Era stata una delle battaglie più lunghe e appassionate delle associazioni di consumatori, e in particolare dell’Adusbef, che l’aveva condotta con una perseveranza implacabile.
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Alla fine i tribunali e la Cassazione (nel 2010) avevano dato ragione ai consumatori, ma l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti aveva inserito nel consueto “decreto milleproroghe” di fine anno una norma che costituiva in pratica una sanatoria per quanto avvenuto fino a quel momento, bloccando i rimborsi richiesti dai clienti. Un nuovo ricorso, questa volta alla Consulta, cancellava anche questa norma con una sentenza del 2012. Al governo non restava che prenderne atto, cosa che fu fatta con la Legge di stabilità dell’anno successivo.
Sembrava dunque che in materia non ci fosse più nulla da dire e che quella lunghissima battaglia fosse stata vinta. Invece no, si ricomincia. Perché l’attuale governo, con un blitz di cui pochi si sono accorti, ha reintrodotto l’anatocismo con un decreto pubblicato il 25 giugno (il n. 91/14). Al danno si aggiunge la beffa, visto che il decreto è stato chiamato “Disposizioni urgenti per il rilancio e lo sviluppo delle imprese”.
Rispetto al passato cambia solo il fatto che il calcolo degli interessi sugli interessi non potrà più avvenire ogni tre mesi, ma solo ogni anno. Ci sono altri dettagli tecnici, che però non cambiano nulla della sostanza del provvedimento.
Naturalmente l’Adusbef ha già annunciato un nuovo ricorso. Che molto probabilmente avrà successo, visti i numerosi precedenti. Resta da capire perché il governo si sia imbarcato in questa avventura, reintroducendo un meccanismo odioso più volte giudicato illegale. Se è la contropartita per aver chiesto più tasse alle banche, si poteva scegliere un modo meno impopolare e soprattutto più furbo, data la quasi certezza di una prossima ennesima cancellazione.
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