https://www.dolcevitaonline.it
Anche se secondo le sezioni penali unite della Cassazione la
coltivazione ad uso personale, se segue determinate regole, non può
essere considerata reato, ciò non significa che da oggi sia legale coltivare cannabis in Italia. A livello legislativo
non è cambiato nulla: la Cassazione ha solo dato una indicazione di
principio e c’è solo un modo in cui si può arrivare alla coltivazione
legale: la politica deve smetterla di sottrarsi alle proprie responsabilità e fare una legge che lo stabilisca.
Chiarito il punto, nelle motivazioni della sentenza di dicembre i giudici si sono espressi così: “Il reato
di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla
quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo
sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la
sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a
maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi escluse,
in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma
penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma
domestica, che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero
di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la
mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del
mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso
personale del coltivatore”.
E’ il cuore della questione e della sentenza pubblicata oggi dalle Sezioni Unite Penali della Cassazione, che fa riferimento al procedimento di dicembre. Il primo commento dell’avvocato Bulleri
è invece stato: “Il criterio della “rudimentalità” viene ribadito ed
assunto quale discrimine per qualificare la condotta penalmente
rilevante. Ma attenzione a non confondere rudimentale con legale”.
Nella sentenza vengono infatti ribadite le “minime dimensioni” e le
“rudimentali tecniche” nella coltivazione di cannabis affinché non si
configuri un reato.
Ad ogni modo, nella sentenza si può leggere che secondo i giudici, alla “coltivazione domestica destinata all’autoconsumo” non si applicano le norme del testo unico sugli stupefacenti
perché “tale disposizione non si riferisce in nessun caso alla
coltivazione, neanche a quella penalmente rilevante”. Nel caso in cui,
continua la Cassazione, “la coltivazione domestica a fini di autoconsumo
produca effettivamente una sostanza stupefacente dotata di efficacia
drogante, le sanzioni amministrative potranno essere applicate al
soggetto agente considerato non come coltivatore, ma come detentore di sostanza destinata a uso personale”.
Un concetto che viene ribadito così: “devono considerarsi lecite la
coltivazione domestica, a fine di autoconsumo, per mancanza di tipicità,
nonché la coltivazione industriale che, all’esito del completo processo
di sviluppo delle piante non produca sostanza stupefacente per mancanza
di offensività in concreto”. Mentre la “detenzione di
sostanza stupefacente esclusivamente destinata al consumo personale,
anche se ottenuta attraverso una coltivazione domestica penalmente
lecita, rimane soggetta al regime sanzionatorio amministrativo”.
Rete per l'Autorganizzazione Popolare - http://campagnano-rap.blogspot.it
Pagine
- Home
- L'associazione - lo Statuto
- Chicche di R@P
- Campagnano info, news e proposte
- Video Consigliati
- Autoproduzione
- TRASHWARE
- Discariche & Rifiuti
- Acqua & Arsenico
- Canapa Sativa
- Raspberry pi
- Beni comuni
- post originali
- @lternative
- e-book streaming
- Economia-Finanza
- R@P-SCEC
- il 68 e il 77
- Acqua
- Decrescita Felice
- ICT
- ECDL
- Download
- हृदय योग सारस
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento