Tra i macigni che pesano sul bilancio del consiglio comunale di Roma, ce n’è uno che merita un certa attenzione: i Punti Verdi Qualità (Pvq).
Progettati da Rutelli ma prosperati come funghi a cavallo tra la giunta
Veltroni e quella Alemanno, sono stati un altro esempio di cessione a
privati di pezzi di territorio comunale per farne “aree verdi
attrezzate” concedendo però ai privati di costruire impianti sportivi
(campi di calcio, calcetto, piscine, palestre) a pagamento. Anche in
quelli migliori, la sproporzione tra i giardinetti pubblici messi a
disposizione della collettività e le cubature e gli spazi dati in
cessione ai privati balza subito agli occhi. Che l’affare sia ghiotto,
lo testimonia la telefonata intercettata tra il grande faccendiere nero
Gennaro Mokbel e il boss della criminalità organizzata del litorale,
Carmine Fasciani. Il primo prospetta al secondo la possibilità di fare
ottimo business proprio sui Punti Verdi Qualità. La magistratura ha
chiesto il rinvio a giudizio per dieci persone tra imprenditori,
amministratori di società, funzionari comunali e membri di commissioni
di vigilanza coinvolti in un'inchiesta sulla realizzazione dei
cosiddetti Punti Verde di Qualità. Nei loro confronti si ipotizzano i
reati, a seconda delle singole posizioni, di truffa, tentata e
consumata, falso in scrittura privata, falso ideologico, corruzione
aggravata, falso in scrittura privata. L'attività di indagine ha
riguardato i Punti Verdi Qualità nei quartieri di Spinaceto, Tor
Sapienza e Ferocia.
Il progetto dei Punti Verdi Qualità era stato partorito dalla giunta Rutelli a metà degli anni ’90. Si trattava di 75 aree verdi in diversi punti della città – molto spesso in periferia - da riqualificare dandole in affidamento gratuitamente per 33 anni a soggetti privati per la manutenzione di aree verdi in cambio della possibilità di realizzare sulle stesse aree attività commerciali. Da allora, per garantire l'investimento e i mutui di chi rilevava i Pvq messi a bando, le amministrazioni di centro-destra e centro-sinistra hanno attivato fidejussioni con le banche fino a raggiungere la cifra di 408,7 milioni di euro. I Pvq sono aree di proprietà comunale concesse in gestione ai privati attraverso bandi pubblici per essere trasformati in parchi curati e attrezzati: l’assegnatario ottiene un mutuo con garanzia fideiussoria del 95% da parte del Comune, costruisce e manutiene il parco e vi aggiunge strutture sportive (per lo più campi da calcetto, piscine o palestre) con le quali fare impresa e rimborsare il prestito; ad ogni step di lavori superato, una commissione di vigilanza del Campidoglio effettua una verifica e dà mandato alla banca (i cosiddetti Sal) di pagare la ditta incaricata dei lavori.Ma poi sono arrivate le inchieste della magistratura che nel 2012 ha messo in mora la struttura incaricata di gestire il progetto, e adesso sono una trentina i concessionari di Pvq che si trovano in sofferenza economica. Ma anche il Comune rischia di dover iniziare a versare alle banche - per le rate dei mutui rimaste scoperte - decine di milioni di euro ogni anno. Per fare fronte alla rogna, il Comune di Roma ha istituito un ufficio straordinario dedicato ai Pvq che tre mesi fa ha prodotto una relazione con cifre niente affatto rassicuranti. “Rispetto a un'ipotetica esposizione finanziaria di 360 milioni di euro - è scritto nella relazione - risultano incagliati mutui per 233 milioni di euro per i quali le banche hanno richiesto richiesto l'intervento a garanzia dell'amministrazione”. Una sentenza del Tar, all’inizio dell’anno, esprimendosi sul ricorso di uno dei gestori di Pvq, ha stabilito che i gestori sono da considerare dei veri e propri concessionari di lavori pubblici che, in base alla legge 163 del 2006, hanno diritto alla revisione del piano economico finanziario con le banche visto che la crisi economica e altre variabili intervenute nel frattempo (compresa la paralisi amministrativa seguita all'inchiesta giudiziaria su Punti Verde) hanno modificato le condizioni originarie del patto tra committente e concessionario. La soluzione avanzata dal Comune di Roma è quella di ridurre l'esposizione finanziaria verso le banche “ricontrattando i tempi e le modalità di rientro dell'esposizione stessa, contestando agli istituti finanziatori la mancanza di un'adeguata istruttoria alla sostenibilità dei piani economico finanziari allegati alla richiesta di mutuo”. “La responsabilità delle banche" secondo il Comune, "appare determinante in tutta la sua gravità". Una vicenda da aggiungere alla malsane relazioni tra banche e amministrazioni locali prosperate negli anni Novanta (clamorose quelle sui derivati finanziari) e che adesso stanno andando alla resa dei conti, confermando, una voltà di più, l'alto costo pubblico della privatizzazione delle città.
Il progetto dei Punti Verdi Qualità era stato partorito dalla giunta Rutelli a metà degli anni ’90. Si trattava di 75 aree verdi in diversi punti della città – molto spesso in periferia - da riqualificare dandole in affidamento gratuitamente per 33 anni a soggetti privati per la manutenzione di aree verdi in cambio della possibilità di realizzare sulle stesse aree attività commerciali. Da allora, per garantire l'investimento e i mutui di chi rilevava i Pvq messi a bando, le amministrazioni di centro-destra e centro-sinistra hanno attivato fidejussioni con le banche fino a raggiungere la cifra di 408,7 milioni di euro. I Pvq sono aree di proprietà comunale concesse in gestione ai privati attraverso bandi pubblici per essere trasformati in parchi curati e attrezzati: l’assegnatario ottiene un mutuo con garanzia fideiussoria del 95% da parte del Comune, costruisce e manutiene il parco e vi aggiunge strutture sportive (per lo più campi da calcetto, piscine o palestre) con le quali fare impresa e rimborsare il prestito; ad ogni step di lavori superato, una commissione di vigilanza del Campidoglio effettua una verifica e dà mandato alla banca (i cosiddetti Sal) di pagare la ditta incaricata dei lavori.Ma poi sono arrivate le inchieste della magistratura che nel 2012 ha messo in mora la struttura incaricata di gestire il progetto, e adesso sono una trentina i concessionari di Pvq che si trovano in sofferenza economica. Ma anche il Comune rischia di dover iniziare a versare alle banche - per le rate dei mutui rimaste scoperte - decine di milioni di euro ogni anno. Per fare fronte alla rogna, il Comune di Roma ha istituito un ufficio straordinario dedicato ai Pvq che tre mesi fa ha prodotto una relazione con cifre niente affatto rassicuranti. “Rispetto a un'ipotetica esposizione finanziaria di 360 milioni di euro - è scritto nella relazione - risultano incagliati mutui per 233 milioni di euro per i quali le banche hanno richiesto richiesto l'intervento a garanzia dell'amministrazione”. Una sentenza del Tar, all’inizio dell’anno, esprimendosi sul ricorso di uno dei gestori di Pvq, ha stabilito che i gestori sono da considerare dei veri e propri concessionari di lavori pubblici che, in base alla legge 163 del 2006, hanno diritto alla revisione del piano economico finanziario con le banche visto che la crisi economica e altre variabili intervenute nel frattempo (compresa la paralisi amministrativa seguita all'inchiesta giudiziaria su Punti Verde) hanno modificato le condizioni originarie del patto tra committente e concessionario. La soluzione avanzata dal Comune di Roma è quella di ridurre l'esposizione finanziaria verso le banche “ricontrattando i tempi e le modalità di rientro dell'esposizione stessa, contestando agli istituti finanziatori la mancanza di un'adeguata istruttoria alla sostenibilità dei piani economico finanziari allegati alla richiesta di mutuo”. “La responsabilità delle banche" secondo il Comune, "appare determinante in tutta la sua gravità". Una vicenda da aggiungere alla malsane relazioni tra banche e amministrazioni locali prosperate negli anni Novanta (clamorose quelle sui derivati finanziari) e che adesso stanno andando alla resa dei conti, confermando, una voltà di più, l'alto costo pubblico della privatizzazione delle città.
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