mercoledì 27 maggio 2020

Come Bill Gates sta speculando sull’attuale emergenza sanitaria.

Bill Gates è una delle figure dell’establishment economico mondiale cui è stato dato più spazio nei media riguardo alla gestione dell’attuale emergenza sanitaria. La sua fondazione è una delle più esposte riguardo al finanziamento delle ricerche per il vaccino del Covid-19, tutte dentro le logiche di profitto delle maggiori industrie farmaceutiche.

Una recente inchiesta del “The Guardian”, a firma Daniel Boffey,  ha mostrato come anche nell’Unione Europea le Big Pharma – riunite nella European Federation of Pharmaceutical Industries (EFPIA) – pochi anni fa abbiano avuto un ruolo di primo piano per indirizzare la ricerca in campi più lucrosi,  rispetto allo sviluppo di vaccini per epidemie simili all’attuale.
Solo 65 dei progetti dei 400 progetti di ricerca delle 20 maggiori industrie farmaceutiche al mondo, negli ultimi anni, sono stati dedicati alle malattie infettive. L’articolo di Boffey mostra “tra le righe” come la partnership pubblico-privata europea della Innovative Medicines Initiative (IMI) sia di fatto strutturalmente impossibilitata a porre al primo posto il valore d’uso della ricerca medica rispetto al valore di scambio dei prodotti delle aziende farmaceutiche, essendo condizionata nelle scelte strategiche da “pezzi da Novanta” del settore privato (GlaxoSmithKline, Novartis, Pfizer, Lilly e Johnson & Johnson, ecc) che siedono nel board.
Torniamo a Bill Gates e alle implicazioni economiche della corsa per il vaccino.
La possibilità di iniziare la ricerca per un vaccino è stata resa possibile dal fatto che il Chinese Center for Disease Control and Prevention e la Chinese Accademy of Medical Science, il 10 gennaio di quest’anno, hanno reso pubbliche le 30.000 lettere “biochimiche” del codice genetico del virus” scrivevamo il 23 marzo.

Tra le prime ad essersi interessata alla ricerca del virus, è stata la CEPI. La CEPI (Coalition for Epidemic Preparadness Innovations) è una partnership pubblico-privato con sede ad Oslo. nata qualche anno fa al Summit di Davos. Tra i suoi fondatori vi è la fondazione “caritatevole” The Welcome Trust, fondata negli anni Trenta, da un magnate britannico dell’industria farmaceutica. Al momento è la fondazione economicamente più importante al mondo, in quest’ambito. La principale “concorrente” è la Bill and Melinda Gates Foundation. La CEPI ha da subito attivato un fondo – cui la banca mondiale ha dedicato un veicolo di finanziamento di ben 2 miliardi di dollari, che garantisce i donatori in caso di insuccesso –  da svilupparsi in 5 fasi, che ha attivato collaborazioni con aziende ed università. In pratica un collettore d’investimenti – tra cui differenti stati della UE – che ha riversato subito (1 miliardo di dollari) in due gruppi biotecnologici statunitensi e nell’università australiana di Queensland Non proprio un gruppo di filantropi
Vandana Shiva – nell’intervista che qui abbiamo tradotto, apparsa sulla rivista francese di informazione on-line indipendente “Bastamag” – ci mostra come dietro i presunti propositi “filantropici” a fini sanitari si nasconda un progetto più articolato ed insidioso, un “salto di qualità” dell’agro-business occidentale e delle aziende che controllano i “big data”, nonché un progetto di geo-ingegneria dal profilo distopico.
Le parole dell’attivista ed intellettuale indiana costituiscono una potente “decostruzione” della narrazione di uno dei membri più influenti della élite mondiale, che a causa dell’opacità del suo operato – come molti suoi simili, in primis Soros – è oggetto di strampalate teorie “complottiste” (che distolgono l’attenzione dai veri progetti messi in campo).
L’Agribusiness sta riconfigurando le proprie operazioni estrattive in reti spazialmente discontinue su territori di diversa scala. Una serie di ‘Repubbliche della soia’ basate sulla subordinazione ad una multinazionale, ad esempio, ora spadroneggia in Bolivia, Paraguay, Argentina e Brasile. La nuova geografia è incarnata dai cambiamenti nelle strutture manageriali delle aziende: capitalizzazione, subappalti, sostituzioni della catena di approvvigionamento, leasing e la messa in comune transnazionale dei terreni. A cavallo dei confini nazionali, questi “paesi delle materie prime”, inseriti in modo flessibile attraverso le ecologie e i confini politici, stanno lasciando nuove epidemie lungo la strada.”
Diciamo quindi che le soluzioni proposte complessivamente da Gates e soci sono una cura peggiore del male.
Al cuore dell’intervento della Shiva c’è la questione agraria, tutta interna alla battaglia che sta investendo a livello mondiale il mondo rurale tra la visione distopica del capitale e chi vive dei frutti del proprio lavoro agricolo; cui l’analisi di uno dei dirigenti del “Movimento dei Lavoratori Sem Terra” del Brasile – João Pedro Stedile – dà un contributo fondamentale dall’importante punto di vista del Paese Latino-Americano ma che ha per certi versi valore universale.
Prendiamo a prestito le parole di un’altra attivista ed intellettuale indiana di fama mondiale – Arundhati Roy – per introdurre l’intervista alla Shiva, perché esprime compiutamente anche il nostro punto di vista.
Le nostre menti stanno ancora correndo avanti e indietro, desiderando un ritorno alla “normalità”, cercando di ricucire il futuro al passato e rifiutando di accogliere la rottura. Ma la rottura esiste. E nel mezzo di questa terribile disperazione, ci offre la possibilità di ripensare alla macchina del destino che abbiamo costruito per noi stessi. Niente può essere peggio di un ritorno alla normalità. Storicamente, le pandemie hanno forzato l’umanità a rompere col passato e immaginare il suo mondo di nuovo. Questa non è diversa. È un portale, un cancello fra un mondo e il prossimo. Possiamo decidere di passarci attraverso, portando con noi la carcassa dei nostri pregiudizi e del nostro odio, la nostra avarizia, i nostri dati bancari e le nostre idee morte, i nostri fiumi morti e i cieli inquinati. O possiamo attraversarlo leggermente, con un piccolo bagaglio, pronti ad immaginare un nuovo mondo. E pronti a lottare per questo!”
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L’ecologista indiana, figura di spicco nella lotta contro gli Ogm e la Monsanto, è molto critica nei confronti del “filantro-capitalismo”, incarnato in particolare da Bill Gates e dalla sua fondazione. Per lei, questa generosità disinteressata nasconde una consolidata strategia di dominio. Intervista.
Il filantro-capitalismo… non è certo carità o donazione, ma piuttosto profitto, controllo e monopolizzazione. È un modello economico di investimento e un modello politico di controllo che soffoca la diversità, la democrazia e le alternative e, concedendo aiuti finanziari, esercita il dominio e porta nuovi mercati e monopoli al miliardario“.
Così Vandana Shiva definisce il “filantro-capitalismo”, nel suo ultimo libro pubblicato lo scorso autunno, 1%, reprendre le pouvoir face à la toute-puissance des riches (éd. Rue de l’échiquier, 2019). Questo “filantro-capitalismo” è simboleggiato da Bill Gates, il secondo uomo più ricco del mondo.
La sua Bill and Melinda Gates Foundation, il suo principale strumento per le donazioni, è molto attiva in India. La sua visibilità mediatica di fronte alla crisi attuale, e i milioni che investe nella ricerca sui vaccini, ne fanno un bersaglio privilegiato per le teorie cospirative. È comunque utile interrogarsi e criticare questo nuovo potere che il fondatore di Microsoft ha acquisito, accanto ad altri miliardari come Jeff Bezos (Amazon, 1a fortuna mondiale), Mark Zuckerberg (Facebook, 7a fortuna mondiale) o, in Francia, Bernard Arnault (LVMH, 3a fortuna mondiale). Un nuovo potere che è ben lungi dall’essere il risultato di una generosità disinteressata.
Realizzata prima dell’emergenza di questa pandemia, questa intervista è stata aggiornata con due domande, pubblicate prima del testo originale, alle quali Vandana Shiva ha risposto via e-mail il 7 maggio.
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Come analizza la crisi di Covid-19? Possiamo parlare di crisi ecologica?
Non siamo di fronte a una sola crisi. Ci sono tre crisi che si verificano contemporaneamente: la crisi di Covid-19, la crisi dei mezzi di sussistenza e, per rimbalzo, la crisi della fame. Sono le conseguenze di un modello economico neoliberale, basato sul profitto, sull’avidità e sulla globalizzazione guidata dalle multinazionali. Esiste una base ecologica per questa situazione: ad esempio, la distruzione delle foreste e dei loro ecosistemi favorisce l’insorgere di nuove malattie.
Queste tre crisi portano alla creazione di una nuova classe. Quelli che chiamo “i lasciati da parte”, sfruttati dal neoliberismo e dall’emergere delle dittature digitali. Dobbiamo essere consapevoli che l’economia dominata dall’1% non è al servizio delle persone e della natura.
La crisi del coronavirus può rafforzare proprio il potere di questi “signori dell’1%”, i “filantro-capitalisti” come Bill Gates, una figura centrale del suo libro?
Questa crisi conferma la mia tesi. Bill Gates sta definendo la sua agenda per la salute, l’agricoltura, l’istruzione e persino la sorveglianza. Durante 25 anni di neoliberismo, lo Stato era mutato in uno Stato-impresa. Ora c’è una trasformazione in uno stato di sorveglianza sostenuto dal filantrocapitalismo.
Questo 1% vede il 99% come inutile: il loro futuro è un’agricoltura digitale senza contadini, fabbriche completamente automatizzate senza lavoratori. In questi tempi di crisi del coronavirus, dobbiamo opporci e immaginare nuove economie e democrazie basate sulla protezione della terra e dell’umanità.
Lei equipara questo controllo a una nuova forma di colonizzazione e chiama Bill Gates un “Cristoforo Colombo dei giorni nostri”: perché questo confronto?
Perché Bill Gates conquista nuovi territori. Questa non è semplicemente filantropia, nel senso di dare alla collettività, come è sempre stato nella storia. In realtà sono gli investimenti che gli permettono di creare mercati in cui ottiene posizioni dominanti.
Nel capitalismo, ci sono interlocutori che fanno del profitto. Ma con la filantropia, Bill Gates dà qualche milione, ma finisce per prendere il controllo di istituzioni o settori che valgono miliardi! Lo vediamo nella sanità o nell’istruzione, che contribuisce a privatizzare e a trasformare in autentiche “imprese”.
E’ il caso anche dell’agricoltura, dove Bill Gates usa le tecnologie digitali come un nuovo modo di introdurre brevetti. La prima generazione di Ogm, che avrebbero dovuto controllare parassiti ed erbacce, non ha mantenuto le promesse, ma Bill Gates continua a investire soldi nell’editing del genoma – come se la vita fosse solo un copia e incolla, come in Word. Egli spinge per questa tecnica e ha creato una società appositamente per questo, Editas.
Bill Gates vuole giocare a fare il padrone dell’universo, imponendo un solo e unico modo di fare le cose: un’agricoltura, una scienza, una monocultura, un monopolio. Questo è anche ciò che sta cercando di fare affrontando il problema del cambiamento climatico.
In che modo?
Promuove la sua soluzione: la geoingegneria, che è la modificazione intenzionale del tempo e del clima. È un’idea stupida, non ecologica e completamente irresponsabile, perché attacca la luce del sole per fare meccanicamente il “raffreddamento planetario”. Il problema non è il sole, di cui abbiamo bisogno, ma i combustibili fossili e il nostro sistema industriale e agricolo.
Sta parlando con tutti i capi di stato di geoingegneria. Ricordo il COP 21 a Parigi nel 2015, dove era in giro. Era incredibile, era sul palco con i capi di stato, come se fosse il capo di ogni governo. Nei miei 40 anni di lavoro con le agenzie dell’ONU, non avevo mai visto niente del genere. È una vera trasformazione.
Direbbe che ora è più potente degli Stati o delle istituzioni internazionali come il FMI o la Banca Mondiale?
È molto più potente. Quando la Banca Mondiale volle finanziare la diga di Sardar Sarovar, in India, alla fine degli anni ’80, ci furono proteste e finì per fare marcia indietro (la diga fu comunque inaugurata nel 2017 da Narendra Modi, grazie ad altri canali di finanziamento, diventando la seconda diga più grande del mondo, ndr).gm
L’impunità della Banca Mondiale ha i suoi limiti, non può sfuggire alle sue responsabilità. Mentre Bill Gates, da parte sua, continua ancora ad aggirare gli ostacoli. Anche se fallisce in un punto, cercherà di deregolamentare la porta accanto.
Mi sono resa conto che quello che eravamo riusciti a fermare in India, Bill Gates lo ha finanziato per impiantarlo altrove. Come gli Ogm, ancora una volta: nel 2010, ad esempio, la Monsanto ha cercato di introdurre una melanzana OGM. L’India è stata una terra di esperimenti per sviluppare nuove tecnologie distruttive.
Il Ministro dell’Ambiente aveva organizzato incontri pubblici per scoprire cosa ne pensavano gli agricoltori, gli scienziati e i consumatori – dico sempre che questa è la prima volta che un ortaggio è stato oggetto di un profondo dibattito democratico.
Le melanzane OGM sono state vietate sulla base di queste consultazioni, ma Bill Gates ha poi trovato un modo per finanziarle e promuoverle in Bangladesh. Se sarà approvata in Bangladesh, si riverserà in India perché è un confine incontrollato.
Ora sta attaccando l’Africa, dove sta investendo miliardi di dollari per promuovere una nuova “rivoluzione verde”, con prodotti chimici e Ogm, costringendo i paesi africani a riscrivere le loro leggi per autorizzare questi semi.
Come si spiega oggi un tale potere?
Ha creato e investito 12 milioni di dollari nella Cornell Alliance for Science, che si presenta come un’istituzione scientifica ma è solo un organo di comunicazione. Ogni volta che c’è un dibattito, porta dentro questa “istituzione” che sviluppa una falsa propaganda a favore delle biotecnologie. Perché è Bill Gates, il New York Times e la CNN ne parleranno e lo faranno loro.
La filantropia è solo un pretesto per lui: attraverso di essa, egli spinge i propri interessi e influenza le politiche governative. È un modo molto intelligente per entrare in gioco senza piegare le regole. Perché se un’azienda dice a un governo: “Ecco i miei soldi, fate così“, non può funzionare, viene cacciata via.
Bill Gates, invece, sta giocando con la sua immagine. La gente lo vede ancora attraverso Microsoft, come un genio e un gigante del computer. Ma i brillanti ingegneri hanno fatto molto meglio e hanno lottato per mantenere il software open-source e un Internet aperto, a differenza di lui.
Bill Gates non è un inventore. Introduce i brevetti, è così che ha costruito il suo impero.
Nel suo libro, lei insiste anche sull’uso della tecnologia e degli algoritmi...
La tecnologia è stata elevata al rango di religione. Divenne la religione dell’1%, così come il cristianesimo negli Stati Uniti aveva dato legittimità all’1% all’epoca per sterminare il 99% dei nativi americani in nome della “missione civilizzatrice”. Oggi ci sono milioni di persone che vogliamo “civilizzare” con questi nuovi strumenti di comunicazione o di pagamento.
Inoltre, la tecnologia è più di uno strumento. Si tratta di uno strumento di potere molto potente per raccogliere informazioni che possono poi essere manipolate per scopi diversi. Utilizzate queste tecnologie quotidianamente, ma soprattutto sono un modo in più per mettervi sotto controllo.
Di nuovo, dietro questa rivoluzione digitale c’è Bill Gates. Ad esempio, ha avuto un ruolo di primo piano nella smonetizzazione in India! Far sparire il contante per sviluppare le transazioni digitali è ovviamente un modo per accelerare la rivoluzione digitale di cui beneficia.
Tuttavia, così come i brevetti sulle sementi sono un tentativo disonesto di mettere fuori legge i contadini dichiarando illegale il risparmio di sementi, la “smonetizzazione” sconvolge direttamente le pratiche economiche della maggioranza, che rappresentano l’80% dell’economia reale in India.
È una forma di dittatura tecnologica. In nessuno dei due casi è il risultato di una scelta sovrana del popolo indiano.
E allo stesso tempo, nelle urne, la gente finisce per votare per i rappresentanti di questa politica dell’1%, come in India, ad esempio, dove Narendra Modi è stato comodamente rieletto l’anno scorso. Come se ci fosse una nuova forma di “servitù volontaria”?
Non siamo più in una democrazia elettorale onesta, dove la gente vota con piena conoscenza e consapevolezza della posta in gioco! Oggi gli algoritmi modellano in gran parte il sistema elettorale.
In India, in occasione delle ultime elezioni, hanno permesso ad aziende e privati di fare donazioni anonime a partiti politici. Questo significava che le più grandi corporazioni del mondo erano in grado di finanziare le elezioni, che in precedenza erano state illegali.
Di conseguenza, la stragrande maggioranza di queste donazioni è finita nelle casse di un solo partito [il BJP di destra nazionalista al potere]. Le elezioni indiane sono costate più di quelle americane – e l’India è ancora lontana dall’essere un Paese ricco.
È impossibile avere una democrazia onesta e funzionante se il popolo non vota più in modo sovrano. Questa perdita di autonomia, in tutti i settori, è l’intera questione politica dell’1%.
La scelta del termine “1%” può sembrare un po’ semplicistica, addirittura semplicista: perché le sembra oggi una parola d’ordine appropriata?
L’1% è di per sé un valore approssimativo, parlo soprattutto dei pochi miliardari che controllano metà delle risorse del pianeta. Questi miliardi vanno direttamente ai fondi di investimento. Prima, le entità più grandi erano le corporazioni: Monsanto, Coca-Cola… Oggi sono nani. Sono di proprietà degli stessi fondi di investimento: BlackRock, Vanguard, e così via.
In realtà, c’è un’unica economia, quella dell’1%. Sono loro che stanno distruggendo. Gli altri, il 99%, sono esclusi. Sono i disoccupati di oggi e di domani, i contadini sradicati, le donne emarginate, le popolazioni indigene uccise. Il 99% non è responsabile, sono vittime. E’ l’1% ad essere responsabile dei danni. E nominare questo “1%” significa formare un “noi” che, insieme, li può ritenere responsabili.
Abbiamo il diritto, il dovere e il potere di farlo. È un invito alla solidarietà e all’azione. Il 99% deve stare in piedi.
* L’intervista originale a cura di Barnabé Binctin e Guillaume Vénétitay, pubblicata il 22 maggio, si trova in https://www.bastamag.net/Vandana-Shiva-fondation-Bill-Gates-philanthropie-capitalisme-neo-colonialisme-covid-Inde

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