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Kit Knightly
off-guardian.org
La settimana scorsa è uscito l’ultimo rapporto dell’IPCC [Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico- Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC] sul cambiamento climatico e ha segnalato un’inversione di tendenza nella “grande questione” attualmente in corso. La pandemia è stata divertente finché è durata, ma è ora di metterla in secondo piano e di passare alla fase successiva.
Questa non è solo la mia interpretazione, lo stanno letteralmente dicendo loro.
Di solito, quando è in arrivo un importante cambiamento di narrativa, [su qualche media maistream] appare un articolo chiave che dice tutto quello che bisogna sapere sul piano. Per quanto riguarda il rapporto dell’IPCC, l’articolo è questo, firmato da Andrew Marr e apparso su iNews. [Nel pezzo l’autore] usa numerose volte la frase “Il perno dalla Covid al clima:”
“È in arrvo una grande svolta, un cambiamento nei termini del dibattito politico, un’inversione di rotta. Stiamo passando da un periodo di mesi passati con l’ossessione del coronavirus ad un autunno che sarà dominato, giustamente, dall’emergenza climatica. Ma molto di quello che abbiamo imparato dalla Covid-19, sullo stato, l’autorità, il giornalismo e la società civile è immediatamente applicabile a ciò che sta arrivando.”
I media sono, naturalmente, pieni di titoli sul rapporto dell’IPCC, con vari gradi di allarmismo e follia.
“È ora o mai più!” strilla il Guardian, visto che ormai siamo alla “resa dei conti sul clima.” Il Sun lo chiama “un vero e proprio attacco incendiario al pianeta!”
Ma nessuno di loro delinea meglio di Marr ciò che i prossimi mesi hanno in serbo per noi. Quando ci sono di mezzo quegli stessi media mainstream che avevano nauseantemente fatto il tifo per Blair [durante la guerra] in Iraq, si può sempre contare su di loro per far passare il messaggio. Sono sempre lì a dire la cosa giusta al momento giusto. E questo pezzo non fa eccezione.
Il titolo è “Tratta le persone come adulti e combatteranno il cambiamento climatico come la Covid-19“, e continua [grassetto aggiunto]:
“L’educazione funziona. Stiamo seguendo la scienza e, continuando a farlo, affronteremo con successo i problemi del cambiamento climatico nello stesso modo in cui abbiamo affrontato il coronavirus.”
[Marr] non dice mai in modo chiaro e preciso quale sia questo “stesso modo,” ma non è difficile immaginare cosa intenda. Il suo articolo, in ogni caso, non riguarda il futuro, è tutto sul passato.
Fa il bilancio degli strumenti impiegati durante la “pandemia” e di quanto siano stati efficaci. Una valutazione delle prestazioni dei politici e dei “giornalisti” che erano riusciti a trasformare in un vero e proprio rimodellamento della società un “virus” che rappresenta un pericolo quasi nullo per il pubblico.
Sottolinea come i politici avessero sottovalutato quanto volentieri le persone avrebbero ceduto le loro libertà:
“All’inizio [i leader occidentali] erano preoccupati che gli elettori non avrebbero accettato restrizioni alle loro libertà in nome di un bene superiore. In generale, si sbagliavano. […] Questo fatto ha determinato il modo in cui Tedeschi, Americani, Francesi, Britannici, e molti altri, hanno risposto e ha permesso alle società di cambiare direzione più velocemente di quanto chiunque avesse previsto.”
E con quanta facilità i media fossero stati in grado di diffondere la disinformazione che aveva permesso di controllare l’opinione pubblica:
“I media, così spesso incolpati di quasi ogni genere di cose, avevano trovato nuovi modi per spiegare argomenti scientifici complessi e renderli comprensibili alla maggior parte delle persone.”
E come queste lezioni potranno essere applicate in futuro alla messaggistica del cambiamento climatico:
“Questa è una lezione fondamentale da apprendere, mentre passiamo dalla Covid al clima. La comprensione pubblica della scienza è diventata una questione di sicurezza. Senza di essa, non ci sarà alcun sostegno pubblico per le decisioni difficili sui trasporti, il riscaldamento e l’uso del territorio.”
Il tutto si legge così, come un incrocio tra un comunicato stampa e una relazione sui progressi compiuti. Apparendo come un blando pezzo d’opinione per i non iniziati, ma con un chiaro e significativo secondo livello per quelli che sanno come interpretarlo.
Qua e là appaiono frasi che sostengono il globalismo (“quanto poco la natura tiene conto dei confini nazionali”) e brevi elogi per il governo autoritario della Cina contro l’approccio “approssimativo” dell’Occidente e i “tardivi lockdown,” ma queste sono trame secondarie.
La storia qui è “ehi ragazzi, tutto questo ha funzionato molto meglio di quanto pensassimo, potremmo fare la stessa cosa per il cambiamento climatico.”
Questo significa che la pandemia è finita?
Non è “finita,” ma è certamente in declino. È ovvio che la stampa sta preparando il terreno per lasciarsi la Covid alle spalle e rivolgere la propria attenzione alla prossima fase del Grande Reset.
Ma, detto questo, sarà difficile venderlo al pubblico. Per certi versi più difficile della Covid, perché la gente è molto più abituata agli appelli per l’allarme climatico. In mancanza di un termine migliore, ne sono diventati in qualche modo immuni.
Per di più, l’establishment lo sa benissimo ed è per questo che sta tenendo la pandemia al caldo, in secondo piano. Pronto a farla ribollire in caso di necessità.
Ci dicono che la malattia sarà endemica, ma che la “Delta ha cambiato le carte in tavola” e che “l’immunità di gregge è impossibile.”
La pandemia sta diventando una nuova guerra eterna, simile alla guerra al terrorismo. Non la vinceremo mai, ma scomparirà dai titoli dei giornali fino a quando non avranno nuovamente bisogno di scioccare o distrarre la gente.
Marr, per esempio, non dichiara che la pandemia è finita, invece dice:
“Ovviamente, la pandemia non è ancora finita. Finirà in modo lento e irregolare e i politici che canteranno vittoria faranno presto la figura degli sciocchi […] probabilmente sembrerà che l’abbiamo battuta.”
Prima di ricordare l’immancabile attore che manterrà viva la “minaccia” della Covid nell’immaginario collettivo:
“La variante Delta può essere il virus più contagioso di sempre e può reinfettare anche chi è stato completamente vaccinato […] Nel prossimo futuro la Gran Bretagna affronterà un periodo incertezza e di “alti e bassi” nei tassi di trasmissione […] l’inverno potrebbe essere duro […] I richiami diventeranno routine.”
C’è chiaramente un piano in atto. In pratica ce lo scandisce, sostenendo che la Covid-19 sparirà dalle prime pagine…
“Anche se non tutti i giorni… questo sarà [un percorso] accidentato. Ci saranno improvvisi momenti di panico per l’emergere di una possibile nuova variante in qualche luogo inaspettato e domande urgenti sulla biosicurezza a Heathrow. Ci saranno epidemie nelle case di riposo o improvvisi picchi di infezione in particolari gruppi etnici o di età.”
Avete capito cosa sta dicendo?
La pandemia non è finita, ci sarà solo “la percezione” che sia finita, mentre riempiranno le prime pagine con grandi numeri rossi sul cambiamento climatico.
Se la gente non risponderà come dovrebbe a quei grandi numeri rossi… beh, potrebbe apparire un’altra variante. Magari razzista.
La pandemia è servita al suo scopo, ma non la metteranno ancora nel cassetto. Non finché non saranno sicuri che tutti abbiano paura di qualcos’altro.
Quindi, cosa succede a questo punto?
Non è così difficile capire dove porta tutto questo. Soprattutto perché ce lo stanno dicendo loro.
Le voci dell’establishment hanno già parlato di “lockdown climatici” e, la settimana scorsa, il consulente scientifico britannico Patrick Vallance ha scritto che:
“solo una trasformazione della società eviterà la catastrofe.”
La cosa non è nuova. Sta covando nell’ombra da mesi (ne ho già parlato due articoli), ma il messaggio è stato perfezionato in un semplice processo in tre fasi:
1. Sottolineare tutte le similitudini tra Covid e cambiamento climatico.
2. Ribadire che il cambiamento climatico è una minaccia molto più grande della Covid. Usare la parola “esistenziale.” Molto.
3. Argomentare che, dato che eravamo disposti al cambiamento per combattere la Covid, dovremmo fare lo stesso per il clima [opzionale].
Potete leggerlo nell’articolo di Marr.
Il confronto:
“La cosa interessante è che molta dell’esperienza del mondo durante la pandemia riguarda abbastanza da vicino la crisi climatica, l’interrelazione umana, l’importanza di una governance efficace, la centralità della scienza e della sua comunicazione.”
Seguito da “la Covid è peggio” [grasseto aggiunto]:
“Naturalmente, le due sfide sono diverse. Finora, poco più di 4,3 milioni di persone sono morte a causa della Covid. Gli accademici australiani e cinesi stimano che circa cinque milioni di persone muoiano ogni anno a causa degli effetti del cambiamento climatico […] Basti dire che, anche se la variante Delta è la malattia più infettiva che l’umanità ha finora affrontato, l’emergenza climatica è a un altro livello, un rimodellatore della geografia, altamente imprevedibile e, in poche parole, esistenziale per il pianeta e i suoi abitanti.”
Patrick Vallance fa lo stesso nel suo articolo sul Guardian, e poi ancora sul Times. Ce ne sono diversi altri sulla stessa linea, come questo di The Hill, o questo del Fondo Monetario Internazionale.
È anche evidente che verranno usate le solite tattiche per demonizzare l’opposizione e trasformare la questione in un’opportunità per fare sfoggio di virtù. Ci sono molti articoli che paragonano il “negazionismo covid” al “negazionismo climatico” o che tentano di politicizzare il problema.
Quindi, il modo in cui illustreranno (o dovremmo dire come cercheranno di vendere?) le azioni [per contrastare] il cambiamento climatico è abbastanza chiaro. Ma quali saranno queste ipotetiche azioni?
Abbiamo forse qualche sentore di ciò che questa “trasformazione della società” potrebbe comportare? O quali potrebbero essere queste “decisioni difficili”?
Beh, c’erano state voci di lockdown climatici, ma si erano spente dopo una reazione indignata [da parte del pubblico]. Si parla sempre di altri schemi, come limitare i voli, bandire la carne di manzo e introdurre “quote personali di carbonio“, ma questi non sono certo fatti nuovi.
L’articolo di Andrew Marr contiene un paio di accenni. Ma l’unica politica specifica che menziona è costringere le famiglie a sostituire le loro caldaie (“ad un costo elevato per milioni di famiglie” e questa allusione, leggermente inquietante, all’importanza dello Stato profondo:
“Una lezione finale è che Westminster e lo stato sono due cose molto diverse. Lo stato include il NHS, i laboratori scientifici nazionali, le reti di esperti […] Ora sento che dovremmo passare meno tempo sul fuorviante spettacolo nazionale delle marionette e più tempo a pensare a ciò che potrei delicatamente chiamare le fonti più profonde dell’autorità.”
(Attaccare la democrazia che ostacola gli “sforzi drastici” è una tendenza preoccupante, da tenere d’occhio).
In ogni caso, i media mainstream sono molto reticenti riguardo ai particolari. Sospetto in parte per bloccare la diffusione di quella che Marr definisce “un’epidemia di teorie del complotto nei nuovi media,” ma, soprattutto, perché non sono ancora sicuri di cosa vogliono fare esattamente e perchè non credono che la maggioranza sia mentalmente pronta.
Il vertice sul clima COP26 a Glasgow, questo novembre, sarà qualcosa da tenere d’occhio. Nelle settimane precedenti aspettatevi un sacco di storie spaventose e poi un sacco di “raccomandazioni politiche” dopo la sua conclusione.
Stiamo facendo perno sul cambiamento climatico, ragazzi. La fase II del Grande Reset è alle porte.
Kit Knightly
Fonte: off-guardian.org
Link: https://off-guardian.org/2021/08/16/the-ipcc-report-the-pivot-from-covid-to-climate/
16.08.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
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