Riforma elettorale, pregi e difetti.
Siccome sono io che ho inventato a suo tempo le etichette Mattarellum e poi Porcellum , oramai mi è venuto il vizio e così provo ancora. Italicum proprio non mi va. Sa di treno. Al momento proporrei Bastardellum . Ma si intende che si può trovare di meglio. Il punto che devo continuare a sottolineare è che la riforma elettorale è materia di legge ordinaria, mentre la riforma dello Stato è materia di legge costituzionale. E i tempi tra le due cose sono molto diversi, anche di due anni. Però se non vogliamo incappare in errori del passato le due cose devono essere armonizzate (nelle nostre teste) sin dall’inizio.
Più volte si è suggerito come sistema elettorale il sistema spagnolo di piccoli collegi (5-6 eletti), il che comporta di fatto una alta soglia di sbarramento e così l’eliminazione della frammentazione partitica (noi siamo arrivati sino a 30 e passa), che ovviamente ostacolano la governabilità. Si capisce che i partitini protestano a squarciagola: era comodo (vedi Mastella) diventare ministro della Giustizia essendo in tutto in tre. Ma la salute della politica esige che spariscano, e quando non ci sono più il dramma finisce. In Inghilterra nessuno piange se i partiti sono due o tre. Fin qui ripeto cose risapute. La nostra novità (gemiti dei partitini a parte) è la proposta del doppio turno di coalizione, che a mio avviso non ha senso anche se D’Alimonte la presenta come proposta «realistica» che mette assieme capra e cavoli, Renzi e Berlusconi.
A parte il fatto che a me sembra scorretto, scorrettissimo, trasformare con un premio una minoranza in una maggioranza (il che avviene anche nei sistemi maggioritari, ma perché questa è la natura del maggioritario, non un regalo che Renzi e Berlusconi fanno a se stessi). E la domanda è: il doppio turno di coalizione con ballottaggio cosa ci sta a fare in questo contesto? È una ulteriore elezione per fare o ottenere che cosa? Il premio di maggioranza attribuito a una coalizione di minoranza (addirittura del 35%) è secondo me molto discutibile.
C’è poi l’annosa questione delle preferenze. Le avevamo, e poi Pannella (con Segni) le fece abolire con due trionfali referendum. Era giusto, perché al Sud le preferenze erano molto alte e per ciò stesso ingrandite e manipolate dalla mafia. Aggiungi che il Pci di allora se ne serviva (quando erano tre) per controllare i voti dei suoi votanti infidi; mentre le preferenze al Nord erano relativamente poche e venivano facilmente pilotate dalle fazioni ben organizzate dei partiti di allora. Il bello è che per qualche decennio nessuno protestò dichiarando che senza preferenze gli eletti non erano scelti dagli elettori ma dai partiti. Poi, d’un tratto, venne in mente alle nuove generazioni di politici e giornalisti che così gli eletti non erano veramente eletti dal demos votante ma «nominati» dai partiti. Stranezze della storia.
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