giovedì 30 gennaio 2014

Stanno aprendo quella porta...


Il colpo di stato che inaugurerà la Terza Repubblica, dimenticando completamente quella nata dalla Resistenza, avrà il volto pubblico dei “carini per il rinnovamento”.

contropiano.org Alessandro Avvisato

Stanno aprendo quella porta...
Il format non è per niente nuovo.
Basta guardare le “segreterine” scelte da Matteo Renzi: sembrano uscite da una selezione del casting di Mediaset, replicanti quasi perfette delle Carfagna o delle Minetti, ma sventolanti il proprio “merito” come garanzia di differenza antropologica. Nella “segreteria giovane” renziana ci sono anche i maschi, ma non vanno sullo schermo. Una preoccupazione tipica dei “creativi” d'immagine e comunicazione politica. Un esempio? Prendete il Floris di Ballarò, che ad ogni puntata contrappone una “segreterina” ad un'altra donna, sempre molto più competente, ferratissima, con un curriculum impressionante nella materia di cui si è scelto di discutere... ma decisamente troppo anziane per attirare la simpatia subliminale dello spettatore medio.
Bene, questa è la maschera piacente del golpe in atto. Della diatriba sulla “legge elettorale” sapete già tutto, e comunque abbiamo pubblicato diversi interventi, se ne parla da ogni oblò televisivo e non. La “vecchia politica” (bersaniani, alfaniani, casiniani e casinisti vari, montiani e vendoliani) hanno tentato di “impaludare” l'accordo tra il sindaco di Firenze e il Caimano. In modo da sminuire implacabilmente l'immagine “vincente” del giovane democristo e renderlo “addomesticabile”.
Tentativo disperato, inutile, forse addirittura controproducente, alla fine.

Financial Times, Angela Merkel, tre quarti del gotha dell'Unione Europea, hanno già scelto Renzi come il proprio referente per distruggere quel che resta dell'assetto costituzione, sociale, sindacale della Prima Repubblica. Berlusconi lo ha semplicemente capito, e accettato. Gli lascia un'eredità “comunicativa” che ha devastato la politica rendendola una commediola all'italiana, un “Natale a Firenze” tra lazzi, battute e tormentoni (“signori miei...”) che coprono l'espropriazione totale della “cosa pubblica” da ogni illusione di “sovranità popolare”. Presente, passata e futura.
Vale per la sfera politica come per quella sindacale, il cui “accordo sulla rappresentanza” appare una fotocopia esatta del “bastardellum” renzusconiano. Vale per l'informazione, mai come oggi così pesantemente sottoposta a un dominio incontrastato dei grandi gruppi economici e senza dover neppure inventare istituzioni censorie.
All'interno della classe politica parlamentare non ci sono né capacità di progetto, né velleità istituzionali in grado di arrestare questa caduta. Al massimo un po' recalcitramenti paludosi, senza pretese (qualche poltrona da conservare, qualche filiera clientelare da proteggere, come nel caso della Lega Nord risparmiata dalla mattanza promessa ai “partitini”) e senza prospettive.
Stanno aprendo la porta sull'orrore. La gabbia di ferro intorno a una popolazione da spremere e affamare si va dunque chiudendo con decisione. L'offensiva aperta da Electrolux ha l'ambizione, per il capitale multinazionale, di completare l'opera del “modello Marchionne”, imponendo il dimezzamento o quasi dei livelli salariali in questo paese, come già avvenuto in Grecia.
È finito il tempo della “politica” come prodotto da esporre sugli scaffali del supermercato, con gli incassi da riscuotere nella tornata elettorale. Chi non l'ha ancora capito dovrà rendersene conto molto presto, con lo scontato annientamento delle “liste alternative” in sede di elezioni europee.
Questo è il tempo della politica come logica unitaria dei mille conflitti sociali, sindacali, territoriali. È il tempo di concentrare le forze lì dove si può ancora far saltare la messa al punto del meccanismo. È l'Unione Europea il ponte di comando da cui promanano gli ordini crudeli che le “segreterine” rivestono con packaging attraente.
Ci si vede nelle strade, da subito. Ci si vede a Roma, in primavera, per la prima manifestazione nazionale che mette al centro di tutti i conflitti la necessità di rompere l'Unione Europea.

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