
teorie “complottiste” (che distolgono l’attenzione dai veri progetti
messi in campo).
“L’Agribusiness
sta riconfigurando le proprie operazioni estrattive in reti
spazialmente discontinue su territori di diversa scala. Una serie di
‘Repubbliche della soia’ basate sulla subordinazione ad una
multinazionale, ad esempio, ora spadroneggia in Bolivia, Paraguay,
Argentina e Brasile. La
nuova geografia è incarnata dai cambiamenti nelle strutture manageriali
delle aziende: capitalizzazione, subappalti, sostituzioni della catena
di approvvigionamento, leasing e la messa in comune transnazionale dei
terreni. A cavallo dei confini nazionali, questi “paesi delle materie
prime”, inseriti in modo flessibile attraverso le ecologie e i confini
politici, stanno lasciando nuove epidemie lungo la strada.”
Diciamo quindi che le soluzioni proposte complessivamente da Gates e soci sono una cura peggiore del male.
Al cuore dell’intervento della Shiva c’è la questione agraria, tutta interna alla
battaglia che sta investendo a livello mondiale il mondo rurale tra la
visione distopica del capitale e chi vive dei frutti del proprio lavoro
agricolo; cui l’analisi di uno dei dirigenti del “Movimento dei Lavoratori Sem Terra” del Brasile – João Pedro Stedile – dà un contributo fondamentale dall’importante punto di vista del Paese Latino-Americano ma che ha per certi versi valore universale.
Prendiamo a prestito le parole di un’altra attivista ed intellettuale indiana di fama mondiale – Arundhati Roy – per introdurre l’intervista alla Shiva, perché esprime compiutamente anche il nostro punto di vista.
“Le
nostre menti stanno ancora correndo avanti e indietro, desiderando un
ritorno alla “normalità”, cercando di ricucire il futuro al passato e
rifiutando di accogliere la rottura. Ma la rottura esiste.
E nel mezzo di questa terribile disperazione, ci offre la possibilità
di ripensare alla macchina del destino che abbiamo costruito per noi
stessi. Niente può essere peggio di un ritorno alla normalità. Storicamente,
le pandemie hanno forzato l’umanità a rompere col passato e immaginare
il suo mondo di nuovo. Questa non è diversa. È
un portale, un cancello fra un mondo e il prossimo. Possiamo decidere
di passarci attraverso, portando con noi la carcassa dei nostri
pregiudizi e del nostro odio, la nostra avarizia, i nostri dati bancari e
le nostre idee morte, i nostri fiumi morti e i cieli inquinati. O
possiamo attraversarlo leggermente, con un piccolo bagaglio, pronti ad
immaginare un nuovo mondo. E pronti a lottare per questo!”
*****
L’ecologista
indiana, figura di spicco nella lotta contro gli Ogm e la Monsanto, è
molto critica nei confronti del “filantro-capitalismo”, incarnato in
particolare da Bill Gates e dalla sua fondazione. Per lei, questa
generosità disinteressata nasconde una consolidata strategia di dominio.
Intervista.
“Il
filantro-capitalismo… non è certo carità o donazione, ma piuttosto
profitto, controllo e monopolizzazione. È un modello economico di
investimento e un modello politico di controllo che soffoca la
diversità, la democrazia e le alternative e, concedendo aiuti
finanziari, esercita il dominio e porta nuovi mercati e monopoli al
miliardario“.
Così Vandana Shiva definisce il “filantro-capitalismo”, nel suo ultimo libro pubblicato lo scorso autunno, 1%, reprendre le pouvoir face à la toute-puissance des riches
(éd. Rue de l’échiquier, 2019). Questo “filantro-capitalismo” è
simboleggiato da Bill Gates, il secondo uomo più ricco del mondo.
La
sua Bill and Melinda Gates Foundation, il suo principale strumento per
le donazioni, è molto attiva in India. La sua visibilità mediatica di
fronte alla crisi attuale, e i milioni che investe nella ricerca sui
vaccini, ne fanno un bersaglio privilegiato per le teorie cospirative. È
comunque utile interrogarsi e criticare questo nuovo potere che il
fondatore di Microsoft ha acquisito, accanto ad altri miliardari come
Jeff Bezos (Amazon, 1a fortuna mondiale), Mark Zuckerberg (Facebook, 7a
fortuna mondiale) o, in Francia, Bernard Arnault (LVMH, 3a fortuna
mondiale). Un nuovo potere che è ben lungi dall’essere il risultato di
una generosità disinteressata.
Realizzata
prima dell’emergenza di questa pandemia, questa intervista è stata
aggiornata con due domande, pubblicate prima del testo originale, alle
quali Vandana Shiva ha risposto via e-mail il 7 maggio.
*****
Come analizza la crisi di Covid-19? Possiamo parlare di crisi ecologica?
Non
siamo di fronte a una sola crisi. Ci sono tre crisi che si verificano
contemporaneamente: la crisi di Covid-19, la crisi dei mezzi di
sussistenza e, per rimbalzo, la crisi della fame. Sono le conseguenze di
un modello economico neoliberale, basato sul profitto, sull’avidità e
sulla globalizzazione guidata dalle multinazionali. Esiste una base
ecologica per questa situazione: ad esempio, la distruzione delle
foreste e dei loro ecosistemi favorisce l’insorgere di nuove malattie.
Queste
tre crisi portano alla creazione di una nuova classe. Quelli che chiamo
“i lasciati da parte”, sfruttati dal neoliberismo e dall’emergere delle
dittature digitali. Dobbiamo essere consapevoli che l’economia dominata
dall’1% non è al servizio delle persone e della natura.
La
crisi del coronavirus può rafforzare proprio il potere di questi
“signori dell’1%”, i “filantro-capitalisti” come Bill Gates, una figura
centrale del suo libro?
Questa
crisi conferma la mia tesi. Bill Gates sta definendo la sua agenda per
la salute, l’agricoltura, l’istruzione e persino la sorveglianza.
Durante 25 anni di neoliberismo, lo Stato era mutato in uno
Stato-impresa. Ora c’è una trasformazione in uno stato di sorveglianza
sostenuto dal filantrocapitalismo.
Questo
1% vede il 99% come inutile: il loro futuro è un’agricoltura digitale
senza contadini, fabbriche completamente automatizzate senza lavoratori.
In questi tempi di crisi del coronavirus, dobbiamo opporci e immaginare
nuove economie e democrazie basate sulla protezione della terra e
dell’umanità.
Lei
equipara questo controllo a una nuova forma di colonizzazione e chiama
Bill Gates un “Cristoforo Colombo dei giorni nostri”: perché questo
confronto?
Perché
Bill Gates conquista nuovi territori. Questa non è semplicemente
filantropia, nel senso di dare alla collettività, come è sempre stato
nella storia. In realtà sono gli investimenti che gli permettono di
creare mercati in cui ottiene posizioni dominanti.
Nel
capitalismo, ci sono interlocutori che fanno del profitto. Ma con la
filantropia, Bill Gates dà qualche milione, ma finisce per prendere il
controllo di istituzioni o settori che valgono miliardi! Lo vediamo
nella sanità o nell’istruzione, che contribuisce a privatizzare e a
trasformare in autentiche “imprese”.
E’
il caso anche dell’agricoltura, dove Bill Gates usa le tecnologie
digitali come un nuovo modo di introdurre brevetti. La prima generazione
di Ogm, che avrebbero dovuto controllare parassiti ed erbacce, non ha
mantenuto le promesse, ma Bill Gates continua a investire soldi
nell’editing del genoma – come se la vita fosse solo un copia e incolla,
come in Word. Egli spinge per questa tecnica e ha creato una società appositamente per questo, Editas.
Bill Gates vuole giocare a fare il padrone dell’universo, imponendo un solo e unico
modo di fare le cose: un’agricoltura, una scienza, una monocultura, un
monopolio. Questo è anche ciò che sta cercando di fare affrontando il
problema del cambiamento climatico.
In che modo?
Promuove
la sua soluzione: la geoingegneria, che è la modificazione intenzionale
del tempo e del clima. È un’idea stupida, non ecologica e completamente
irresponsabile, perché attacca la luce del sole per fare meccanicamente
il “raffreddamento planetario”. Il problema non è il sole, di cui
abbiamo bisogno, ma i combustibili fossili e il nostro sistema
industriale e agricolo.
Sta
parlando con tutti i capi di stato di geoingegneria. Ricordo il COP 21 a
Parigi nel 2015, dove era in giro. Era incredibile, era sul palco con i
capi di stato, come se fosse il capo di ogni governo. Nei miei 40 anni
di lavoro con le agenzie dell’ONU, non avevo mai visto niente del
genere. È una vera trasformazione.
Direbbe che ora è più potente degli Stati o delle istituzioni internazionali come il FMI o la Banca Mondiale?
È
molto più potente. Quando la Banca Mondiale volle finanziare la diga di
Sardar Sarovar, in India, alla fine degli anni ’80, ci furono proteste e
finì per fare marcia indietro (la diga fu comunque inaugurata nel 2017
da Narendra Modi, grazie ad altri canali di finanziamento, diventando la
seconda diga più grande del mondo, ndr).gm
L’impunità
della Banca Mondiale ha i suoi limiti, non può sfuggire alle sue
responsabilità. Mentre Bill Gates, da parte sua, continua ancora ad
aggirare gli ostacoli. Anche se fallisce in un punto, cercherà di
deregolamentare la porta accanto.
Mi
sono resa conto che quello che eravamo riusciti a fermare in India,
Bill Gates lo ha finanziato per impiantarlo altrove. Come gli Ogm,
ancora una volta: nel 2010, ad esempio, la Monsanto ha cercato di
introdurre una melanzana OGM. L’India è stata una terra di esperimenti
per sviluppare nuove tecnologie distruttive.
Il
Ministro dell’Ambiente aveva organizzato incontri pubblici per scoprire
cosa ne pensavano gli agricoltori, gli scienziati e i consumatori –
dico sempre che questa è la prima volta che un ortaggio è stato oggetto
di un profondo dibattito democratico.
Le
melanzane OGM sono state vietate sulla base di queste consultazioni, ma
Bill Gates ha poi trovato un modo per finanziarle e promuoverle in
Bangladesh. Se sarà approvata in Bangladesh, si riverserà in India
perché è un confine incontrollato.
Ora
sta attaccando l’Africa, dove sta investendo miliardi di dollari per
promuovere una nuova “rivoluzione verde”, con prodotti chimici e Ogm,
costringendo i paesi africani a riscrivere le loro leggi per autorizzare
questi semi.
Come si spiega oggi un tale potere?
Ha
creato e investito 12 milioni di dollari nella Cornell Alliance for
Science, che si presenta come un’istituzione scientifica ma è solo un
organo di comunicazione. Ogni volta che c’è un dibattito, porta dentro
questa “istituzione” che sviluppa una falsa propaganda a favore delle
biotecnologie. Perché è Bill Gates, il New York Times e la CNN ne parleranno e lo faranno loro.
La
filantropia è solo un pretesto per lui: attraverso di essa, egli spinge
i propri interessi e influenza le politiche governative. È un modo
molto intelligente per entrare in gioco senza piegare le regole. Perché
se un’azienda dice a un governo: “Ecco i miei soldi, fate così“, non può funzionare, viene cacciata via.
Bill
Gates, invece, sta giocando con la sua immagine. La gente lo vede
ancora attraverso Microsoft, come un genio e un gigante del computer. Ma
i brillanti ingegneri hanno fatto molto meglio e hanno lottato per
mantenere il software open-source e un Internet aperto, a differenza di
lui.
Bill Gates non è un inventore. Introduce i brevetti, è così che ha costruito il suo impero.
Nel suo libro, lei insiste anche sull’uso della tecnologia e degli algoritmi...
La
tecnologia è stata elevata al rango di religione. Divenne la religione
dell’1%, così come il cristianesimo negli Stati Uniti aveva dato
legittimità all’1% all’epoca per sterminare il 99% dei nativi americani
in nome della “missione civilizzatrice”. Oggi ci sono milioni di persone
che vogliamo “civilizzare” con questi nuovi strumenti di comunicazione o
di pagamento.
Inoltre,
la tecnologia è più di uno strumento. Si tratta di uno strumento di
potere molto potente per raccogliere informazioni che possono poi essere
manipolate per scopi diversi. Utilizzate queste tecnologie
quotidianamente, ma soprattutto sono un modo in più per mettervi sotto
controllo.
Di
nuovo, dietro questa rivoluzione digitale c’è Bill Gates. Ad esempio,
ha avuto un ruolo di primo piano nella smonetizzazione in India! Far
sparire il contante per sviluppare le transazioni digitali è ovviamente
un modo per accelerare la rivoluzione digitale di cui beneficia.
Tuttavia,
così come i brevetti sulle sementi sono un tentativo disonesto di
mettere fuori legge i contadini dichiarando illegale il risparmio di
sementi, la “smonetizzazione” sconvolge direttamente le pratiche
economiche della maggioranza, che rappresentano l’80% dell’economia
reale in India.
È una forma di dittatura tecnologica. In nessuno dei due casi è il risultato di una scelta sovrana del popolo indiano.
E
allo stesso tempo, nelle urne, la gente finisce per votare per i
rappresentanti di questa politica dell’1%, come in India, ad esempio,
dove Narendra Modi è stato comodamente rieletto l’anno scorso. Come se
ci fosse una nuova forma di “servitù volontaria”?
Non
siamo più in una democrazia elettorale onesta, dove la gente vota con
piena conoscenza e consapevolezza della posta in gioco! Oggi gli
algoritmi modellano in gran parte il sistema elettorale.
In
India, in occasione delle ultime elezioni, hanno permesso ad aziende e
privati di fare donazioni anonime a partiti politici. Questo significava
che le più grandi corporazioni del mondo erano in grado di finanziare
le elezioni, che in precedenza erano state illegali.
Di
conseguenza, la stragrande maggioranza di queste donazioni è finita
nelle casse di un solo partito [il BJP di destra nazionalista al
potere]. Le elezioni indiane sono costate più di quelle americane – e
l’India è ancora lontana dall’essere un Paese ricco.
È
impossibile avere una democrazia onesta e funzionante se il popolo non
vota più in modo sovrano. Questa perdita di autonomia, in tutti i
settori, è l’intera questione politica dell’1%.
La
scelta del termine “1%” può sembrare un po’ semplicistica, addirittura
semplicista: perché le sembra oggi una parola d’ordine appropriata?
L’1%
è di per sé un valore approssimativo, parlo soprattutto dei pochi
miliardari che controllano metà delle risorse del pianeta. Questi
miliardi vanno direttamente ai fondi di investimento. Prima, le entità
più grandi erano le corporazioni: Monsanto, Coca-Cola… Oggi sono nani.
Sono di proprietà degli stessi fondi di investimento: BlackRock,
Vanguard, e così via.
In
realtà, c’è un’unica economia, quella dell’1%. Sono loro che stanno
distruggendo. Gli altri, il 99%, sono esclusi. Sono i disoccupati di
oggi e di domani, i contadini sradicati, le donne emarginate, le
popolazioni indigene uccise. Il 99% non è responsabile, sono vittime. E’
l’1% ad essere responsabile dei danni. E nominare questo “1%” significa
formare un “noi” che, insieme, li può ritenere responsabili.
Abbiamo il diritto, il dovere e il potere di farlo. È un invito alla solidarietà e all’azione. Il 99% deve stare in piedi.
* L’intervista originale a cura di Barnabé Binctin e Guillaume Vénétitay, pubblicata il 22 maggio, si trova in https://www.bastamag.net/Vandana-Shiva-fondation-Bill-Gates-philanthropie-capitalisme-neo-colonialisme-covid-Inde
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