venerdì 27 giugno 2014

Legge elettorale: Renzi, Di Maio e il cerino.

Alcuni commenti a caldo dopo l’incontro tra Pd e M5S sulla legge elettorale:


1. Renzi non doveva essere presente, ma le sirene dello streaming senza il pari leader Grillo sono state irresistibili. A conferma che l’uomo è furbo, capace mediaticamente, ma anche un po’ scorretto. Convinto di conquistare la scena si è però trovato sulla strada due ostacoli imprevisti: Di Maio e Toninelli, entrambi molto bravi nel merito e dialetticamente.
2. E’ stato un dialogo civile, interessante, senza esclusione di colpi e con tempi televisivi praticamente perfetti da parte di tutti gli interlocutori. Da ospiti tv esperti si sono presi/tolti/scambiati/conquistati spazi di parola con grande rispetto, fluidità e senza bisogno di un moderatore. La prova dell’inutilità – ormai – dei conduttori dei talk politici?
3. Nel merito, Renzi ha cercato ostinatamente di lanciare la palla nel campo avversario, elencando i meriti (demeriti?) dell’Italicum e chiedendo ai Cinque stelle se ci stavano o no. Ottima strategia, che l’ha portato però addirittura a rinnegare se stesso e il suo governo, quando ha detto che la loro legge elettorale vuole dire “no a inciuci e larghe intese”. Il suo governo è esattamente questo: il frutto di un inciucio e di larghe intese mai scelte dagli elettori. In parte, per la verità, l’ha ammesso, ma come fa a obiettare ai 5S che è meglio scegliere le alleanze prima delle elezioni, davanti ai cittadini, se poi tanto non vengono rispettate, come ha fatto il Pd?
4. Se – ripeto – la strategia di Renzi di lasciare il cerino in mano ai grillini è stata giusta, e alla fine il premier ha ottenuto di elencare online i punti dell’Italicum su cui vorrebbe risposte da loro, altrettanto dovrebbe fare il M5S. La partita di poker della politica (che già evocai in occasione della proposta di dialogo dei 5S) mica è finita, anzi prosegue. E Grillo non può permettersi di dire “No, lascio”, ridando fiato ai suoi tanti detrattori e alla cantilena “dice sempre No”. Perché l’eventuale ‘no’ non lo fanno dire a Renzi? Perché alle sue proposte non rispondono online con le loro proposte, sul loro Democratellum, chiedendo: ci stai o no? Tre elementi per tutti: il Pd (ovvero Renzi) è favorevole o contrario alle preferenze? E’ favorevole o contrario a liste pulite, con bocciatura dei candidati impresentabili? E’ favorevole o contrario a un ballottaggio tra i due partiti – e non le coalizioni – che hanno preso il maggior numero di voti, per garantire la governabilità? Sono queste le tre questioni cruciali su cui si fonda l’asse Pd-Fi e che Berlusconi non potrebbe mai accettare. Ma Renzi – che ha sempre ripetuto che le preferenze le voleva ma gliel’ha tolte Berlusconi, e così le liste pulite e il resto – dice no o si? Ovvero ci fa capire, finalmente e definitivamente: #staconBerlusconi o #staconGrillo? Purtroppo siamo ancora lì…

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