Il premio Nobel per la letteratura lancia l'allarme con un 'Manifesto' sottoscritto da leader politici come Aznar e Macri, da imprenditori e intellettuali (anche italiani) di ventitré Paesi
La premessa all'appello promosso dallo scrittore peruviano sgombra gli equivoci circa la tragedia sanitaria cui fa fronte il mondo intero: "Noi sottoscritti - si legge - condividiamo la preoccupazione per la pandemia di Covid-19 che ha provocato una grande quantità di contagi e di morte in tutto il mondo, e facciamo giungere la nostra solidarietà alle famiglie colpite dai lutti".
"Mentre gli operatori della sanità pubblica e privata combattono valorosamente contro il coronavirus, molti governi dispongono misure che restringono indefinitamente le libertà e i diritti fondamentali", si afferma nel 'Manifesto'. "Invece di alcune ragionevoli limitazioni alla libertà, in diversi Paesi prevale un confinamento con minime eccezioni, l'impossibilità di lavorare e produrre e la manipolazione delle informazioni", prosegue il documento, fotografando una situazione in cui molti - nel mondo - potranno riconoscere la propria.
Così prosegue il 'Manifesto' della Fondazione, costituita nel 2002 dal Nobel peruviano per difendere e promuovere i principi della democrazia e dello Stato di diritto: "Alcuni governi hanno individuato un'occasione per arrogarsi un potere smisurato. Hanno sospeso lo Stato di diritto e addirittura la democrazia rappresentativa e il sistema giudiziario". Insomma: parlamenti che con il pretesto del contagio da coronavirus non si riuniscono o si riuniscono "a ranghi ridotti", e tribunali civili e penali serrati.
"Nelle dittature del Venezuela, di Cuba e del Nicaragua la pandemia serve di pretesto per accrescere la persecuzione politica e l'oppressione. In Spagna e in Argentina leader con un marcato pregiudizio ideologico pretendono di utilizzare le difficili circostanze per attribuirsi prerogative politiche e economiche che in un'altra situazione la cittadinanza respingerebbe fermamente. In Messico esplode la pressione contro l'impresa privata e si utilizza il 'Gruppo di Puebla' (think tank di indirizzo progressista latinoamericano; ndr) per attaccare i governi di diverso orientamento".
"Su entrambe le sponde dell'Atlantico - si legge ancora nel documento - risorgono lo statalismo, l'interventismo e il populismo con un impeto che fa pensare a un cambio di modello lontano dalla democrazia liberale e dall'economia di mercato".
"Vogliamo esprimere con energia che questa crisi non deve essere fronteggiata sacrificando diritti e libertà che è costato caro conseguire. Respingiamo il falso dilemma che queste circostanze obbligano a scegliere tra l'autoritarismo e l'insicurezza, tra l'Orco Filantropico e la morte".
Tra i firmatari del 'Manifesto' numerosi ex capi di Stato e l'ex primo ministro spagnolo José María Aznar. Vi figurano l'ex presidente dell'Argentina, Mauricio Macri; del Messico, Ernesto Zedillo; della Colombia, Álvaro Uribe Vélez; dell'Uruguay, Luis Alberto Lacalle e Julio María Sanguinetti; di El Salvador, Alfredo Cristiani; del Paraguay, Federico Franco. Numerosi anche i politici, gli imprenditori, gli economisti e gli intellettuali (tra cui il filosofo spagnolo Fernando Savater e lo scrittore Félix de Azúa). Fra gli italiani, il politologo Angelo Panebianco, l'imprenditore Franco Debenedetti, l'artista Massimo Mazzone e Alberto Mingardi dell'Istituto Bruno Leoni.
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