domenica 3 maggio 2020

L’errore (in punto di diritto) di Zagrebelsky – di Giuseppe PALMA

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Premetto di nutrire un profondo e sincero rispetto nei confronti del prof. Gustavo Zagrebelsky, sui cui testi si fonda gran parte della mia formazione giuridica.
Ma quando ho letto l’intervista che l’ex giudice della Corte costituzionale ha rilasciato al FattoQuotidiano, sono balzato dalla sedia.
In punto di diritto, a mio modesto parere, un DPCM non può MAI stabilire i casi in cui limitare la libertà personale, anche se ciò fosse consentito da una legge o da un atto avente forza di legge. Per due motivi:
1) PREMESSA: le limitazioni alla libertà personale sono consentite nei soli casi previsti dall’articolo 13 della Costituzione. In breve: per ordine dell’autorità giudiziaria in sussistenza di una delle tre esigenze cautelari previste dalla legge (in tal caso dal codice di procedura penale), vale a dire il pericolo di fuga, il pericolo di inquinamento delle prove e il pericolo di reiterazione del reato, oltre che in quei casi in cui la legge (sempre il codice di procedura penale) consente l’arresto, con l’obbligo dell’autorità giudiziaria di convalidarlo o meno entro 48 ore dalla comunicazione, pena l’inefficacia dell’arresto stesso. Altri casi sono possibili solo se previsti dalla legge (“riserva di legge assoluta“);

2) LA QUESTIONE: il fatto che una legge (sia essa ordinaria o atto avente forza di legge come ad esempio il decreto-legge) possa delegare al governo di limitare la libertà personale attraverso i DPCM (decreti del presidente del consiglio dei ministri), è – in punto di diritto – un obbrobrio giuridico e costituzionale. Solo la legge, o un atto avente forza di legge (cosiddetta fonte primaria), può prevedere i casi specifici in cui è possibile limitare la libertà personale. Mai un DPCM, che nella scala gerarchica delle fonti del diritto si colloca su di un livello inferiore (fonte secondaria) rispetto alla legge o all’atto avente forza di legge, può stabilire i casi di limitazione della libertà personale, che tra l’altro l’art. 13 della Costituzione definisce addirittura come “inviolabile“. In buona sostanza sola una legge – o un atto avente forza di legge – può tassativamente stabilire i casi (ulteriori e pur sempre provvisori) di limitazione della libertà personale. Non può di certo delegarli ad un decreto del presidente del consiglio dei ministri, che tra l’altro è un atto sottratto non solo al vaglio parlamentare, ma anche a quello del consiglio dei ministri. Se lo facesse, verrebbe meno la previsione della “riserva di legge assoluta” prescritta dall’art. 13 della Costituzione.
Sempre con stima profonda nei confronti del prof. Zagrebelsky.
 Avv. Giuseppe PALMA

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