Una legge elettorale peggiore del Porcellum. La “ghigliottina” per
zittire il Parlamento. La vergogna del decreto IMU-Banca d’Italia. Un
presidente della Repubblica non più super partes. Queste giornate di
fine gennaio saranno ricordate come macchie scure nella vicenda del
nostro sistema democratico.
micromega di Angelo d’Orsi
Ci
lamentavamo di Bersani? Becchiamoci Renzi! Qualcuno annunciava la
spaccatura del PD. Fassina e Cuperlo hanno appena aderito a tutto, il
giovin Civati tace, mi pare. I bersaniani mordono il freno, forse, ma
solo per odio a chi ha fatto cadere il loro ex leader. Gli altri
“vecchi” della nomenclatura, attendono tempi migliori, badando a non
esporsi troppo, usando parole vuote, ma piene di retorica. Come lo erano
quelle che abbiamo udito da parte dei rappresentanti di M5S e dei loro
contendenti PD, nelle deprimenti zuffe parlamentari: intendiamoci, che
la signora Boldrini debba ora menare scandalo per quel che accade nel
consesso da lei presieduto (certo, abbiamo avuto Irene Pivetti
presidente, e dunque la Boldrini è una gran donna e una politica
straordinaria, ma che pena, la sua retorica al servizio del potere!)
suona bizzarro, avendo lei inferto un colpo quasi mortale alla
dialettica parlamentare, con il ricorso alla “ghigliottina”, per
bloccare il dibattito e far convertire in legge, obtorto collo, il vergognosissimo decreto IMU-Banca d’Italia.
Si
era mai visto qualcosa di simile in quell’aula? A mia memoria, no.
Mentre la storia parlamentare repubblicana è traboccante di incidenti,
anche gravi, comprese ingiurie, colluttazioni e addirittura lanci di
oggetti (narrano le cronache parlamentari di un deputato comunista che,
negli anni Cinquanta, dopo aver con forza erculea divelto un seggio
l’abbia scagliato verso i democristiani). Ma devo dire che di tutte le
scenette a cui abbiamo assistito per me la più grottesca è stata il
faccia a faccia tra due deputati, un PD e un M5S, che ripetevano,
psittacisticamente, insomma, come due pappagalli ammaestrati, frasi
senza senso, ossia di repertorio, che ricordavano i famigerati “Capra!
Capra! Capra!” e via seguitando dell’orrido Sgarbi nei programmi
spazzatura della televisione.
L’iterazione è, come si sa, un
espediente cui si ricorre in mancanza di capacità argomentativa: certo,
che l’onorevole Speranza, col suo faccino compunto da bravo scolaretto,
che ripete con voce tesa al suo contendente il mantra “Voi state
ostacolando la democrazia” appariva ridicolo, a dir poco: ma nessuno gli
ha spiegato che l’ostruzionismo è una tattica parlamentare alle quali
tutte le forze politiche hanno fatto e fanno ricorso? Nessuno gli ha
detto che la sinistra è stata, lodevolmente, maestra in tale genere di
tattica, per fermare provvedimenti liberticidi, o nemici delle classi
popolari?
E
che dire della reazione generale di scandalo, perché qualcuno osa dire
che Napolitano si sta comportando più da capo di governo che da capo di
Stato? Si tratta di una osservazione persino banale, che una gran parte
dei commentatori indipendenti tanto in patria quanto all’estero ha avuto
modo di fare. L’abbiamo scritto anche noi, di MicroMega, qui,
più volte, su questo spazio; e l’ho sostenuto io stesso. E ancora per
quanto concerne l’inclita signora Boldrini, sia consentito rilevare che,
accanto alle solenni reprimende della certamente indecorosa seduta
parlamentare, non ha trovato modo di dire una parola di solidarietà per
la collega deputata (forse perché di M5S?) duramente colpita da un
energumeno di “Scelta civica”, al quale forse si dovrebbe insegnare un
po’ di civismo. Ma più ancora offende il fatto che ella, come del resto
il presidente della Repubblica, e il presidente del Senato, si
comportino come parte integrante dell’Esecutivo: la giustificazione data
dalla Boldrini che il suo stop alla discussione aveva il solo scopo di
impedire che “gli italiani” (quali? E in quale misura?), pagassero la
seconda rata dell’IMU è una offesa alla decenza. E si potrebbe
seguitare.
Stiamo, in sintesi, assistendo alla formazione di un
blocco storico, mai visto nella vicenda nazionale, neppure ai tempi bui
del fascismo: un blocco che cancella le differenze di ruoli tra le
istituzioni (Esecutivo e Legislativo diventano tutt’uno), che elimina le
diversità delle opzioni politiche (PD-FI e il resto della minuteria
“moderata” ormai vanno verso una identità sostanziale, con leggere
sfumature che hanno il mero scopo di preservare una identità ai fini
elettorali), che toglie persino il velo alla relazione strettissima tra
potentati economico-finanziari e apparati politici.
E ancora:
come possiamo ancora distinguere la CGIL (di CISL e UIL manco vale la
pena di parlare, tanto appiattiti sono ormai da anni sulle logiche
padronali) dalla voce del padrone? Il decreto per la
“ricapitalizzazione” della Banca d’Italia, che implica un gigantesco
regalo alle grandi banche, è un esempio paradigmatico; come lo è il
silenzio ossequiente verso le scellerate scelte “strategiche” di
Marchionne e dell’”azionista di riferimento” Fiat (Agnelli-Elkann), che
meriterebbero risposte adeguate, e così via, non dimenticando la vicenda
degli F35 (appena dichiarati pericolosi e costosi dal Pentagono! Mentre
il governo Letta, quello “virtuoso”, persevera nella politica delle
commesse alle multinazionali produttrici di questi giocattoli di
guerra), o quella del TAV, o del MUOS, eccetera eccetera.
Insomma,
un catalogo di orrori che sta facendo toccare con mano quanto fossero
esatte le funeste previsioni all’ascesa alla guida del PD del giovane
rottamatore, che sta inanellando una vittoria dopo l’altra, nel silenzio
complice o inerte degli uni, o nell’adesione convinta o necessitata
degli altri. Ma le vittorie di Renzi sono altrettante sconfitte della
democrazia. E le giornate di fine gennaio saranno ricordate come macchie
scure nella vicenda dello stesso sistema liberal-democratico. E non
certo per i chiassosi e spesso rozzi, spessissimo irritanti e ignoranti
“grillini”, ma per il delitto perfetto che è stato consumato dai
“democratici” Renzi e Letta, sotto la regia di Napolitano, con la
benevolenza istituzionale dei presidenti delle Camere, e soprattutto la
complicità attiva e interessatissima del riesumato Berlusconi e della
sua gang.
Ora non paghi di una legge elettorale che, come è
stato notato, è persino peggiore della precedente (il “Porcellum” da
tanti vituperato, e ora imitato), e prelude a uno scenario cimiteriale,
dove due partitoni indistinguibili, come sovente sono laburisti e
conservatori in Gran Bretagna, democratici e repubblicani negli Usa,
occuperanno l’intero panorama politico. E questa sarebbe la “moderna
democrazia” a cui si vuole arrivare? Ma non basta: una nuova gioiosa
macchina da guerra avanza. La guida il piccolo duce, alias Renzi, nello
stupefatto balbettio della minoranza interna, nella soddisfazione di chi
l’ha votato, stanco dell’immobilismo bersaniano, e, infine,
nell’entusiasmo di chi lo chiama “Matteo” e lo acclama come la star da
opporre finalmente al Berlusconi, e capace di fermare il “fenomeno
Grillo”.
Guadagnato il fortilizio elettorale, con una ultima
ignominiosa correzione per impedire che la Lega Nord (un partito che
proclama la secessione dall’Italia!) esca dal giro, la macchina marcia
verso la Costituzione, che da almeno tre decenni i soloni del
“novitismo”, delle “riforme” e della “governabilità”, hanno classificato
come “obsoleta”: e in quattro e quattr’otto lo si farà, recando una
ferita che non sarà più possibile rimarginare, neppure quando ci si
liberasse del Berluscone e del Berluschino. Occorrerà una rivoluzione
(si penserà poi all’etichetta), per restituire dignità al Paese e valore
alle sue leggi, rinnovando completamente la sua classe dirigente. Ma
dietro l’angolo la rivoluzione non si vede: si vedono proteste, jacqueries,
ribellioni, uno scontento generale e gigantesco che si traduce anche,
per fortuna, in atti di resistenza, che, in realtà numerosissimi e
diffusi, hanno il solo torto di non essere coordinati e spesso neppure
conosciuti.
Il
che vuol dire che davanti a questo sfascio, se si prende atto che
l’alternativa tra PD e tutta l’ammucchiata di centrodestra è ormai
fasulla, non solo ribellarsi è giusto ma è anche possibile. Lo è perché
M5S non rappresenta l’alternativa, e al di là delle simpatie che si
possano provare per il movimento, o quanto meno per talune delle sue
istanze, o delle idiosincrasie per i due capetti che lo tengono (finora)
in pugno, o del fastidio per tanti suoi ridicoli esponenti (basti
pensare a Vito Crimi, degno del senatore Razzi imitato dal comico
Crozza), ebbene, oggi solo questi ragazzacci stanno provando ad alzare
la voce contro lo schifo, anche se poi essi stessi per tanti versi ne
sono contaminati. Stanno “facendo ammuina”, certo, ed è poco, e spesso
insopportabile nei modi, nelle volgarità, nelle manifestazioni di
ignoranza; ma è meglio di nulla. E mentre siamo disgustati di aver
sentito il canto di Bella ciao, sulle bocche dei deputati
piddini, per difendere il decreto IMU-Bankitalia, certo non ci è
piaciuto il “Boia chi molla!”, dei “grillini”, Eppure, come è stato osservato
da Alessandro Gilioli: “È davvero notevole lo sforzo con cui il Pd,
Forza Italia, Boldrini e Napolitano stanno trasportando verso il
Movimento 5 Stelle anche gli italiani meno attratti da Grillo e
Casaleggio”.
Ciò malgrado, noi, noi che, schierati da sempre
contro il berlusconismo, cancro morale del Paese, noi che non siamo
disposti ad andare all’abbraccio con Grillo e Casaleggio, noi che siamo
schifati di tutte le scelte del Partito Democratico, noi che siamo
delusi di un Vendola rimasto capace di affabulare solo se stesso allo
specchio, noi che abbiamo atteso finora invano un gesto serio (di
autocritica e di rilancio unitario) da parte dei responsabili della
”vera sinistra” rimasti in posizione perlopiù autoreferenziale, noi che
faremo? Ci rifugeremo nell’astensionismo, decidendo di abbandonare le
istituzioni nelle grinfie di lorsignori? O addirittura smetteremo di
pensare politicamente, rifugiandoci ciascuno nel suo proprio cenobio?
Forse
ora, non in attesa di tempi migliori, ma decisi a costruirli, quei
tempi, ci tocca, ancora una volta, ricominciare il gramsciano lavorio
lungo e tenace, a carattere culturale, ma non soltanto; occorre anche
lavorare sul terreno sociale, dando ciascuno il suo modesto contributo
per connettere le tante isole di opposizione allo schifo. Un’altra
Italia esiste, insomma. E non è così piccola e debole, non ancora.
Perciò anche se questa battaglia forse è già perduta, la guerra continua
e il combattimento va rilanciato subito, prima che ci schiaccino
completamente. E, resistendo allo scoramento, occorre provare ancora una
volta a rimettere insieme i pezzi di ciò che sinistra significa o
dovrebbe significare, mettendo da parte diffidenze e preclusioni, e
sottolineando ciò che deve unire quanti sono contro lorsignori: la
situazione è grave, non diamo una mano al nemico.
(31 gennaio 2014)
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