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di Angelo Baracca*
Si coniugano alla perfezione due scadenze appena trascorse: il 22 gennaio il primo anniversario dell’entrata in funzione del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN, in inglese TPNW), il 24 gennaio l’aggiornamento annuale del Doomsday Clock: un appuntamento che si ripete dal 1947, e che da vari anni ha esteso le sue analisi e previsioni dal rischio di guerra nucleare alle emergenze che si aggravano, dalla crisi climatica all’esasperazione delle disuguaglianze.
Ovviamente non poteva non influire la sopravvenuta (dopo il 24 gennaio del 2022) guerra in Ucraina, che ha risvegliato l’allarme per un possibile ricorso al nucleare non strategico (il termine che ricorre è nucleare “tattico”, ma questo non è riconosciuto nella terminologia ufficiale).
Da tempo mi interrogavo su quale decisione avrebbe preso il board del Bulletin questo 2023 per aggiornare l’ora segnata dal simbolico Doomsday Clock, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, ma anche e soprattutto dopo la sordità delle potenze mondiali agli allarmi crescenti lanciati dagli anni ’90, al punto che a partire dal 2020 le lancette del Clock erano state avvicinate ad appena 100 secondi dalla mezzanotte.
La soluzione di questo 2023 mi sembra un giusto equilibrio fra l’accresciuto allarme e un appello quasi disperato «Fermatevi prima che sia troppo tardi!». Le lancette sono state avvicinate da 100 a 90 secondi:
«La guerra della Russia contro l’Ucraina ha sollevato profondi interrogativi sulle modalità di interazione tra gli Stati, erodendo le norme di condotta internazionale che sono alla base di risposte efficaci a una serie di rischi globali. […] La possibilità che il conflitto sfugga al controllo di chiunque rimane alta.»
Non intendo discutere tutto il lungo documento, che si trova in: https://www.pressenza.com/it/2023/01/lorologio-dellapocalisse-spostato-a-90-secondi/.
I passi salienti mi sembrano questi, sintetizzati al massimo, perché ci tengo di più a mettere in comune le mie osservazioni personali:
«L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha aumentato il rischio di utilizzo di armi nucleari, ha sollevato lo spettro dell’uso di armi biologiche e chimiche, ha ostacolato la risposta del mondo al cambiamento climatico e ha ostacolato gli sforzi internazionali per affrontare altri problemi globali.
[…]
Il governo degli Stati Uniti, i suoi alleati della NATO e l’Ucraina dispongono di una moltitudine di canali di dialogo che dovrebbero essere esplorati. Trovare una strada per seri negoziati di pace potrebbe contribuire a ridurre il rischio di escalation. In questo momento di pericolo globale senza precedenti, è necessaria un’azione concertata e ogni secondo è importante.»
Alcune riserve, personali
Leggendo il comunicato dello Science and Security Board del Bulletin non posso però esimermi dall’esprime alcune forti riserve.
Ci sono senz’altro tutti i motivi per richiamare che «Le recenti azioni della Russia sono in contrasto con decenni di impegni assunti da Mosca» con la dichiarazione di Budapest del 1994 che la Russia «avrebbe “rispettato l’indipendenza e la sovranità e i confini esistenti dell’Ucraina” e “si sarebbe astenuta dalla minaccia o dall’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dell’Ucraina”».
Ma mi sembra decisamente sbilanciato non citare, allora, le assicurazioni che erano state date in precedenza al presidente Gorbachev che la NATO ‒ che a quel tempo comprendeva solo i paesi dell’Europa occidentale ‒ non si sarebbe allargata di un centimetro a Est: come se fosse ininfluente la trasformazione della NATO in alleanza aggressiva estesa fin sotto i confini della Russia.
Non è un dettaglio insignificante, come non lo è ricordare come la situazione in Ucraina si sia andata trasformando in maniera piuttosto radicale all’indomani delle elezioni presidenziali del 2004, e soprattutto con la vera ‘rivoluzione di Maidan’ del 2014.
Non è un dettaglio ricordare gli accordi di Minsk del 2014-2015 ‒ totalmente disattesi ‒ che stabilivano una serie di principi da attuare al fine di conseguire una risoluzione pacifica della controversia sui territori del Donbass.
Insomma, l’individuazione delle responsabilità mi sembra molto più complessa, e non indifferente per cercare un’uscita dalla guerra che sia in grado di assicurare una certa stabilità.
La minaccia nucleare si è aggravata con la guerra in Ucraina?
Mi permetto piuttosto di aggiungere qualche commento personale sulla minaccia nucleare, che sottopongo alla discussione.
Io non credo che Putin potrà ricorrere all’uso di una bomba nucleare sub strategica, per una serie di motivi che cerco di elencare, anche se gli sviluppi di questa guerra sono sempre più imprevedibili, e soprattutto non si intravede una fine. In primo luogo se Putin ricorresse all’arma nucleare, non solo si troverebbe totalmente isolato sul piano internazionale, perderebbe anche l’appoggio della Cina, che già dà qualche segnale di vacillare: lo sconvolgimento sarebbe globale ed epocale.
Ritengo poi, e mi sembra che lo osservino vari esperti, che nella situazione dell’Ucraina il ricorso a una bomba nucleare non possa essere un game changer. Riporto un paio di valutazioni che certo non tranquillizzano, ma a mio parere pongono il problema nella giusta dimensione (i neretti sono miei):
«Un attacco russo terrorizzerebbe la popolazione ucraina e infrangerebbe un tabù internazionale vecchio di sette decenni, portando pochi benefici sul campo di battaglia.»1
«Non vediamo obiettivi militari significativi per l’uso del nucleare in Ucraina. Non c’è un porto o un campo d’aviazione o un ammassamento di grandi quantità di truppe…
Non bisogna fissarsi sulle peculiarità di Vladimir Putin per concludere che l’uso del nucleare è possibile, perché è una dottrina nucleare molto più diffusa tra le potenze dotate di armi nucleari, quando si trovano di fronte alla prospettiva di una sconfitta convenzionale e quando la posta in gioco è alta, essere tentati di usarle. Questa era la dottrina della NATO nel teatro europeo dal 1965, per compensare e prevenire la sconfitta convenzionale con una minaccia di uso del nucleare. Una storia simile si può raccontare per il Pakistan, l’India e persino per la Corea del Nord.»2
Bisogna infatti sottolineare che non è solo la dottrina nucleare russa, ma anche quella statunitense e degli altri paesi, a prevedere il ricorso all’arma nucleare nel caso di pericolo esistenziale per il paese. In un precedente articolo ho espresso la mia meraviglia che lo spettro di una guerra nucleare turbi solo ora l’opinione pubblica3.
In ogni caso non vi è dubbio che sarebbe più che mai necessario porre al più presto fine a questa guerra, non solo per evitare il rischio nucleare, ma l’allagamento e le sofferenze che comporta, anche per l’Europa. Spingere sempre più alle strette la Russia aggrava tutti i rischi, un azzardo assolutamente da evitare.
Eliminare per sempre le armi nucleari!
Ma la sola soluzione che possa mettere fine alla follia nucleare è di eliminare definitivamente queste armi dal Pianeta, e dalla storia! Ed è più urgente che mai.
Sabato scorso (22 gennaio) è stato il secondo anniversario dell’entrata in vigore del Trattato di Proibizione nucleare (TPAN, o TPNW), che era stato stabilito all’ONU il 7 luglio del 2017. Non ritengo opportuno soffermarmi ancora sulla struttura del trattato, che ho già discusso.
Lo stato attuale registra 68 Stati che hanno ratificato il trattato, 92 quelli che lo hanno firmato. Gli Stati aderenti all’ONU sono 193, quelli che il 7 luglio 2017 votarono il TPAN furono 122. Gli Stati che hanno aderito al Trattato di Non Proliferazione (TNP) sono 191.
Sappiamo bene che nessuno Stato che possiede armi nucleari, e nessuno Stato della NATO, ha firmato il TPAN. Non voglio certo andare controcorrente, né spargere scetticismo, ma penso che dopo 5 anni e mezzo dall’approvazione del TPAN, e nella congiuntura internazionale nella quale ci troviamo con scarse prospettive di miglioramento, sia opportuno esprimere qualche perplessità.
È ormai evidente che il Trattato di Non Proliferazione (TNP) è un’impostura! Non porterà mai al disarmo nucleare.
È verissimo che non vi è conflitto fra TNP e TPNW, il quale ha portato a compimento l’Art. IV. Si sono svolte 20 Conferenze quinquennali del Riesame, nelle quali gli Stati non nucleari hanno contestato a quelli nucleari di non avere messo in atto gli impegni dell’Art. VI.
In molte di esse gli Stati nucleare hanno impedito addirittura che si arrivasse a un documento finale condiviso. In altre sono stati siglati impegni precisi: nessuno di essi è stato realizzato.
Intanto in barba al TNP tutti gli Stati nucleari hanno investito somme colossali per “modernizzare” gli armamenti nucleari (non solo le testate, ma i vettori, sommergibili, bombardieri, sistemi di controllo e allarme): gli Stati uniti hanno investito trilioni (!) di dollari (migliaia di miliardi) ma, si potrebbe dire… ognuno secondo le proprie possibilità.
Programmi a lungo termine per gli anni a venire: non è pensabile che siano investimenti per realizzare qualcosa a cui poi rinunciare. Qualsiasi persona in buona fede non può ormai negare che gli Stati nucleari non hanno la benché minima intenzione di rinunciare a queste armi, né ora né in un futuro che sia prevedibile!
Il TNP ha funzionato da copertura. Dopo più di 70 anni e 10 Conferenze del Riesame ritengo che sia assolutamente necessario arrivare alla conclusione che il TNP è stato una mistificazione, un vero specchietto per le allodole.
Credo che sia giunto il momento per gli stati parte del TPNW di assumere una posizione molto decisa: la minaccia, per lo meno, di uscire tutti dal TNP, denunciandone l’imbroglio. Non come ricatto o come avviso ma come passo possibile, quando è basta è basta. Il mio parere è drastico, svuotare il TNP per aprire la strada all’eliminazione delle armi nucleari.
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