ROMA - Il decreto sulla Pubblica
amministrazione ancora fisicamente non c’è. Ma la cosa che li ha mandati
letteralmente in bestia è un passaggio del quale da giorni si parla. Le
versioni (e le voci) cambiano di ora in ora. La sostanza, però, quella
non cambia di molto, visto che comunque si risolverà in una bella
mazzata alle retribuzioni. Diciamo subito che non si tratta di stipendi
esattamente modesti. E soprattutto parliamo di una categoria di persone,
gli avvocati dello Stato, che fa parte della crema della nostra
burocrazia. Due circostanze che rendono assolutamente clamorosa
l’iniziativa di protesta presa dai loro sindacati: uno sciopero di tre
giorni.
I 347 avvocati dello Stato sono un corpo d’élite con il compito di patrocinare le Pubbliche amministrazioni nelle cause e fornire loro pareri legali. Al pari del Consiglio di Stato o della Corte dei conti, rappresentano un serbatoio dal quale i governi attingono per gli incarichi fiduciari. Per avere un’idea del loro peso basta il curriculum dell’attuale Avvocato generale Michele Dipace: dal 1981 al 2005 quasi ininterrottamente al fianco di ministri di ogni schieramento.
Il loro costo (fonte il sito Internet dell’Avvocatura) è di 81,3 milioni l’anno: il che significa 234 mila euro mediamente l’anno a cranio.
In casi come
questi è sempre opportuno ricordare la famosa storia dei polli di
Trilussa: anche se la media dice uno a testa, c’è chi ne mangia due e
chi nessuno. In ogni caso sono retribuzioni collocate nella fascia alta
del pubblico impiego. Tanto più che la busta paga ha anche una
succulenta appendice. E proprio questo è il punto I 347 avvocati dello Stato sono un corpo d’élite con il compito di patrocinare le Pubbliche amministrazioni nelle cause e fornire loro pareri legali. Al pari del Consiglio di Stato o della Corte dei conti, rappresentano un serbatoio dal quale i governi attingono per gli incarichi fiduciari. Per avere un’idea del loro peso basta il curriculum dell’attuale Avvocato generale Michele Dipace: dal 1981 al 2005 quasi ininterrottamente al fianco di ministri di ogni schieramento.
Il loro costo (fonte il sito Internet dell’Avvocatura) è di 81,3 milioni l’anno: il che significa 234 mila euro mediamente l’anno a cranio.
Una norma risalente al 1933 e poi modificata in seguito stabilisce infatti che agli avvocati dello Stato venga corrisposto anche un onorario per le cause vinte o per quelle nelle quali il giudice abbia stabilito la compensazione delle spese fra le parti (in pratica ognuno si paga i suoi legali). Quanti soldi? Negli ultimi due anni, 87 milioni e mezzo. ossia fra i 43 e i 44 milioni l’anno. Che divisi per 347 fa più di 126 mila euro l’anno per ciascuno in media. E sottolineiamo «in media».
Vi domanderete: che senso ha pagare anche l’onorario a un avvocato assunto a tempo indeterminato che già prende uno stipendio non proprio trascurabile? Domanda assolutamente plausibile, che ha una risposta. Avrebbe il senso di rappresentare un incentivo per vincere le cause, come se lo stipendio non fosse incentivante a sufficienza. Ma è una tesi evidentemente non condivisa proprio a fondo dal governo di Matteo Renzi.
Il decreto stabilirà dunque che quando il giudice compensa le spese, gli avvocati dipendenti dello Stato non avranno più diritto ad alcun onorario. Nel caso invece di cause vinte con liquidazione della parcella ai legali del vincitore, l’onorario dovrebbe essere ridotto in misura drastica: anche al 10 per cento. E dato che le cifre derivanti dalle compensazioni sono di gran lunga le più rilevanti (quasi 70 milioni su 87 e mezzo nel biennio 2012-2013), ecco che il bonus oltre lo stipendio si potrebbe rimpicciolire in modo mostruoso.
Spiegano che il provvedimento riconosce per la prima volta all’Avvocatura dello Stato, una macchina che oltre ai 347 burocrati conta 772 dipendenti disseminati in 26 sedi nel territorio nazionale, «autonomia amministrativa finanziaria e contabile». Questo vuol dire che i denari delle parcelle «private» anziché passare come ora attraverso l’Erario, e arrivare spesso con il contagocce, verrebbero incassate subito e senza intermediari. Ma questo evidentemente non è servito a mitigare gli animi.
Né servirà, probabilmente, scoprire che il giro di vite potrebbe avere effetti non soltanto sull’Avvocatura, ma su tutti gli uffici legali degli enti pubblici e magari anche degli enti locali. Dove il modello degli avvocati dello Stato è stato recepito e talvolta esaltato al punto che il reddito dei legali dipendenti pubblici è oggi decisamente superiore a quello della media di chi esercita la professione privata. In più, con la sicurezza del posto di lavoro.
Come l’Inps, che stipendia più di 300 avvocati. O come il Comune di Roma, dove grazie agli onorari «privati» il compenso dei legali nel 2012 è arrivato in qualche caso a superare 300 mila euro.
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