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Superati 30 mila morti in Italia da Covid 19, impazzano statistiche e
liti sul numero reale dei decessi, la manovra economica di Aprile
rinviata per metà Maggio (chi è alla fame puo' attendere), cresce nel
paese il bisogno di normalità e con esso la trappola della rimozione.
Il
nostro sforzo va in direzione ostinata e contraria ai luoghi comuni
della normalità , consapevoli che un colpo di spugna sugli ultimi mesi
potrebbe assestare il colpo finale a ogni forma di cambiamento reale.
La
conta dei morti e degli ammalati durerà a lungo, l'Inail sarà subissato
da cause di lavoro dei contagiati nelle Rsa, nelle fabbriche, nei
luoghi di lavoro.
Chi ha avuto il coraggio, o semplicemente il senso
civico, di denunciare l'assenza\carenza di dispositivi di protezione
individuali e di reali procedure per evitare i contagi sta pagando la
sua scelta con la perdita del posto di lavoro come capitato ad alcuni
operatori sanitari.
Presenze indesiderate prima, soggetti a
procedimenti disciplinari e poi licenziati o per avere infranto le
assurde regole dei codici etici\di comportamento, la repressione
efferata contro le avanguardie sindacali e politiche, contro gli
indisposti a tacere per quieto vivere.
Governatori delle Regioni,
Ministro e Magistratura del lavoro, se avessero un briciolo di rispetto
per le innocenti vittime, dovrebbero intervenire direttamente per
imporre la riassunzione dei lavoratori licenziati per evitare che nel
paese si affermino ignavia e disinteresse per quei valori di equità e
giustizia che dovrebbero essere le basi fondanti del vivere in comunità.
Chi
si è fatto carico di denunciare la carenza di dpi dovrebbe essere preso
ad esempio per una pratica di cittadinanza attiva che per affermarsi
deve rompere la gabbia dei codici cosiddetti etici che di etico poi
hanno poco o nulla.
Non si tratta solo di disobbedire (un termine
spesso abusato e svilito fino alla costruzione di percorsi identitari
con ben poca sostanza) alle regole del mercato che impongono
subalternità e silenzio alla forza lavoro ma di affermare una pratica di
cittadinanza attiva in ogni ambito sociale.
Se non fosse per il
coraggio di pochi, oggi non sapremmo come tante morti sarebbero state
evitabili se avessimo avuto ospedali attrezzati con piu' posti letto e
terapie intensive non ridotte all'osso, se non avessero tagliato, con il
silenzio assenso di politica e sindacati, i fondi alla sanità in nome
del contenimento dei costi e dell'abbattimento del debito, se avessero
perseguito con forza non i manifestanti ma i responsabili di scandali e
furti ai danni della collettività.
Temiamo l'ennesimo colpo di spugna
dietro al ritorno alla normalità, per questo vogliamo ribadire la
centralità di alcune istanze che vanno dalla cancellazione di ogni forma
di autonomia (differenziata) regionale su materie socialmente rilevanti
come sanità e istruzione fino alla Riforma Costituzionale del 2012 i
cui fautori oggi siedono al Governo (e alla opposizione) del paese.
Il
pareggio di bilancio è stato introdotto con la Legge Costituzionale del
20 aprile 2012, la famigerata modifica del Titolo V della Costituzione.
Sono stati cambiati alcuni articoli della Carta, ad esempio all' Art.
81 viene introdotto il principio dell’equilibrio tra entrate e spese del
bilancio (“pareggio di bilancio”), all' Art. 97 si estende a tutte le
amministrazioni pubbliche l’obbligo di rispettare l'equilibrio dei
bilancio e la cosiddetta sostenibilità del debito pubblico. all' Art.
119 viene subordinata l’autonomia finanziaria degli Enti Locali al
rispetto dei vincoli europei.
Non serve il rispetto formale, e mai sostanziale, della Costituzone
ma piuttosto costruire la necessità, e l'urgenza, di rompere la gabbia
del debito dal Bilancio statale e da quello degli Enti locali,
trasformarla in pratica sindacale, politica e sociale.
Urge farlo in fretta senza soppesare le ricadute sulla Ue e su
equilibri politici e finanziari che hanno alimentato non solo iniquità e
ingiustizie ma ci hanno abituato all'idea che si possa tagliare i fondi
alla sanità e all'istruzione, alla manutenzione dei territori.
La banalità dell'assuefazione al pensiero unico neoliberista è a
molti nota ma mai sufficientemente combattuta se non in termini
analitici senza mai tradurla in termini politici e sociali.
Noi non vogliamo abituarci all'idea che si possa morire su un barcone
alla deriva perchè un pacchetto sicurezza impedisce l'attracco nei
porti italiani o ritenere morti e infortuni sul lavoro una tragica
fatalità.
Fino a quando non romperemo i luoghi comuni neoliberisti
nell'immaginario collettivo non ci sarà pace e giustizia. Da qualche
parte dovremo partire per la auspicata inversione di tendenza,
facciamolo allora dalla cancellazione dell regole inerenti il pareggio
di bilancio prima di piangere nuovi morti.
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