Franco Ferrarotti è considerato uno dei più importanti sociologi italiani. Professore emerito di Sociologia alla Sapienza di Roma, sabato scorso era relatore alla conferenza “Nuove dipendenze” organizzata dal Centro di psicoanalisi romano. Ha parlato a lungo di Internet e delle sue conseguenze sulla società, in particolare sui “nativi digitali”. Alcuni suoi libri dai titoli eloquenti mi avevano già chiarito le sue posizioni (l’ultimo di una lunga serie è: Un popolo di frenetici informatissimi idioti, Solfanelli, 2012). Lavorando da nove anni con la rete, vengo colta sul vivo e provo in rapida successione stupore, rabbia, frustrazione, dubbi, disperazione… Anche se condivido poco o nulla del suo pensiero, devo constatare che è dissacrante, e per questo stimolante. Riporto qui alcune frasi che reputo emblematiche, estrapolate dal suo intervento (qui la versione integrale), che invito tutti a leggere (alcune non le troverete nel testo in quanto pronunciate solo durante l’intervento a braccio).
L’ennesimo illustre studioso che attacca Internet, direte voi. Ebbene sì, e senza freni. Ma credo che le riflessioni su questo tema non siano mai troppe. Cominciamo.
“Le società odierne sono tenute insieme dalle comunicazioni, tecnicamente raffinate, a portata planetaria, in tempo reale, ma non c’è più nulla da comunicare”. Esordisce così lo studioso, classe 1926.
(Non vi ricorda lo sketch di Corrado Guzzanti, quando commentava le potenzialità di internet di metterci in contatto con l’altro capo del mondo in tempo reale, aggiungendo: “Abboriggeno, ma io e te, che se dovemo dì?”)
(Non vi ricorda lo sketch di Corrado Guzzanti, quando commentava le potenzialità di internet di metterci in contatto con l’altro capo del mondo in tempo reale, aggiungendo: “Abboriggeno, ma io e te, che se dovemo dì?”)
“Come ha detto papa Francesco, Internet è un dono di Dio. Non so se è un dono di Dio ma è certamente un dono per i produttori di supporti informatici”.
“La cultura del libro si sta trasformando in cultura del monitor”.
“Sta prevalendo la socialità come comunicazione fine a se stessa. Ma si tratta di rumore”.
“Tramontate le ideologie si sono liquefatti anche gli ideali”.
“La comunicazione digitale porterà alla perdita della funzione ideativa originale?”
“Più del 30% di dirigenti, imprenditori e neo-laureati non ha letto neanche un libro nel corso degli ultimi 12 mesi”.
“Se la società è liquida basta organizzare dei corsi di nuoto per risolvere i problemi”.
Infine, secondo Ferrarotti, “la tecnologia riproduce se stessa all’infinito e non va incontro a nessuna esigenza autoespressiva e libera degli individui. L’ultimo ritrovato è tanto tecnicamente scintillante quanto umanamente inutile”.
Si tratta ovviamente solo di frammenti di un discorso lungo e articolato che, insisto, trovate qui inversione integrale. Ma potete dire di essere in totale disaccordo con queste affermazioni? Io, in tutta onestà, no. Nessuno si scandalizza più davanti a simili affermazioni che in parte sono chiaramente delle provocazioni, ma tutte, secondo me, contengono un po’ di verità.
Ognuno di noi, suppongo, starà maturando le proprie teorie a riguardo. Questo può essere uno spazio di confronto.
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