venerdì 27 giugno 2014

Il Censis: "La scuola non è più uno strumento di mobilità sociale"

I dati allarmanti del Centro Studi: l'istruzione in Italia garantisce sempre meno il riequilibrio sociale e il futuro occupazionale. Servizi in crisi sin dall'asilo. E intanto crescono le iscrizioni negli atenei stranieri: +51 per cento in quattro anni.

repubblica.it

Il Censis: "La scuola non è più uno strumento di mobilità sociale"ROMA - Una volta si studiava per migliorare la propria posizione sociale. Ma oggi, secondo quanto riporta uno studio del Censis, il sistema educativo sta perdendo la tradizionale capacità di garantire opportunità occupazionali e di funzionare come strumento di ascensione sociale. Al primo ingresso nel mondo del lavoro, infatti, solo il 16,4% dei nati tra il 1980 e il 1984 è salito nella scala sociale rispetto alla condizione di provenienza, il 29,5% ha invece sperimentato una mobilità discendente rispetto alla famiglia di origine.

Meno riequilibrio sociale. Più in generale, la scuola non riesce più a svolgere come in passato la funzione di riequilibrio sociale per i ragazzi provenienti da famiglie svantaggiate: l'abbandono scolastico tra i figli dei laureati è un fenomeno marginale (riguarda solo il 2,9%), ma sale al 7,8% tra i figli dei diplomati, e interessa quasi uno studente su tre (il 27,7%) se i genitori hanno frequentato solo la scuola dell'obbligo.


Fiducia in crisi sin dall'asilo.
Solo il 55% dei comuni italiani, si continua a leggere nello studio del Censis, ha attivato servizi per l'infanzia (asili nido e servizi integrativi), arrivando a soddisfare appena il 13,5% dell'utenza potenziale. Nei comuni capoluogo di regione la domanda insoddisfatta è pari al 35,2%. I comuni con i dati peggiori sono Palermo (71,9%) e Roma (67,3%), mentre sul versante opposto ci sono Torino (che riesce a soddisfare l'intera domanda effettiva) e Milano (solo il 4,9% di domanda insoddisfatta).

La sfiducia favorisce gli abbandoni scolastici.
Nell'anno scolastico 2013/2014 risulta "disperso" nell'arco di un quinquennio il 27,9% degli studenti, pari a circa 164mila giovani. Complessivamente, si può stimare che la scuola statale ha perso nel giro di 15 anni circa 2,8 milioni di giovani, di cui solo 700mila hanno poi proseguito gli studi nella scuola non statale o nella formazione professionale, oppure hanno trovato un lavoro.

L'università perde iscritti. Tra i 30-34enni, gli italiani laureati sono il 20,3% contro una media europea del 34,6%. E l'andamento delle immatricolazioni mostra un significativo calo negli ultimi anni. Tra il 2007 e il 2011 il numero di studenti italiani iscritti in università straniere è aumentato del 51,2%, passando da 41.394 a 62.580.

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