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Di Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org
In Francia continuano le manifestazioni e gli scioperi contro la riforma di liberalizzazione delle pensioni che vuole Macron (in estrema sintesi l’innalzamento progressivo dell’età a 64 anni dal 2030 e la cancellazione di alcuni importanti regimi speciali che coinvolge varie categorie lavorative). Ovviamente, nei fatti quasi ignorati dai mass media italiani. La settimana scorsa la prima ondata, oltre un milione di persone è sceso in piazza in tutto il paese:
Più di 400.000 a Parigi, Le Havre, Angers 35.000, Nantes 55.000 manifestanti, Rouen 25.000, Caen 20.000, Marsiglia, Toulouse 30.000, Nizza, Lille 24.000, 8.000 a Châteauroux, 6.500 a Mulhouse, 15.000 a Tours, Valenciennes 06ennes e Calais a Pau..
Il 68% si oppone alla riforma delle pensioni, il 75% dei giovani tra i 18 e i 24 anni sostiene la mobilitazione. Secondo uno studio dell’Istituto Montaigne, il 93% dei lavoratori rifiuta la riforma di Macron ed è contrario all’innalzamento dell’età pensionabile. Uno dei punti più notevoli dell’indagine è l’omogeneità del rifiuto di questa riforma in tutte le categorie socio-professionali, il CSP+ (liberi professionisti, dirigenti, ingegneri, ricercatori, ecc.), tutti i dipendenti pubblici della categoria A sono contrari al 91%.
La campagna governativa è naturalmente sostenuta da tutti i maggiori media, pubblici e privati: in Francia “11 miliardari possiedono organi di stampa che rappresentano oltre l’80% della diffusione giornaliera, il 57% della quota di mercato della televisione e il 47% della quota di mercato della radio“.
Il governo dice di voler andare avanti come un treno, per il portavoce Olivier Veran: “La mobilitazione è stata grande, ce l’aspettavamo, lo rispettiamo, è un movimento di espressione democratica. Non è certo la prima volta che in occasione di una riforma che riguarda il sistema sociale e ancor di più le pensioni, coloro che non sono d’accordo decidono di dirlo con uno sciopero o una manifestazione. Lo rispettiamo e non chiediamo a tutti di essere d’accordo con la riforma che proponiamo, ma vogliamo soprattutto spiegare che questa riforma è indispensabile e bisogna farla“. E lo spiegava ad inizio anno anche in termini meno politicamente corretti:
Non è perché una riforma è impopolare che non va fatta
Aggiungendo: “Quando sei al potere, soprattutto quando hai avvertito, spiegato perché avresti fatto questa riforma, lo spirito di responsabilità è farlo“.
Gli scioperi dimostrano che i lavoratori lottano per ottenere aumenti salariali che consentano loro di vivere dignitosamente mentre l’inflazione, i prezzi dell’energia e i prezzi dei beni di prima necessità salgono alle stelle, lasciando più di una famiglia nella precarietà; gli scioperi dimostrano anche che i lavoratori non accetteranno di morire prima della pensione
sostiene “Comunists”, organizzazione politica che si ispira ad un passato di “lotte storiche per l’indipendenza nazionale e il progresso sociale“. E continua:
“Nella storia del nostro Paese, il governo ha fatto marcia indietro e ha concesso progressi sociali solo sotto la pressione di lotte potenti, convergenti e determinate. (…) Questo dimostra che solo la lotta di massa unita e ferma dei lavoratori può portare a risultati tangibili. Questo è stato vero in ogni epoca: 1936-1945-1968-1995” (…). Tra marzo e novembre 2010, 14 giornate nazionali di azione contro un precedente progetto di riforma delle pensioni avevano mobilitato un totale di otto milioni di persone, 14 giorni di azioni, di scioperi isolati l’uno dall’altro, Sarkozy ha approvato la “sua” riforma delle pensioni. L’unica risposta: lotta unitaria ovunque”. Si teme “uno scontro in cui convergano la rabbia contro la riforma delle pensioni, l’aumento dei prezzi e la crisi energetica, la richiesta di una rivalutazione dei salari almeno indicizzata all’inflazione“.
Conclude il comunicato: “Per vincere, dobbiamo sviluppare un movimento di sciopero ampio e potente per dimostrare che la macchina è in moto e che ha il diritto legittimo di chiedere che le venga restituita la ricchezza creata dal lavoro“.
Il 26 gennaio scorso i tesserati della confederazione CGT, il più grande sindacato del paese, hanno scioperato per 48 ore, organizzando azioni chiamate “Robin Hood” in tutta la nazione “fornendo elettricità o gas gratis a scuole, case popolari e ospedali, concedendo tariffe ridotte alle piccole imprese e ripristinando l’elettricità agli utenti che ne erano stati privati“.
Nella notte del 27 gennaio “si sono registrate nuove diminuzioni della produzione di energia elettrica a causa dello sciopero di lavoratori della società EDF nella centrale nucleare di Paluel“. La riforma a cui si oppongono tutti i sindacati arriverà in parlamento lunedì 30 gennaio e prevede anche la soppressione dei regimi pensionistici speciali per i dipendenti di EDF (Electricité de France) o Engie (ex-GDF Suez) la cui età pensionabile salirebbe da 62 a 64 anni. Per il 31 gennaio è prevista la seconda ondata di manifestazioni che dovrebbe coinvolgere tutti i settori: scuola, funzione pubblica, trasporti, servizi. La Federazione nazionale francese delle industrie chimiche, giovedì scorso si è astenuta dal lavoro per 48 ore. Di fatto gli scioperi stanno coinvolgendo settori cruciali, anche considerando la guerra in Ucraina e la crisi energetica europea che si porta dietro: la mobilitazione dei comparti della raffinazione del petrolio, del gas e dell’energia elettrica costringerà il governo a fare concessioni?
Riferendosi, per esempio, alla categoria lavorativa dei chimici, i sindacati chiedono la riduzione dell’età pensionabile a 60 anni per tutti i lavoratori, un pensionamento anticipato a 55 anni per i lavoratori che svolgono mansioni usuranti e un aumento della pensione in base al tasso di inflazione.
Il modello Thatcher che a oltranza spezzò le reni dei minatori inglesi e poi aprì definiticamente l’economia alla deregulation dei diritti dei lavoratori e della finanza, è lo stesso che va avanti da oltre 40 anni in tutta Europa. Parigi è l’ultimo bastione da espugnare del tutto. La società francese ce la farà a resistere?
Un nuovo sciopero è previsto per il 6 febbraio e la minaccia di arrivare a bloccare le raffinerie petrolifere, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero, non sembrerebbe esclusa, sempre che Macron non indietreggi. La CGT farà la fine della CGIL? I partiti politici d’opposizione vorrebbero prendere la scia dei sindacati, ma sono divisi.
Intanto, proprio lo scorso 19 gennaio, mentre in Francia si protestava nelle piazze per la riforma di Macron, Mark Rutte, primo ministro dei Paesi Bassi – proprio dal Forum di Davos (quello dei multi miliardari, delle banche e delle multinazionali che discutono e lavorano al nostro futuro da Grande Reset) tuonava contro debito e spesa previdenziale, sia di Parigi che di Roma:
“Dobbiamo fare riforme strutturali, in particolare delle pensioni, se si guarda all’Italia, alla Francia e altri spendono dal 10 al 15% del Pil nelle pensioni”
Ad ascoltare Rutte, come relatori, la presidente della Bce Christine Lagarde e il Commissario Ue Valdis Dombrovskis. Tanto per capirsi: anche in Italia arriverà presto l’ennesima riforma ( con taglio) delle pensioni.
Ma noi siamo impegnati altrove: nei giorni più caldi di Francia che verranno, con scioperi e manifestazioni, da queste parti sarà il tempo di Sanremo: canzoni di guerra, canta il presidente ucraino Volodymyr Zelensky; dirige l’orchestra della Nato.
Di Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org
FONTI
https://www.repubblica.it/esteri/2023/01/27/news/francia_pensioni_macron_proteste-385318884/
https://www.sitecommunistes.org/index.php/france/politique/2152-un-19-janvier-enorme-et-combatif-la-lutte-toute-suite-jusqu-au-retrait-des-manifestations-records-dans-toute-la-france-2-millions-de-manifestants – Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
https://vovworld.vn/en-US/news/strikes-over-pension-reform-spread-across-france-1171365.vov
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