venerdì 27 gennaio 2023

Silenzi asfissianti: morti due braccianti nel ghetto di Borgo Mezzanone

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Si chiamavano Queen e Ibrahim i due braccianti 32enni ritrovati morti lunedì 23 gennaio a seguito di inalazioni di monossido di carbonio. I due, rispettivamente originari del Ghana e del Gambia, avevano acceso un braciere nella loro baracca la sera prima, per contrastare le gelate che stanno investendo lo stivale in questi giorni.

A dare l’allarme a seguito di un incendio sono stati altri abitanti della cosiddetta pista, un ghetto formato da baraccopoli in cui vivono 1500 braccianti stranieri, che, come la coppia, lavorano nelle campagne del mezzogiorno. All’arrivo dei soccorsi, la coppia era già deceduta, leggermente intossicati altri due inquilini che dormivano nella stessa baracca.

Questi sono i gelidi fatti che descrivono una tragedia tutt’altro che inaspettata, ma che ha, al contrario, una lunga lista di precedenti.

Nel 2019 stesse dinamiche nello stesso luogo: un braciere, due ragazzi – Elvis camerunese ed Emmanuel nigeriano – e monossido di carbonio, anche in questo caso morte per asfissia. Nel dicembre 2022 scoppia un incendio causato da una stufa elettrica, un nuovo tentativo per riscaldare una baracca, un tentativo di sopravvivenza che non è stato fatale solo grazie all’intervento tempestivo dei vigili del fuoco.

Il ghetto nel Borgo di Mezzanone, così come tanti altri agglomerati di baraccopoli che costellano le campagne della Puglia, della Campania e della Calabria, sono da troppo tempo teatro di numerose tragedie a scapito delle vite invisibili dei braccianti; spesso raccontati in un breve trafiletto di un articolo, spesso senza un nome, spesso utilizzati per la notizia sensazionale del momento, spesso strumentalizzati nella propaganda, ma sempre e comunque dimenticati.
La morte di Queen e Ibrahim, gli ultimi di una lunga lista di invisibili, è una tragica conseguenza di un problema strutturale che vede sovrapporsi il tema del lavoro nelle campagne e quello dell’abitare. Il Made in Italy, a cui si fa riferimento quando si parla del settore agroalimentare nel Sud, sta costruendo il suo primato grazie a un sistema di sfruttamento e progressivo impoverimento dei piccoli produttori, andando ad incidere sulla condizione lavorativa dei braccianti, dei veri propri schiavi nei campi in questo secolo. Il lavoro sfiancante, la presenza costante del caporalato e soprattutto il salario misero limitano anche le possibilità abitative, impedendo a migliaia e migliaia di braccianti di poter avere un tetto effettivo sopra la testa sotto il quale riposare fra una giornata lavorativa e l’altra. Da questa stortura nascono i ghetti, luoghi simbolo di come l’assenza di diritto lavorativo, abitativo ed anche sanitario sia tollerato.

«È un problema a cui vanno date risposte definitive affinché vengano garantite dignità umana e lavorativa a migliaia di invisibili della periferia. Ed è su questi principi che si basa il progetto di ampio respiro presentato lo scorso 10 gennaio da questa Amministrazione al Ministero dell’Interno nell’ambito del bando PNRR per il superamento dei ghetti e della lotta al caporalato» afferma il Sindaco di Manfredonia. Attraverso il PNRR, infatti, sono stati stanziati per il risanamento dell’ex pista – così viene chiamato il ghetto a Borgo Mezzanone – e per il Gran Ghetto – a San Severo – rispettivamente 53 milioni e 28 milioni di euro. Per quanto la presenza di questo fondo sembri rendere migliori alcune prospettive rispetto alla critica situazione dei campi del Mezzogiorno, non bisogna dimenticare che non basta un singolo intervento circoscritto ad un ambito, né è sufficiente stanziare fondi per bonificare i ghetti in cui vivono i braccianti (che magari restano inutilizzati per anni). E’ l’intera filiera della produzione e della distribuzione agroalimentare che tende ad alimentare il sistema di sfruttamento nelle campagne e a contenere il più possibile i costi del lavoro.

Il 24 Gennaio, successivamente alla morte di Queen e Ibrahim, è stato indetto uno sciopero da Cgil e Flai di Puglia e Foggia, le quali richiedono un incontro urgente con la Prefettura del Capoluogo dauno. I sindacati insistono anche sul destino dei fondi del PNRR  «Le tante troppe vittime che determinano quelle condizioni al limite di vita reclamano che non un solo euro vada perso, e che ogni sforzo sia indirizzato nella costruzione di percorsi di emersione dai ghetti e dallo sfruttamento del caporalato che a partire da quei luoghi costruisce il proprio potere di ricatto nei confronti di lavoratori e lavoratrici.» e concludono «Se non otterremo i risultati da tutti sperati investiremo direttamente le responsabilità di Governo e Ministero del Lavoro, se necessario anche chiamando tutti i lavoratori alla mobilitazione».

 

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