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In un’intervista al Kyiv Independent [1] l’ex presidente francese François Hollande conferma le affermazioni dell’ex cancelliera Angela Merkel, pubblicate da Die Zeit [2]. Alla domanda «Pensa che anche i negoziati di Minsk avevano lo scopo di ritardare l’avanzata russa in Ucraina?», Hollande risponde «Sì, Angela Merkel a questo proposito ha ragione».
D’altro canto, l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko aveva immediatamente dichiarato che non avrebbe mai applicato gli Accordi firmati.
Soltanto il quarto firmatario, Vladimir Putin, ha creduto alla buona
fede degli altri. Ma il fatto di aver proposto e fatto adottare al
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la risoluzione 2202 di avallo
degli Accordi, dimostra che il presidente russo non credeva più agli
Occidentali e cominciava a preparare l’intervento militare in corso.
In quanto firmatario degli Accordi di Minsk, la risoluzione 2202 gli dà
diritto d’intervenire, in forza della sua «responsabilità di
proteggere».
Nota per i lettori del testo originale dell’intervista di Hollande
François Hollande chiama «separatisti» gli abitanti del Donbass che
chiedevano il riconoscimento dei loro diritti. È anacronistico. Nel 2014
e 2015 le Repubbliche di Donetsk e Lugansk si consideravano regioni
autonome della Crimea; sono diventate separatiste solo nel 2022,
allorché Kiev preparò un’operazione militare decisiva contro di loro. Il
Kyiv Independent, che non ama il termine «separatista», lo attribuisce
alla propaganda russa, ma il Cremlino non l’ha mai utilizzato prima del
2022.
Peraltro, all’epoca in Donbass non c’erano soldati russi, solo mercenari
pagati da un miliardario nazionalista, cui il presidente Putin fece
notare che il potere economico non gli conferiva alcun mandato politico,
costringendolo a ritirare i propri uomini. Le forze armate russe sono
arrivate in Donbass solo con l’intervento del 24 febbraio 2022,
finalizzato a far applicare la risoluzione 2202 del Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite… che avalla gli Accordi di Minsk.
Rachele Marmetti
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