domenica 10 maggio 2020

"Fino a quando non romperemo i luoghi comuni neoliberisti nell'immaginario collettivo non ci sarà pace e giustizia". Il Domenicale di Controlacrisi, a cura di Federico Giusti

http://www.controlacrisi.org

Superati 30 mila morti in Italia da Covid 19, impazzano statistiche e liti sul numero reale dei decessi, la manovra economica di Aprile rinviata per metà Maggio (chi è alla fame puo' attendere), cresce nel paese il bisogno di normalità e con esso la trappola della rimozione.
Il nostro sforzo va in direzione ostinata e contraria ai luoghi comuni della normalità , consapevoli che un colpo di spugna sugli ultimi mesi potrebbe assestare il colpo finale a ogni forma di cambiamento reale.
La conta dei morti e degli ammalati durerà a lungo, l'Inail sarà subissato da cause di lavoro dei contagiati nelle Rsa, nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro.
Chi ha avuto il coraggio, o semplicemente il senso civico, di denunciare l'assenza\carenza di dispositivi di protezione individuali e di reali procedure per evitare i contagi sta pagando la sua scelta con la perdita del posto di lavoro come capitato ad alcuni operatori sanitari.
Presenze indesiderate prima, soggetti a procedimenti disciplinari e poi licenziati o per avere infranto le assurde regole dei codici etici\di comportamento, la repressione efferata contro le avanguardie sindacali e politiche, contro gli indisposti a tacere per quieto vivere.
Governatori delle Regioni, Ministro e Magistratura del lavoro, se avessero un briciolo di rispetto per le innocenti vittime, dovrebbero intervenire direttamente per imporre la riassunzione dei lavoratori licenziati per evitare che nel paese si affermino ignavia e disinteresse per quei valori di equità e giustizia che dovrebbero essere le basi fondanti del vivere in comunità.
Chi si è fatto carico di denunciare la carenza di dpi dovrebbe essere preso ad esempio per una pratica di cittadinanza attiva che per affermarsi deve rompere la gabbia dei codici cosiddetti etici che di etico poi hanno poco o nulla.

Non si tratta solo di disobbedire (un termine spesso abusato e svilito fino alla costruzione di percorsi identitari con ben poca sostanza) alle regole del mercato che impongono subalternità e silenzio alla forza lavoro ma di affermare una pratica di cittadinanza attiva in ogni ambito sociale.
Se non fosse per il coraggio di pochi, oggi non sapremmo come tante morti sarebbero state evitabili se avessimo avuto ospedali attrezzati con piu' posti letto e terapie intensive non ridotte all'osso, se non avessero tagliato, con il silenzio assenso di politica e sindacati, i fondi alla sanità in nome del contenimento dei costi e dell'abbattimento del debito, se avessero perseguito con forza non i manifestanti ma i responsabili di scandali e furti ai danni della collettività.
Temiamo l'ennesimo colpo di spugna dietro al ritorno alla normalità, per questo vogliamo ribadire la centralità di alcune istanze che vanno dalla cancellazione di ogni forma di autonomia (differenziata) regionale su materie socialmente rilevanti come sanità e istruzione fino alla Riforma Costituzionale del 2012 i cui fautori oggi siedono al Governo (e alla opposizione) del paese.
Il pareggio di bilancio è stato introdotto con la Legge Costituzionale del 20 aprile 2012, la famigerata modifica del Titolo V della Costituzione. Sono stati cambiati alcuni articoli della Carta, ad esempio all' Art. 81 viene introdotto il principio dell’equilibrio tra entrate e spese del bilancio (“pareggio di bilancio”), all' Art. 97 si estende a tutte le amministrazioni pubbliche l’obbligo di rispettare l'equilibrio dei bilancio e la cosiddetta sostenibilità del debito pubblico. all' Art. 119 viene subordinata l’autonomia finanziaria degli Enti Locali al rispetto dei vincoli europei.
Non serve il rispetto formale, e mai sostanziale, della Costituzone ma piuttosto costruire la necessità, e l'urgenza, di rompere la gabbia del debito dal Bilancio statale e da quello degli Enti locali, trasformarla in pratica sindacale, politica e sociale.
Urge farlo in fretta senza soppesare le ricadute sulla Ue e su equilibri politici e finanziari che hanno alimentato non solo iniquità e ingiustizie ma ci hanno abituato all'idea che si possa tagliare i fondi alla sanità e all'istruzione, alla manutenzione dei territori.
La banalità dell'assuefazione al pensiero unico neoliberista è a molti nota ma mai sufficientemente combattuta se non in termini analitici senza mai tradurla in termini politici e sociali.
Noi non vogliamo abituarci all'idea che si possa morire su un barcone alla deriva perchè un pacchetto sicurezza impedisce l'attracco nei porti italiani o ritenere morti e infortuni sul lavoro una tragica fatalità.
Fino a quando non romperemo i luoghi comuni neoliberisti nell'immaginario collettivo non ci sarà pace e giustizia. Da qualche parte dovremo partire per la auspicata inversione di tendenza, facciamolo allora dalla cancellazione dell regole inerenti il pareggio di bilancio prima di piangere nuovi morti.

Nessun commento:

Posta un commento