Uno sconosciuto deputato grillino dà del boia a Napolitano. Volgarità assoluta, anche se – a leggere la frase completa, là dove egli dice che il presidente vuole tagliare la testa all’opposizione – viene il dubbio che con un sinonimo più accorto nessuno avrebbe sottratto il giovanotto al suo anonimo destino. Comunque, apriti cielo! È tutto uno stracciarsi le vesti e, negli ululati di solidarietà bipartisanche si levano verso il Colle, si distingue Matteo Renzi che parla di “stupidità senza eguali”.
Infatti
è sommamente stupido che con una sola parolaccia si consenta alla banda
del buco di oscurare la battaglia meritoria di M5S alla Camera per
sottrarre Bankitalia ai voraci appetiti delle banche.
E poi quel “boia”, che meraviglioso alibi per il governo più inetto della storia.
Non par vero a Letta nipote, che subito versa calde lacrime sul “punto di non ritorno”: espressione quanto mai calzante, se solo si osserva quello zero assoluto che è il suo ministro padovano dello Sviluppo (ah ah) Zanonato. Uno che passa il tempo a twittare fregnacce e fa finta di non vedere l’ignominia Electrolux (che ha pure uno stabilimento a un passo da casa sua) con il taglio da 1.400 a 800 euro al mese imposto agli operai dal padrone svedese: prendere o lasciare. Uno che perfino il presidente della Regione Friuli, Serracchiani (Pd come lui), considera una calamità.
Punto di non ritorno non è la stupidità espressiva a cinque stelle, frutto di un noviziato che non ha ancora imparato ad arrotondare la lingua nella somma arte del dire qualcosa per non dire niente. Non si torna indietro invece dal fiume di parole ingannatrici, dai mille impegni mancati, dall’insopportabile frastuono del circo politico mentre il silenzio avvolge il cuore della gente.
Lezioni di moralità sulle brutte parole è difficile ascoltarle, per esempio, da chi aveva promesso uno straccio di legge elettorale (anche lì: prendere o lasciare) e ora affonda nel solito pantano dei veti incrociati. Cosa è peggio?
E poi quel “boia”, che meraviglioso alibi per il governo più inetto della storia.
Non par vero a Letta nipote, che subito versa calde lacrime sul “punto di non ritorno”: espressione quanto mai calzante, se solo si osserva quello zero assoluto che è il suo ministro padovano dello Sviluppo (ah ah) Zanonato. Uno che passa il tempo a twittare fregnacce e fa finta di non vedere l’ignominia Electrolux (che ha pure uno stabilimento a un passo da casa sua) con il taglio da 1.400 a 800 euro al mese imposto agli operai dal padrone svedese: prendere o lasciare. Uno che perfino il presidente della Regione Friuli, Serracchiani (Pd come lui), considera una calamità.
Punto di non ritorno non è la stupidità espressiva a cinque stelle, frutto di un noviziato che non ha ancora imparato ad arrotondare la lingua nella somma arte del dire qualcosa per non dire niente. Non si torna indietro invece dal fiume di parole ingannatrici, dai mille impegni mancati, dall’insopportabile frastuono del circo politico mentre il silenzio avvolge il cuore della gente.
Lezioni di moralità sulle brutte parole è difficile ascoltarle, per esempio, da chi aveva promesso uno straccio di legge elettorale (anche lì: prendere o lasciare) e ora affonda nel solito pantano dei veti incrociati. Cosa è peggio?
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