lunedì 30 giugno 2014

La legge dei padroni. In Egitto processo a el Massry, la rivoluzionaria operaia.


L’attivista socialista Mahiennur el Masry resta in carcere per aver violato la legge anti-proteste. Mentre i figli di Mubarak, prosciolti, saranno presto liberi su cauzione.

il manifesto Giuseppe Acconcia
«Rove­sce­remo que­sto regime creato sulla legge anti-proteste», ha detto al mani­fe­sto dalle sbarre della gab­bia per i dete­nuti della Corte di Ales­san­dria, Mahien­nur el Mas­sry. L’attivista comu­ni­sta è stata con­dan­nata a due anni di reclu­sione per aver preso parte e orga­niz­zato un assem­bra­mento ad Ales­san­dria d’Egitto per ricor­dare uno dei sim­boli delle rivolte del 2011, Kha­led Said, ucciso dalla poli­zia nel 2010.
«Nella mia cella ci sono decine di figli di con­ta­dini», ha con­ti­nuato l’avvocato, da 40 giorni in pri­gione, avvolta nel velo bianco dei dete­nuti. I ven­ti­la­tori del tri­bu­nale sono stati spenti all’improvviso, nono­stante il caldo tor­rido, come per invi­tare le cen­ti­naia di per­sone, accorse per vedere Mahie, ad uscire dall’aula. Lo sguardo di ghiac­cio del giu­dice She­rif Hafez, noto per la mano dura con­tro i dete­nuti poli­tici, ha gelato il pubblico.
Sve­ni­menti e risse hanno accom­pa­gnato la deci­sione della Corte di tenere Mahie in pri­gione almeno fino al pros­simo 20 luglio. «Dal decimo giorno di Rama­dan, potrete visi­tarmi ogni set­ti­mana», sus­sur­rava tra le sbarre Mahie alla madre e alle sorelle, Mirial e Mahie­sun. Gli avvo­cati, il comu­ni­sta Kha­led Ali e il socia­li­sta rivo­lu­zio­na­rio Hetam Moham­me­din, nelle loro arrin­ghe difen­sive, hanno dura­mente cri­ti­cato la legge anti-proteste e l’arresto immo­ti­vato di Mahie, che, secondo la difesa, par­te­ci­pava ad un assem­bra­mento spon­ta­neo. All’annuncio del rin­vio Mahie ha urlato, seguita a ruota dalle grida di decine di atti­vi­sti: «Con­te­stare è nostro diritto, rifiu­tiamo la legge anti-proteste. La rivo­lu­zione in tutte le strade».
Nelle ore di camera di con­si­glio, alcuni foto­grafi sono riu­sciti a scat­tare delle foto all’interno della gab­bia con una pola­roid, poi con­se­gnate alla sua fami­glia. Mahie, insi­gnita del pre­mio inter­na­zio­nale Ludo­vic Tra­rieux per il suo impe­gno poli­tico, ha poi chie­sto tra le sbarre alla sorella Mahie­sun di occu­parsi del caso di una donna, dete­nuta insieme a lei, che non ha abba­stanza denaro per pagare la cau­zione e uscire di prigione.

Lo spa­zio della contestazione

«Cer­cherò di non pro­te­stare per evi­tare l’arresto ma con­ti­nuerò a recarmi in tri­bu­nale per aiu­tare chi non sa nep­pure per­ché è in pri­gione». Que­ste sono state le parole che ci aveva detto Mahie, poco prima di essere arre­stata. I giu­dici egi­ziani hanno col­pito lei per inti­mo­rire un folto gruppo di atti­vi­sti laici che, nono­stante cen­sure e restri­zioni (con la messa al bando del movi­mento 6 aprile, gli arre­sti di tre dei lea­der del movi­mento nato nel 2008 a soste­gno degli scio­peri, la con­danna a 15 anni dell’attivista Alaa Abdel Fat­tah) ha con­ti­nuato a con­te­stare i metodi anti­de­mo­cra­tici dell’esercito. E così, rac­con­tare l’impegno anti-regime di Mahie signi­fica ricor­dare come le con­te­sta­zioni si sono svolte ad Ales­san­dria, una città com­ple­ta­mente diversa dal Cairo, con uno spa­zio pub­blico pro­teso verso il mare ed esteso fino all’immensa Uni­ver­sità cit­ta­dina (dove tra la moschea di Qait Ibh­ra­him e Sidi Gaber si sono svolte le prin­ci­pali mani­fe­sta­zioni dal 2011 in poi) e uno ster­mi­nato entro­terra, con una peri­fe­ria estre­ma­mente disagiata.
Abbiamo incon­trato Mahie per la prima volta nel dicem­bre 2012 quando l’Egitto era diviso sulla Costi­tu­zione, voluta dai Fra­telli musul­mani. Insieme a lei abbiamo visi­tato i quar­tieri popo­lari di West el-Aghani, el Ame­reia dove si tro­vano cen­ti­naia di indu­strie, fino alla città costiera di Marsa Matruh. Nel cen­tro urbano si con­cen­trano i ric­chi palazzi nei rioni di Kafr Abdu e Rushdy. Ma più il mare è lon­tano, più i vicoli non asfal­tati e i palazzi di mat­toni nati senza cri­te­rio spun­tano ovun­que. Il lun­go­mare con la torre di Qait Bey e la biblio­teca ales­san­drina sem­brano lon­ta­nis­simi dagli slum di Nadi Sid e Mopg­zar Ali.
Prima dei con­sueti scon­tri dopo la pre­ghiera del venerdì, abbiamo par­te­ci­pato insieme a Mahie alla riu­nione di coor­di­na­mento delle oppo­si­zioni, il Fronte di sal­vezza nazio­nale, ora dis­solto. Il suo amico Tarek Mok­tar aveva appena orga­niz­zato un impo­nente scio­pero dei medici. «Chie­diamo che venga asse­gnato un bud­get per il sistema sani­ta­rio, di sta­bi­lire che la salute è un diritto di tutti e l’aumento dei salari del per­so­nale ospe­da­liero. Sta scio­pe­rando oltre il 90% del per­so­nale medico per­ché la Costi­tu­zione non va in que­sta dire­zione», denun­ciava Tarek. Susan Nada, altra pro­ta­go­ni­sta dei movi­menti di Ales­san­dria, segre­ta­rio del Par­tito socia­li­sta dei lavo­ra­tori, cri­ti­cava dura­mente l’Assemblea costi­tuente defi­nen­dola ille­git­tima, per l’assenza di rap­pre­sen­tanti di donne, con­ta­dini, stu­denti e lavo­ra­tori al suo interno.

Dai Tamar­rod all’arresto

Con que­sto spi­rito abbiamo incon­trato di nuovo Mahie durante le mani­fe­sta­zioni del movi­mento per le dimis­sioni dell’ex pre­si­dente Moham­med Morsi. La cam­pa­gna di rac­colta firme Tamar­rod (rivolta), nel mag­gio 2013, era soste­nuta dai movi­menti libe­rali e socia­li­sti e non era ancora infil­trata da espo­nenti dei Ser­vizi segreti mili­tari, come è stato con­fer­mato in seguito al colpo di stato mili­tare del 3 luglio 2013. Le urla di Mahie echeg­gia­vano più forti di ogni altro uomo o donna che par­te­ci­passe alle mani­fe­sta­zioni alle porte della Corte di Ales­san­dria. Dopo venti giorni di pri­gione, Mahien­nour ha potuto inviare due let­tere dal car­cere. La prima com­mo­vente mis­siva è stata resa pub­blica al suo avvo­cato Moham­med Rama­dan ed ha subito fatto il giro del mondo. Mahie ha chia­mato gli egi­ziani alla lotta di classe. L’attivista ha poi descritto il car­cere come un micro­co­smo di poveri e ric­chi dove i secondi hanno accesso a tutto e i primi a niente, pro­prio come nella vita reale. I dete­nuti della sua cella sono lì per­ché non hanno potuto pagare dei debiti, molti per le spese dei matri­moni dei figli. Nella seconda let­tera dalla pri­gione, l’avvocato ha invece rifiu­tato amni­stie fin­ché non verrà emen­data la legge anti-proteste.
Sono state orga­niz­zate due con­te­sta­zioni per chie­dere il rila­scio di Mahie. La prima si è tenuta alle porte della sede del Cen­tro per i diritti eco­no­mici e sociali (Ecesr) del comu­ni­sta e suo avvo­cato difen­sore, Kha­led Ali, ad Ales­san­dria d’Egitto. 16 atti­vi­sti, tra cui Tarek Mok­tar, sono stati arre­stati e poi rila­sciati. Al Cairo la pro­te­sta si è svolta alle porte del sin­da­cato dei giornalisti.
Ormai, nell’Egitto dell’ex gene­rale Abdel Fat­tah el-Sisi non c’è più spa­zio per la con­te­sta­zione dei gio­vani rivo­lu­zio­nari. Seb­bene il ritorno del vec­chio regime è impla­ca­bile, e i figli dell’ex pre­si­dente Hosni Muba­rak, Gamal e Alaa saranno pre­sto liberi su cau­zione dopo essere stati pro­sciolti da alcune delle accuse di cor­ru­zione a loro carico, Mahie con­ti­nuerà a lot­tare per i diritti di poveri, lavo­ra­tori e delle fami­glie delle cen­ti­naia di atti­vi­sti uccisi nelle pro­te­ste degli ultimi tre anni in Egitto. Le cen­ti­naia di atti­vi­sti di Ales­san­dria invece, tra un caffè e un nar­ghilè nel pic­colo bar a due passi dal cinema Amir, con­ti­nue­ranno a vedere in que­sta incre­di­bile gio­vane donna, il sim­bolo del riscatto della città sul mare.

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